COMPETENZE INTERCULTURALI



L'educazione interculturale troppo spesso viene intesa unicamente come un'attività di accoglienza da attivare là dove vi siano alunni stranieri. In realtà sviluppare, prima tra i docenti e poi tra gli allievi, una formazione interculturale vuol dire investire su un rinnovamento pedagogico che è rivolto a tutta la popolazione scolastica  e, a cascata, sull'intera società che sarà sempre più connotata dalla "molteplicità", dalla diversità e dalla complessità e che richiede una nuova politica di cittadinanza.


Già da molti anni l'Unesco e il Consiglio d'Europa invitano le istituzioni educative a sviluppare pedagogie rivolte alla comprensione reciproca, alla gestione dei conflitti, allo sviluppo del senso della responsabilità incoraggiando la solidarietà e l'accettazione delle differenze spirituali e culturali. In una parola: imparare a dialogare.

Milton Bennet (fondatore dell'Istituto di Comunicazione interculturale di Portland in Oregon, volontario per il Peace Corps in Micronesia e professore di comunicazione alla Portland State University) è un ricercatore che da oltre 15 anni lavora sul tema delle abilità degli individui e dei gruppi a confrontarsi con la diversità. Bennet distingue sei modelli o stadi della competenza interculturale: tre di questi sono detti etnocentrici (rifiuto, difesa, minimizzazione) e  tre etnorelativi (accettazione, adattamento, integrazione).

Fasi etnocentriche:

  1. RIFIUTO. E' l'incapacità dell'individuo a rapportarsi con la diversità che porta ad un voluto isolamento. Caratteristiche sono il nazionalismo e la chiusura verso ogni differenza.
Come intervenire in questa fase: raccogliere informazioni sulle altre culture e approfondire la propria.

Ho paura e sto bene da solo

  1. DIFESA. La diversità in questo caso è riconosciuta, ma il pensiero è polarizzato tra due estremi: noi/loro, buoni/cattivi, giusto/ingiusto, dove l'accezione negativa è sempre dell'altro che pregiudizialmente viene considerato inferiore. Ci si sente "attaccati" e si tende a mettersi in costante posizione di difesa.
Come intervenire: mitigare le polarizzazioni e individuare delle zone intermedie e comuni che ci fanno assomigliare all'altro. Importante risulta in questa fase mettere a contatto i "diversi" (ccoperative learning, mete comuni...), abbattendo nella conoscenza reciproca le barriere mentali. Mantenere l'autocontrollo e la propria ansia è parte integrante per superare questo stadio.

L'altro è cattivo e sbaglia perché non ci assomiglia
  1. MINIMIZZAZIONE. Appare a volte come il raggiungimento dell'intercultura, ma in verità è la negazione della diversità ("siamo tutti uguali", "siamo tutti figli di Dio"), dando prevalenza a interpretazioni di tipo ideologico o religioso.

Come intervenire: offrire opportunità di ricerca e confronto, facendo emergere le differenze che vanno capite, discusse e comprese. lavoro sulla propria identità culturale e sulla capacità di ascoltare attivamente l'altro.

Siamo tutti uguali, non ci sono differenze.



Fasi etnorelative

  1. ACCETTAZIONE della diversità culturale e rispetto per le differenze. Ciò implica una consapevolezza dei propri riferimenti valoriali, intesi come processo in divenire e come strumenti che ci aiutano a leggere e ad organizzare il mondo.

Competenze richieste: distinzione tra relativismo culturale e relativismo etico. Avvio di esperienze guidate di rapporti interculturali. Flessibilità cognitiva

Sono curioso e voglio vedere...


  1. ADATTAMENTO. Implica la capacità di entrare ed uscire da cornici culturali diverse, muovendosi a proprio agio tra diversi contesti di riferimento.

Competenze richieste :empatia, gestione delle dinamiche relazionali, flessibilità, comprendere le ansie prodotte da shock culturale e conflitti di identità

Mi trovo bene da una parte e dall'altra

  1. INTEGRAZIONE: Identità culturale come processo dinamico con l'abilità di attraversare e mettere in comunicazione diverse visioni del mondo. Saper cogliere "il meglio" di ogni contesto e saper riconoscere "il peggio" in una forma di contaminazione positiva.
 
Accetto e capisco, senza necessariamente condividere. Prendo il meglio da ogni parte.



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per approfondire:
Bennet - Principi di comunicazione interculturale - Franco Angeli editore, 2002
Miltenburg, Surian - Apprendimento e competenze interculturali (2o giochi e attività per insegnanti ed educatori) - EMI editrice, 2002
Cambi - Intercultura: fondamenti pedagogici - Carocci editore, 2001

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DALLA VISIONE ETNOCENTRICA ALLA VISIONE ETNORELATIVA:
L'ESPERIENZA DI "INTERCULTURA onlus"


L'Associazione "Intercultura" (http://www.intercultura.it) è una onlus con lo scopo di "costruire il dialogo interculturale". Fa parte di un'organizzazione che coinvolge 54 Paesi e che cura l'accoglienza e la frequenza di allievi delle scuole superiori in altri contesti linguistici e culturali per un intero anno scolastico. Ogni anno sono circa 10 mila i ragazzi che si immergono in questa esperienza che coinvolge anche Paesi del sud del mondo. Le famiglie ospitanti e i ragazzi vengono testati utilizzando gli strumenti di rilevazione costruiti da Bennet con risultati eccellenti.

I ragazzi che "partono" rispetto ai coetanei che restano, risultano avere interessi verso altri mondi, capacità di accettarne gli stili di vita, la conoscenza e l'apprezzamento di un'altra cultura, la capacità di comunicare efficacemente nella lingua straniera, l'adattabilità a situazioni nuove ed inattese, il senso di appartnenza ad una comunità globale. I ragazzi risultavano inoltre essere meno conformisti, meno materialisti con più capacità di comunicare in pubblico e una maggiore consapevolezza delle proprie radici culturali.