La valutazione degli alunni stranieri neo-arrivati

Elio Gilberto Bettinelli

Assistiamo da qualche tempo a un ritorno di attenzione verso la tematica della valutazione degli alunni, certamente accentuato dalle recenti normative al riguardo. La focalizzazione sulla reintroduzione dei voti numerici nel primo ciclo dell’istruzione pare accompagnarsi all’intento di “tornare a una scuola seria”, in grado di valutare gli esiti degli alunni in modo chiaro e dire, di conseguenza, se possono procedere nel loro percorso o se debbono fermarsi. Se il voto numerico sembra definire con chiarezza il livello di prestazione dei singoli, il collegare la promozione al raggiungimento della sufficienza in tutte le discipline o gruppi di discipline pare rispondere alla volontà di stabilire dei traguardi precisi, delle linee discriminanti l’accettabilità dalla non adeguatezza.
Gli insegnanti tuttavia si trovano a confrontarsi con situazioni, come quelle di tanti alunni immigrati, che sfuggono a definizioni troppo rigide, con percorsi personali che si scandiscono secondo tempi diversi e necessitano di dispositivi specifici, pur essendo mirati - e di fatto spesso raggiungendo- esiti equivalenti e comunque accettabili. Presi, diciamo, fra la rigidità delle norme e la pressione valutativa esercitata anche dal contesto da un lato e, dall’altro, la realtà dei percorsi individuali specifici degli alunni NAI, molti insegnanti sono affetti da una sorta di ansia valutativa derivante sia da consolidate rappresentazioni del proprio ruolo di insegnante, sia dalla difficoltà a gestire la variabilità, la imprevedibilità dei percorsi individuali e il loro scostamento dagli standard di riferimento più o meno consueti, in una situazione di scarsa o approssimativa conoscenza delle pregresse storie scolastiche di ciascuno. Ne scaturisce un bisogno e una domanda di controllo dei processi, la richiesta di indicazioni operative immediatamente spendibili e di strumenti di pronto intervento “a
prova di contingenza”.
Ma le richieste in tal senso giungono anche da altri soggetti che mediano, o cercano di volgere al positivo stati d’animo diffusi fra i colleghi e domande non bene articolate. Referenti, facilitatori, insegnanti “ben intenzionati” chiedono sostegno al loro impegno per sostenere i percorsi personali degli alunni evitando valutazioni che non ne tengono conto, con i conseguenti rischi di bocciature, demotivazione, abbandoni. Cercano insomma di far sì che la valutazione di fine anno non somigli all’asticella da saltare, posta per tutti alla stessa altezza a prescindere dalla lunghezza della rincorsa che ognuno può realizzare. In questi casi la domanda è se e come sia possibile, didatticamente e normativamente, tener conto del
“gap” scolastico degli alunni NAI, sul piano dei programmi di insegnamento e, coerentemente, su quello della valutazione degli alunni.
Problematicità che rinvia a un tema assai generale, vale a dire a quella sorta di dicotomia, percepita più intensamente nella scuola secondaria, fra lo stabilire con scansioni temporali definite e “universali” meriti e demeriti individuali o invece accogliere e sostenere i percorsi diversi, variabili, dei singoli. In termini ancora più generali potremmo dire che la presenza degli alunni NAI fa emergere le rigidità del sistema scolastico e dunque la sua difficoltà a rispondere alle sfide tenendo conto delle individualità, delle specificità e del fluire dei processi cognitivi, emotivi, evolutivi e identitari.
E’ innanzitutto opportuno affermare che la valutazione degli alunni NAI non richiede la messa in gioco di concetti e costrutti particolari ma comporta una rivisitazione e una declinazione che consenta di considerare le loro specificità. Si tratta allora di richiamare sia le funzioni della valutazione fra le quali possono sorgere distonie e frizioni sia le tipologie
della valutazione.
Consideriamo le quattro funzioni della valutazione come vengono proposte con chiarezza da A. Rezzara ( "Pensare la valutazione. Pratiche valutative scolastiche e riflessioni pedagogiche", Mursia 2000).
La funzione didattica si esplicita nell’informazione che l’insegnante comunica all’alunno a proposito del suo percorso di apprendimento, delle tappe e degli obiettivi che ha raggiunto o dai quali ancora dista. Si tratta del feedback che presuppone il necessario coinvolgimento dell’alunno nel suo proprio processo di apprendimento, una guida alla assunzione di responsabilità e alla autovalutazione, importante per alunni di ogni grado scolastico ma particolarmente significativa per adolescenti e ragazzi ai quali occorre dare il senso di un processo di apprendimento anche “nelle loro mani”, tanto più se essi sono immigrati, bisognosi di riconoscere i passi e i traguardi dei percorsi loro proposti.
Alla funzione didattica è collegata strettamente quella relazionale mediante la quale l’insegnante comunica immagini e aspettative non solamente all’alunno la cui attività viene valutata ma, inevitabilmente, a tutti gli alunni della classe. Valutare in classe è sempre un atto pubblico seppur esso possa svolgersi con enfasi e modalità differenziate. E’ una funzione non sempre colta dagli insegnanti nella sua reale portata.
L’espressione pubblica della valutazione costruisce gerarchie e livelli che influenzano in diversi modi le relazioni sociali fra i bambini e i ragazzi ma anche fra loro e i docenti. Non dimentichiamo poi che essa, se induce confronti, attiva anche pensieri sui criteri della valutazione, sulla “giustizia” e l’uguaglianza, temi ai quali adolescenti e ragazzi sono
sensibili.
La funzione burocratica si esplica in quella che comunemente viene definita la valutazione sommativa e certificativa cui sono chiamati gli insegnanti dalle norme che regolano il loro ruolo.
Infine, ma certamente non ultima, consideriamo la funzione pedagogica, regolativa del percorso dell’alunno e, in senso lato, del processo educativo. Essa si espande in quella che Rezzara definisce funzione epistemologica per la quale “i dati rilevati informano e parlano del progetto messo in atto, cercano motivi e spiegazioni nella correttezza o meno degli obiettivi, nell’adeguatezza dell’azione formativa, della relazione, dei metodi e della comunicazione didattica”. Essa sollecita gli insegnanti, in quanto singoli e team, a interrogarsi sull’adeguatezza della didattica, del progetto educativo in generale. Rimanda quindi al tema, non semplice, dei percorsi personali di apprendimento degli alunni NAI che l’istanza pedagogica con approccio interculturale sostiene.
Ci è d’aiuto anche una breve riflessione sulle tipologie della valutazione: idiografica, normativa, criteriale. La valutazione idiografica adotta un criterio riferito al “sé” in base al quale si attua un confronto diacronico fra la situazione iniziale dell’alunno e quella finale, senza riferimenti a parametri esterni. Essa certamente rileva le evoluzioni e i cambiamenti ma rischia di allontanarsi dagli standard ritenuti accettabili o indispensabili per una certa fascia di alunni; inoltre essa considera l’alunno “avulso” dal contesto sociale in cui è inserito e nel
quale fra pari si effettuano confronti espliciti e impliciti. Adottando in modo permanente ed estensivo questo tipo di valutazione si corre il rischio di collocare l’alunno in uno “stato di minorità”. Essa tuttavia può svolgere una funzione positiva nelle fasi iniziali del percorso dell’alunno straniero quando si tratta di evidenziare il progresso personale e sostenere la
motivazione, non ponendo obiettivi irraggiungibili o lontani.
Un confronto sincronico caratterizza invece la valutazione di tipo normativo: il confronto fra prestazione del singolo e prestazione del gruppo la quale, tuttavia può essere determinata secondo due diversi parametri. Il parametro standardizzato fa riferimento alla norma di un
campione, magari rilevato mediante prove appunto standardizzate del genere di quelle utilizzate per le prove INVALSI; il parametro relativo è riferito invece alla norma di un gruppo, di una classe. In sostanza a un dato momento, confrontando gli esiti del singolo con gli esiti di un gruppo di riferimento, si definisce la collocazione – sopra o sotto – di un alunno.
Quando si ricorre a questo tipo di valutazione è indispensabile considerare il suo uso. Infatti esso ha un senso e anche una utilità descrittiva per gli insegnanti che, costruendo così il quadro della distribuzione degli alunni relativamente a quelli che sono considerati obiettivi di apprendimento, possono prendere decisioni didattiche e progettuali conseguenti. Se invece
viene utilizzata, magari con enfasi, pubblicamente all’interno della classe, può risultare estremamente penalizzante per gli alunni in difficoltà momentanea, con effetti negativi sulla motivazione all’apprendimento e sull’autostima. Inoltre il parametro relativo accentua l’arbitrarietà della valutazione e può favorire la competizione, generalmente non positiva sul
piano motivazionale per gli alunni in difficoltà.
Infine la valutazione criteriale, anch’essa sincronica, instaura un confronto fra i risultati di apprendimento dei singoli alunni e criteri predeterminati definiti in precedenza dalla programmazione. Certo si tratta di stabilire tali criteri: si considerano obiettivi di apprendimento, contenuti, abilità o competenze ? Comunque si organizzi la programmazione,
ovviamente anche sulla base delle Indicazioni nazionali che fissano traguardi periodici e finali, i criteri predefiniti sono “universali”, “generali” ma possono trovare specificazioni personali, una diversa articolazione temporale per il loro raggiungimento, rimanendo valida la
definizione di criteri conclusivi propri di un ciclo di studi. In quest’ottica trovano spazio i Piani personali per gli alunni immigrati che comportano quindi non tanto una riduzione dei programmi di insegnamento, anche se certamente di alcuni contenuti, ma differenti modulazioni temporali.
Si pone a questo punto la questione del rapporto fra istanze pedagogiche e norme.
La domanda riguardante la legittimità dei percorsi personalizzati - Si possono adattare i programmi di insegnamento e le procedure di valutazione degli alunni NAI ? – pare possa avere una risposta articolata e non del tutto limpida, comunque insoddisfacente, almeno se ci riferiamo solamente al recente Regolamento sulla Valutazione e, ancor di più, alla circolare ministeriale 50 del 20 maggio 2009 . Ma occorre considerare anche altre norme generali e specifiche tuttora attuali che invece danno indicazioni di flessibilità e attenzione ai percorsi personali dei singoli alunni. Le richiamiamo brevemente:
- D.P.R. 31 agosto 1999 n. 394, art. 46;
- C.M. n. 24 del 1 marzo 2006 “Linee guida per l’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri”;
- Documento ministeriale dell’ottobre 2007 “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”.

Merita un’attenzione più puntuale il Regolamento sulla valutazione, il DPR n. 122 del 22 giugno 2009, emanato ai sensi degli art. 2 e 3 della legge di conversione n. 169 del 30 ottobre 2008.
Il comma 9 dell’art. 1 dice che “minori con cittadinanza non italiana... sono valutati nelle forme e nei modi previsti per i cittadini italiani”: un doveroso richiamo a un principio universalistico teso a escludere qualsiasi forma di discriminazione ma che rischia, se non correttamente interpretato appunto come norma anti-discriminazione, di non far considerare le specificità degli alunni NAI. E’ sparito l’art. sugli alunni “di lingua nativa non italiana” che, nelle prime bozze del regolamento, pareva introdurre una certa flessibilità, riprendendo alcune affermazioni delle Linee Guida del 2006. Sembra quasi un ritorno all’invisibilità degli alunni NAI. Mi paiono pertinenti anche in questo contesto le considerazioni proposte da
Taguieff a proposito dell’azione antirazzista. Vale a dire che “l’efficacia della strategia adottata si impone come criterio provvisorio della scelta che verte sull’orientamento - universalista o differenzialista - alla sola condizione di difendere il diritto alla differenza subordinandolo all’esigenza dell’universalità”. Nel nostro caso mi pare urgente e necessario riconoscere esplicitamente, anche a livello normativo, la specificità dei percorsi personali di apprendimento degli alunni NAI che comportano quindi anche adattamenti della valutazione certificativa.
Nel Regolamento sono comunque individuabili punti interessanti, aperture attraverso cui possono passare quelle che abbiamo definito istanze pedagogiche. Innanzitutto il richiamo al principio dell’autonomia delle scuole per quanto riguarda l’esercizio della valutazione. Inoltre per la Scuola primaria e la Secondaria di 1° grado si afferma che la promozione può essere deliberata “in presenza di carenze relativamente al raggiungimento degli obiettivi di apprendimento”: un evidente varco per piani personalizzati biennali. In questo caso “la scuola provvede ad inserire una specifica nota al riguardo nel documento individuale di
valutazione e trasmettere quest’ultimo alla famiglia”.
Nella scuola superiore non è data questa possibilità e anzi, la norma che impone l’estinzione di debiti prima dell’avvio dell’anno successivo, sembra andare in direzione diversa da quella delle scuole che progettano percorsi personalizzati su base biennale o addirittura pluriennale. Ma, d’altra parte lo stesso regolamento prevede che la valutazione si ispiri ai criteri della “equità e trasparenza” e indica che: “Le verifiche intermedie e le valutazioni periodiche e finali sul rendimento scolastico devono essere coerenti con gli obiettivi di apprendimento previsti dal piano dell’offerta formativa “. Si tratta di affermazione importanti perché, ad
esempio, non può certamente considerarsi equa una valutazione che ignori i punti di partenza e non consideri gli effettivi dispositivi di supporto messi in atto per gli alunni NAI.
Su di un piano generale vi è a mio parere la necessità di un intervento normativo che superi l’invisibilità e le citazioni di “parità” formale. Si potrebbe prevedere, come in altri paesi europei, la possibilità di sospendere la valutazione certificativa (di passaggio da una classe all’altra) per un biennio a determinate condizioni e sulla base di apposite delibere del
Collegio Docenti.
Nel frattempo che cosa potranno fare le scuole ? Come potranno salvare le istanze pedagogiche e ammettere alla classe successiva quegli alunni che non hanno raggiunto obiettivi standard annuali ma che presentano i presupposti per un possibile recupero futuro? Credo che, come sempre, sarà la scuola reale, formata da Dirigenti e docenti responsabili, a dover affrontare i problemi generati da una normativa inadeguata rispetto alla realtà scolastica quotidianamente vissuta. Si tratta allora di ribadire la validità della proposta dei percorsi personali e di assumere decisioni istituzionali conseguenti:

a. Delibera del CD sui criteri di gestione e attuazione delle normative generali e specifiche sulla valutazione, con la formalizzazione dei Piano personali di transizione, di durata biennale b. Possibile gradualità delle prove dell’esame di stato conclusivo del 1° ciclo dell’istruzione
c. Delibera di formalizzazione di percorsi personali per la seconda lingua comunitaria, diversa da quella il cui insegnamento è impartito nella scuola.