Paolo Rumiz e Francesco Altan - Tre uomini in bicicletta - Feltrinelli

In tre sulla bicicletta per arrivare da Trieste, dopo 2000 km, a Istambul in 18 tappe. Ci vuole fiato, ma anche coraggio. Si attraversano i villaggi e le città devastati da una guerra che ancora oggi ne mostra le tracce nelle città, nei villaggi e nei cuori degli uomini.

Un viaggio fatto nel luglio del 2001 e un mese dopo Rumiz si trova molto più a est ai confini tra Pakistan, India, Afghanistan, Tibet. Manca 1 mese a quel fatidico 11 settembre.
Di notte, scaldandosi su un fuoco improvvisato tra camionisti, profughi, contrabbandieri, mercanti di oppio e di armi, ricorda quella lunga pedalata e fa una riflessione che lo fa sentire vicino al mondo arabo e distante dal popolo e dalla cultura cinese, molto distante, quasi extraterreste.

"Là dove i dirupi del Karakoram diventano gli altopiani del Pamir, c'era quello che avevo cercato inutilmente fino a Istambul: l'ultima frontiera. Lì moriva il mio Oriente e iniziava un altro pianeta. E lì, a quattromila km dal Bosforo, finalmente Alien si mostrava. Alien non era il turco, non era il cosacco e nemmeno l'iraniano del Caucaso. Sbucava già lì, alla prima casermetta di confine. Era uno qualsiasi degli omini a orologeria che marciavano al ritmo di musichette infantili. Era l'operosità frenetica che improvvisamente sostituiva la lentezza. Era la simmetria e l'enigma, la sottomissione ai timbri di una burocrazia lontana e inaccessibile che rimpiazzava la fratellanza; la durezza utilitaristica del rapporto col viaggiatore, l'irritante indifferenza del plurimillenario impero verso i mondi altrui. Era la polizia aggrappata all'ora di Pechino anche lassù, alle ultime periferie occidentali della terra di mezzo. Era quell'alzarsi a notte fonda, ostentatamente ignorando le albe color pesca, i tramonti e persino il tempo degli orologi locali. Alien non era l'Islam, ma l'uomo con gli occhi a mandorla. Brusco e sedentario, accumulatore e iperattivo, ripetitivo e totalmente impenetrabile. Sigillato nel suo mondo"

A noi piace Rumiz, ma non condividiamo il suo sentimento verso il "pianeta Cina". La Cina non è solo "la banda dei quattro" o solo Tien An Men.

E' anche un cultura millenaria, è il Tao te ching, è Confucio che a un discepolo che gli chiedeva "C’è una parola che mi possa far da guida per tutta la vita?" rispose: "E' reciprocità. quel che non desideri per te, non farlo agli altri" (Dialoghi XV, 24).

"La civiltà cinese è l’unica che ci ha lasciato importanti testimonianze di una riflessione filosofica, elaborata senza ricorrere ad una lingua indo-europea" (J. Gernet)

 

Approfittiamo dello spazio per dire che presto il nostro sito avrà uno spazio in doppia lingua italiano/cinese, costruito con la collaborazione di studenti cinesi.

 

Poesia Tang

Una barca naufragata,

ma mille vele le passano accanto,

al di là di un arbusto malato,

decine di migliaia di alberi

verdeggiano a primavera.