LE DIVERSE DIVERSITÁ La diversità può essere letta in due modi. Un atteggiamento più passivo (e facile) vede nella diversità l'assenza o l'insufficienza di qualcosa. Una visione più attiva e curiosa cerca di abitare la distanza e scoprire cosa, invece, nasconde la differenza e quali elementi e quali circostanze ci accomunano al "diverso". Per capire meglio la diversità è utile a volte viverne l'esperienza. Chi viaggia "on the road", senza paracaduti linguistici e monetari, comprende la sensazione di sentirsi indifesi e oggetto di curiosità e magari di discriminazione. Qualche anno fa in una mostra-convegno a Bologna è stata ricostruita una scuola cinese con alunni, insegnanti, classi, lezioni dove ragazzi italiani vivevano, per una volta, l'esperienza di stranieri inseriti, isolati, in un contesto di difficile e angosciante incomunicabilità. Ma a parte queste situazioni estreme (ma molto comuni nelle nostre scuole) le differenze culturali e quindi gli incontri inter-culturali sono molto più vicini a noi. Ogni giorno noi cambiamo registri linguistici e culturali a seconda di chi abbiamo di fronte. Il protagonista di "Tutti giù per terra" di Culicchia passa dal padre violento e volgare ai docenti universitari, dal linguaggio punk con i coetanei ai rapporti con cittadini stranieri in un centro d'ascolto, dal burocratese dell'ufficio agli stordimenti "fumosi" della discoteca. Le mille culture e sotto culture legate alla professione, al sesso, alla religione, alla politica, alla famiglia, ci chiedono di modificare continuamente e adeguatamente (e lo facciamo di solito senza avvedercene) modelli linguistici e comportamentali. A fianco di chi vive sempre su un registro orizzontale con pochi scambi e ignorando l'altro, c'è chi, invece, cerca l'incontro, il confronto e il mescolamento in modo libero e volontario: questo atteggiamento possiamo definirlo interculturale. Chi vive in un sistema aperto, in due o più dimensioni culturali è più ricco di chi difende il fortino della propria identità con ossessiva paura del nuovo. Chi si avvicina all'altro e ad un altro punto di vista impara, contemporaneamente, a conoscere meglio se stesso e ad avere un'identità in cammino. Sono le "deangolazioni" prospettiche quelle che ci fanno cambiare il senso delle cose. Esempio di mente chiusa e poco
originale è quella descritta magistralmente da Guy de Maupassant. I bambini e i ragazzi stranieri, sono interculturali per forza, non per scelta. Vivono ai confini e chi vive ai confini (lo ripeteva spesso Alex Langer) può essere favorito perché "vede" due mondi e gli riesce più facile saltare da una parte all'altra e "comprendere" le diversità. "E' di questi - amava ripetere don Tonino Bello - il futuro. Sono gli uomini planetari del domani". Far uscire dalla clandestinità e dalla vergogna il mondo di provenienza è il primo compito della scuola verso gli alunni non italofoni, è il segno inequivocabile di "una educazione capace di futuro che sa vivere la differenza nell'uguaglianza" (Todorov 1992) |