CITTA' COLORATA

Assistiamo spesso oggi a politiche della paura e dell'esclusione che generano legislazioni e normative xenofobe. Il passo dall'ideologia dell'identità al razzismo è breve. Rischiamo di costruire (e vivere) città senza cittadini, fatte di individui isolati che si guardano senza mai vedersi, che si incrociano, senza mai incontrarsi.

Sulla scorta di tali riflessioni Zygmunt Bauman (Le sfide dell'etica, 1996) scrive che "l'organizzazione dello spazio urbano è importante per la sua forte tendenza a isolare classi, gruppi etnici, talvolta generi o generazioni. (...). Se lo spazio cognitivo potesse essere proiettato sulla mappa della città, o sulla mappa di un paese o dell'intero mondo moderno, assumerebbe la forma di un arcipelago piuttosto che di un cerchio o di una qualunque altra figura compatta e continua. Per ogni abitante del mondo moderno, lo spazio sociale si distribuisce su una vasta distesa di insensatezza, nelle forme di numerose macchie di conoscenza più grandi e più piccole: oasi di significato e rilevanza in un deserto prive di caratteristiche".

Le riflessioni di Bauman risultano particolarmente interessanti poichè descrivono la nascita, entro l'unico a differenziato contesto urbano, di "neo tribù" e di processi di tribalizzazione e di "non-incontro".

Le buone pratiche della democrazia dovrebbero invece andare nella direzione di una politica del territorio che garantisce a tutti il riconoscimento dei diritti fondamentali e dove la comunità diventi lo spazio dove si costruiscono relazioni sociali. Gli immigrati diventeranno allora parte integrante della comunità e non una comunità a parte.

"Chi è orfano nella casa dei diritti, difficilmente sarà figlio nella casa dei doveri"
Mons. Carlo Maria Martini


"Non esistono frontiere, se non nelle nostre menti" e "nella mia città nessuno è straniero"
sono idee che hanno bisogno di gambe, buone gambe