ZANZOTTO ovvero "un parlar fondo come un basar"
se inpizharà i nostri mili paralar e pensar nóvi inte n’parlar che sarà un parlar e pensar nóvi
inte ‘n parlar che sarà un par tutti
 fondo come un basar,
 vèrt sul ciaro, sul scur,
davanti la mandra, impiantada inte ‘l scur
col só taj ciaro, ‘pena guà da sempre
si accenderanno i nostri mille parlare e pensieri novi / in un parlare che sarà uno per tutti, / fondo come un baciare / aperto sulla luce, sul buio / davanti la mannaia piantata nel buio / col suo taglio chiaro, appena affilato da sempre.

Andrea Zanzotto prosegue la sua buona battaglia per la difesa di ciò che resta del paesaggio veneto, deciso a salvare l’ultimo angolo verde della sua Pieve di Soligo, dove è nato e dove ha sempre voluto vivere.

"Quello che contesto è che si voglia cancellare l’ultimo pezzetto di verde ben visibile, lungo una strada che si chiama via Mira proprio per lo spettacolo che si vede dall’alto». E invita a salire, per rendersi conto, sulla collina di San Gallo che domina il quartiere del Piave: "Da lì si vede netta la macchia lebbrosa che si sta dilatando nella pianura. Bisogna capire che salvare il paesaggio della propria terra è salvarne l’anima e quella di chi l’abita".
Non è un’infezione locale: quella lebbra sta corrodendo nell’intera regione i paesaggi immortalati nelle quinte pittoriche di Giorgione, di Tintoretto, di Tiziano. "La marcia di autodistruzione del nostro favoloso mondo veneto ricco di arte e di memorie è arrivata ad alterare la consistenza stessa della terra che ci sta sotto i piedi».
Il suo è un appello forte: «Salviamo un prato in ogni paese» e subito il suo grido di sdegno riceve consensi unanimi nel mondo della cultura italiana.