IL TEMPO E' INTERCULTURALE?

Da "Ebano" di Ryszard Kapuscinski,  pag.20, Feltrinelli

 

 

Saliamo sull'autobus e prendiamo posto. Questo è uno dei momenti in cui può verificarsi uno scontro, una collisione, un conflitto tra due culture diverse. Cominciamo a guardarci attorno, ad agitarci e a chiedere: "Quando parte l'autobus?". "Come quando?" risponde il guidatore stupito. "Quando ci sarà abbastanza gente da riempirlo".

L'europeo e l'africano hanno un'idea del tempo completamente diversa; lo concepiscono e vi si rapportano in modo opposto. Nel concetto europeo il tempo esiste obiettivamente, indipendentemente dall'uomo, al di fuori di esso, ed è dotato di qualità misurabili e lineari. Secondo Newton il tempo è assoluto: "Il tempo assoluto, vero, matematico scorre in sé e per sé in virtù della sua stessa natura, uniformemente e senza dipendere da alcun fattore esterno". L'europeo si sente schiavo del tempo, ne è condizionato, è il suo suddito in tutto e per tutto (...). Tra l'uomo e il tempo esiste un conflitto insolubile che si conclude inevitabilmente con la sconfitta dell'uomo: il tempo annienta l'uomo.

Gli africani, invece, intendono il tempo in modo completamente opposto. Per loro si tratta di una categoria molto più flessibile, aperta, elastica, soggettiva. E' l'uomo che influisce sulla forma del tempo, sul suo corso e ritmo. Il tempo è addirittura qualcosa che l'uomo può creare: infatti l'esistenza del tempo si manifesta attraverso gli eventi e che un evento abbia luogo oppure no dipende dall'uomo. Il tempo si manifesta per effetto del nostro agire: se cessiamo la nostra azione o non la intraprendiamo, esso sparisce (...).

Tradotto in pratica, significa che se ci rechiamo in un villaggio dove nel pomeriggio deve tenersi una riunione e sul luogo stabilito non troviamo nessuno, non ha senso chiedere "Quando comincia la riunione?". 
La risposta è scontata: "Quando tutti saranno arrivati".