Scuola: tra gite e mense
Un istituto di Pordenone ha organizzato le vacanze-studio degli allievi
sulla base del loro reddito: la fascia alta a Londra in un buon albergo, la
fascia bassa a Monaco in una pensione abitata dai pidocchi. Faremo causa
all’agenzia di viaggi, ha detto il preside, come se il problema fossero i
pidocchi. Il problema è aver avuto l’idea di separare i ricchi dai poveri,
riproducendo persino in una gita scolastica, emblema della comunità conviviale,
quelle differenze sociali che all’interno della scuola semplicemente non devono
esistere.
Ma cosa ci sta succedendo? In poco più di una generazione siamo passati
dall’egualitarismo diseducativo del «sei politico» al calpestamento di ogni
sensibilità e del significato stesso di scuola pubblica. Leggevo con gli occhi
sbarrati le spiegazioni del sindaco e dell’assessore, entrambe donne ed entrambe
giovani, di quel Comune vicentino che l’altro ieri non ha servito il pranzo a
nove bimbi dell’asilo nido perché i genitori non pagano la retta. Mica possiamo
darla vinta ai furbi, spiegavano le due amministratrici. Giustissimo, e allora
denunciateli. Ma senza smettere di garantire ai figli dei furbi l’identico
trattamento riservato ai loro compagni. Sono bambini, non divani pignorabili. Mi
spaventa il pensiero di come cresceranno i discriminati di Vicenza e di
Pordenone. Ma mi spaventa ancora di più come cresceranno i privilegiati: privi
dei vincoli minimi di solidarietà umana, per insegnare i quali la scuola
pubblica era nata.
Massimo Gramellini (La Stampa - 25 marzo 2010)