GRAZIELLA FAVARO

UNA SCUOLA PER L'INTEGRAZIONE
Intervento fatto a Treviso l'11 novembre 2003 
all'apertura del Corso di Formazione ALI

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E' questo un momento importante e cruciale per la scuola italiana alle prese con molteplici cambiamenti, di natura sociale, culturale, organizzativa, professionale. Uno dei mutamenti ai quali dare risposta in maniera efficace, creativa e responsabile è certamente connesso alla presenza in costante crescita degli alunni di nazionalità straniera. Iniziato nella seconda metà degli anni novanta come fenomeno proprio delle città medio/grandi del centro-nord, ora si intensifica in queste aree e si estende anche a località di piccole dimensioni, coinvolgendo un numero crescente di istituzioni scolastiche e di insegnanti. Dal punto di vista delle indicazioni di principio e della normativa, la scuola si è configurata da subito come luogo di integrazione, di scambio culturale, di incontro con lingue e storie che vale la pena conoscere e valorizzare negli spazi educativi di tutti. Nella traduzione organizzativa e didattica di questi principi le strade seguite dalle singole istituzioni scolastiche e dai docenti coinvolti sono state tuttavia differenti, spesso dipendenti dalle risorse del territorio, dalle intese con altri enti, dalla disponibilità o meno di sostegni e dispositivi specifici. In alcuni casi, l'inserimento di uno o più alunni stranieri, soprattutto se in condizione di non conoscenza dell'italiano, ha comportato un cambiamento organizzativo in termini di tempi, priorità, allestimento di uno spazio dedicato al laboratorio linguistico, acquisizione di materiali adatti a dare risposta ai bisogni linguistici e a informarsi sulla provenienza e sulla storia personale e scolastica di ciascuno. In altri casi, la scuola ha fatto ricorso a risorse esterne, a operatori inviati dall'ente locale, a mediatori madrelingua con competenza professionale più o meno definita, adottando modalità di risposta che vanno dalla delega ad altri, all'integrazione progettuale delle risorse. In altre situazioni ancora, la relativa novità del fenomeno e il ridotto "peso" numerico degli alunni venuti da lontano hanno permesso di considerarli invisibili e di continuare a "fare come se non ci fossero", contando solo sul fattore "tempo" e sulle capacità dei bambini e dei ragazzi di adattarsi e di apprendere. Responsabilità, delega, negazione o viceversa drammatizzazione del problema: sono alcuni degli atteggiamenti diffusi nei confronti di un evento che richiede competenze professionali nuove e attenzioni pedagogiche e relazionali da affinare. Sempre di più gli insegnanti chiedono che su questo tema ci siano alcune indicazioni comuni un "modello" al quale riferirsi per definire i modi dell'inserimento, gli aspetti organizzativi, i tempi e i bisogni linguistici, percorsi didattici da seguire e criteri per la valutazione. Vi è quindi la necessità di rendere "normale" ciò che finora ha avuto piuttosto il carattere di evento emergenziale "da ridurre a norma", quando la norma è invece sempre di più il fatto di imparare e insegnare in una classe che è una piccola comunità colorata che raccoglie lingue, storie, radici e volti differenti.

L'immigrazione a scuola: facciamo il punto
Gli alunni stranieri hanno al tempo stesso bisogni uguali e specifici rispetto ai compagni di banco autoctoni: sono bambini alle prese con i compiti di sviluppo, i ritmi, i desideri e i timori di tutti i bambini, ma sono anche messi di fronte a urgenze e sfide peculiari: apprendere la nuova lingua, riorientarsi rispetto allo spazio, al tempo, alle regole esplicite e implicite del nuovo ambiente, sentirsi accolti e accettati nei gruppo dei pari, crescere tra riferimenti e appartenenze differenti. Ma chi sono i bambini e i ragazzi venuti da lontano che varcano la soglia della scuola italiana? La definizione di "alunno straniero" non dà conto delle differenti storie, dei viaggi e degli eventi che li hanno portati fin qui, della diversità dei progetti e delle condizioni di vita. Il criterio dell'appartenenza ad una nazionalità altra lascia nell'ombra, ad esempio, coloro che hanno avuto o che hanno costantemente a che fare con la migrazione, pur essendo cittadini italiani. Nella fotografia di gruppo degli alunni che vengono da lontano possiamo distinguere sette ritratti diversi: coloro che sono nati in Italia, chi arriva ad un certo momento della vita per ricongiungersi ai famigliari, i minori che sono venuti qui da soli, i bambini figli dei richiedenti asilo, i piccoli giunti qui in seguito ad adozione internazionale, i figli di coppia mista che hanno un genitore immigrato, gli appartenenti ad una comunità zingara di nazionalità italiana o straniera. I bambini e i ragazzi stranieri che nascono o che arrivano in Italia hanno dunque percorsi, storie e biografie differenti. Coloro che si ricongiungono alle famiglie spezzate si ritrovano a vivere, dopo anni di distacco, con il padre o con la madre divenuti nel frattempo quasi degli estranei, poichè la separazione del nucleo ha provocato distanze e fratture, interrotto la comunicazione e la condivisione del quotidiano. Se il ricongiungimento avviene nell'età adolescenziale, il nucleo famigliare diventa forzatamente il solo luogo di identificazione, l'unica dimora, reale o simbolica, proprio nel momento della vita in cui dovrebbero invece aprirsi al mondo, intessere relazioni con i pari, ricercare e costruire al di fuori dello spazio della casa il presente e il futuro. Una parte significativa di bambini stranieri è nata in Italia ed essi sono presumibilmente destinati a diventare alla maggiore età cittadini a pieno titolo dei paese che li vede crescere. Bambini "nuovi" che i genitori guardano con orgoglio misto al timore per la progressiva "erosione delle radici" e per la difficoltà a trasmettere loro e di condividere con loro la storia e la memoria famigliari. E ancora, ci sono i piccoli che arrivano in seguito ad adozione internazionale da paesi asiatici, latino-americani e soprattutto dall'Europa dell'est. Essi sono fortemente sollecitati verso l'assimilazione, portati a rimuovere le parti di sé che impediscono di appartenere al qui e ora, a dimenticare parole, suoni, ricordi che non sono più utilizzabili nel nuovo paese. Altri, all'interno della loro famiglia, convivono con più riferimenti poiché i genitori vengono da paesi diversi: sono i figli delle coppie miste che si trovano spesso ad essere un ponte tra riferimenti e culture. Vi sono gli adolescenti arrivati in Italia da soli che vivono spesso in condizioni di marginalità e di disagio; altri giungono da soli, o con una parte della famiglia, per fuggire alla guerra, da situazioni di vita drammatiche, dai rischi per la propria sopravvivenza. Troviamo infine dentro i servizi educativi e le scuole i piccoli Rom e Sinti, appartenenti alle comunità zingare di nazionalità italiana o straniera, ma che sono in ogni caso considerati i più "lontani e distanti" vittime degli stereotipi negativi più diffusi e di manifestazioni di esclusione e chiusura da parte dei pari.
Ciò che accomuna bambini con storie e viaggi così diversi è il vissuto, reale o simbolico, della migrazione, intesa non solo come spostamento da un luogo di vita ad un altro, ma anche come cambiamento profondo. ridefinizione dei legami e delle appartenenze, della propria identità e progetto. La migrazione può diventare chance e risorsa per la propria identità e per il proprio futuro, ma comporta sempre una fatica aggiuntiva volta a tessere legami, dare senso e significato a pratiche e riferimenti, ritrovare il proprio posto nei mondo a partire da vissuti di provvisorietà e incertezza.
Dal punto di vista quantitativo, la presenza dei bambini e dei ragazzi stranieri nella scuola ha segnato negli ultimi tempi un incremento annuo intorno al 25% annuo. Essi sono stati infatti:
- 150.000 circa nell'anno scolastico 2000/2001
- 120.000 nel 1999/2000
- 85.000 nel 1998/1999

Ogni anno fanno il loro ingresso nelle classi 30/35.000 "nuovi" alunni di altra nazionalità, suddivisi in uguale misura fra nati in Italia e arrivati in seguito al ricongiungimento famigliare. Essi frequentano soprattutto le classi della scuola elementare (44.3%); al secondo posto, la scuola media (24.1%) e poi la scuola materna (20.1%) e superiore (11.5%). L'ottanta per cento circa dei bambini stranieri risiede in sole sei regioni e si distribuisce nel modo seguente: Lombardia (24.5%); Emilia Romagna (12.3%); Veneto (11.8%); Lazio (10.2%); Toscana (9.5%); Piemonte (9.2%). Per quanto riguarda la provenienza geografiche al primo posto vi sono ancora gli alunni marocchini, seguiti da coloro che provengono dall'Europa dell'Est (Albania Romania, Jugoslavia) e dai Paesi asiatici (Cina, Filippine, Sri Lanka. Pakistan).

Costruire l'integrazione a scuola

Che cosa si intende per integrazione degli alunni stranieri e quando e a quali condizioni un bambino o un ragazzo che vengono da lontano possono essere considerati "positivamente integrati". Per il primo aspetto è utile ricordare che l'integrazione:
- è un concetto multidimensionale che ha a che fare con l'acquisizione di strumenti e di capacità (linguistiche, ad esempio) ma anche con la relazione, la ricchezza e l'intensità degli scambi con gli adulti e con i pari, a scuola e fuori dalla scuola
- significa anche integrità, rispetto alla possibilità di esprimere la propria storia, lingua, appartenenza, in un processo dinamico dì cambiamento e di confronto che permette a ciascuno, da un lato, di non essere "ostaggio" delle proprie origini e, dall'altro, di non dover negare riferimenti, differenze componenti della propria identità per essere accettato e accolto;
- è un progetto e un processo che si costruisce giorno dopo giorno attraverso innumerevoli soste, balzi in avanti, ritorni indietro, nostalgie e speranze, timori e entusiasmi;
- è un progetto intenzionale e non avviene per caso, per forza di inerzia, ma deve essere voluto, seguito, sostenuto con attenzione, amore e competenza da tutti i protagonisti dell'incontro.

Quali indicatori si possono utilizzare per leggere la situazione di inserimento di ciascun bambino straniero e il suo percorso di integrazione? Ne proponiamo sei:
- la situazione dell'inserimento scolastico (alla pari o in ritardo) che consente di progettare una prosecuzione degli studi con opportunità più o meno equivalenti rispetto a quelle dei compagni italiani;
- la competenza nella lingua italiana per gli scopi propri della comunicazione e per quelli dello studio;
- la qualità delle relazioni in classe con i compagni e la possibilità di partecipare alle interazioni e ai lavori collettivi e di gruppo e di essere accettato e accolto nei momenti ludici e delle scelte elettive;
- la qualità e la quantità degli scambi nel tempo extrascolastico, le occasioni di partecipazione e di inserimento nelle attività ludiche e sportive, le opportunità di stabilire e mantenere scambi e amicizie, di "abitare il territorio" considerato come la propria dimora;
- la competenza nella lingua materna praticata in casa e con i connazionali (e le diverse situazioni di perdita, mantenimento o sviluppo) e la disponibilità /possibilità di raccontare aspetti della propria cultura, del paese d'origine, della propria storia;
- la situazione di autostima, di fiducia nelle proprie possibilità, di accettazione delle sfide comuni ai compagni italiani e specifiche della propria storia.
Se questi sono gli indicatori ai quali possiamo riferirci per collocare le storie e i cammini individuali verso l'integrazione, le componenti che agiscono come fattori positivi e di sviluppo o, viceversa, come cause di rallentamento e blocco sono da rintracciare soprattutto nella famiglia, nelle caratteristiche individuali, nel contesto di accoglienza. Un bambino che si trova a vivere in un nucleo segnato da povertà materiale, da bisogni legati ancora alla sopravvivenza, da vissuti di provvisorietà e di lutto non elaborato per la perdita delle origini porta con sé le vulnerabilità e le fatiche di un quotidiano frammentato e bloccante. Cosi come un adolescente strappato dal suo mondo e dai suoi affetti e portato a vivere qui contro la sua volontà, sulla base di scelte e decisioni che non ha voluto né condiviso, elaborerà nei confronti della nuova scuola e della sua lingua vissuti negativi di rifiuto e distanza emotiva. Il contesto e le modalità dell' accoglienza hanno tuttavia il peso e le responsabilità maggiori. I risultati di ricerche condotte nella scuola e fra gli insegnanti delineano un quadro di accoglienza aperto e disponibile, ma percepito come carente di modelli e riferimenti certi e da sperimentare, sprovvisto di risorse adeguate, inadeguato rispetto alla formazione e alla competenza professionale richiesta dalla situazione multiculturale. Un tale contesto richiede quindi di essere modificato e arricchito di risorse e strumenti per poter diventare l'ambito privilegiato dell' integrazione e dello sviluppo positivo dei bambini che vengono da lontano. 


Tab. 1. Indicatori di integrazione: alcune possibili situazioni

 

Integrazione positiva

Alcuni problemi

Difficoltà di

integrazione

1.Modalità dell’inserimento scolastico

alla pari

ritardo di un anno

ritardo di due o più anni

2. Competenza linguistica in italiano

-competente in ita-liano L2,sia per la comunicazione interpersonale, che per lo studio

-ha buone capacità comunicative, ma persistono difficoltà nell’italiano dello
studio  (lettura,
scrittura, contenuti
disciplinari

difficoltà linguistiche, sia per comunicare che per studiare

3. Relazione in classe

ben inserito e accettato negli scambi con i pari

-talvolta è isolato
-ha un numero ridotto di scambi con i pari e di scelta da parte dei compagni

-isolamento relazionale dovuto a autoesclusione, o a clima della classe di non accettazione e di chiusura

4. Relazione con pari nel tempo extra-scolastico

- partecipa ad attività ludiche, sportive, di aggregazione
-viene invitato dai compagni di classe e li invita

è inserito in scambi e relazioni con i pari
nel       tempo
extrascolastico, ma in misura e intensità
ridotte

-solitudine nel tempo extrascolastico
-esclusione dalle iniziative promosse dai compagni di classe

5. Lingua e cultura di origine

-mantiene e sviluppa la L1 a casa e con i connazionali
-parla volentieri del proprio
paese, racconta, fa confronti

-riferisce aspetti del proprio paese e
racconti autobiografici e fa riferimento alla L1 solo se sollecitato

-nei confronti della
propria lingua, storia
e  del paese di
origine esprime
chiusura, difesa
eccessiva, vergogna

6. Autostima e fidu-cia in se stesso

-richiede e richiama attenzione
-chiede spiegazioni, esprime dubbi, do-mande, richieste
-esprime desideri e progetti
-è motivato ad apprendere e a seguire il cunicolo comune

-sollecita talvolta at-tenzione e aiuto
-alterna momenti di fiducia in se stesso ad altri di scoraggia-mento
-esprime desideri e progetti solo se sol-lecitato e sostenuto

-spesso apatico e scoraggiato, oppure manifesta il disagio con aggressività e non rispetto delle regole
-mancanza di moti-vazione ad apprendere


Dieci attenzioni da sviluppare e azioni da realizzare

Quali sono le attenzioni, le azioni e i progetti da promuovere nella scuola e negli spazi educativi affinché questi funzionino come luoghi per l'integrazione di tutti e di ciascuno? Ne proponiamo dieci scelti fra quelli che vengono attuati e sperimentati con esiti positivi.

· Organizzare l'accoglienza.
La normativa italiana in materia di inserimento scolastico degli alunni stranieri e di educazione interculturale indica i principi e le linee/guida, ma lascia grande autonomia alle istituzioni scolastiche rispetto alla loro traduzione in modalità organizzative, dispositivi e risorse, percorsi didattici. In questi anni le scuole più attente e innovative hanno previsto e sperimentato modalità di accoglienza efficaci e flessibili in considerazione del fatto che l'inserimento di alunni di nazionalità non italiana è un evento non più occasionale, ma strutturale e "normale", che si colloca inoltre, non solo all'inizio dell'anno scolastico, ma nel corso di tutto l'anno. Uno strumento utile può essere allora quello del "protocollo per l'accoglienza" che cerca di defmire modi, tempi e responsabilità di questa fase e che delinea prassi condivise di carattere:
- amministrativo e burocratico (l'iscrizione),
- comunicativo e relazionale (prima conoscenza),
- educativo -- didattico (proposta di assegnazione alla classe, accoglienza, educazione interculturale, insegnamento dell'italiano seconda lingua),
- sociale (rapporti e collaborazioni con il territorio).
· Esprimere apertura e intenzionalità comunicativa
La scuola esprime la sua multiculturalità di fatto attraverso una intenzionalità comunicativa nei confronti di bambini e ragazzi stranieri e delle loro famiglie e una consapevolezza del plurilinguismo, considerato una chance per tutti. Le attenzioni da sviluppare riguardano quindi la predisposizione e l'allestimento dello spazio (oggetti, manifesti, foto, libri, giochi...) e l'ospitalità da riservare alle differenti lingue (messaggi informativi e avvisi plurilingue, cartelli e indicazioni tradotte...).

· Le parole per dire e per studiare: percorsi didattici e risorse per l'insegnamento dell'italiano lingua seconda
La padronanza della lingua del paese nel quale i bambini immigrati si trovano a vivere, studiare e progettare il loro futuro è la condizione di base per un inserimento positivo e per una piena integrazione. Apprendere l'italiano come seconda lingua - e cioè nel contesto in cui è lingua d'uso e di scolarità - è una delle sfide cruciali con cui devono confrontarsi. E' una sfida per il bambino non italofono, che si deve orientare nel mondo delle parole e dei significati sconosciuti, ma è una sfida anche per l'insegnante che si trova ad operare in una classe nella quale non tutti gli alunni condividono la lingua materna e che deve quindi considerare questa stessa lingua da un punto di vista diverso: oggetto di apprendimento e veicolo per l'apprendimento.

· L'adattamento dei programmi e la facilitazione all'apprendimento
Gli alunni stranieri non seguono un curricolo diversificato e "a parte", ma necessitano di attenzioni e facilitazioni didattiche per poter comprendere e produrre i contenuti e i concetti delle diverse aree disciplinari. Nei confronti delle materie di studio si possono individuare fra i ragazzi stranieri due diverse situazioni. Da un lato, vi sono coloro che hanno già appreso nella scuola del paese d' origine idee, concetti e astrazioni e necessitano "soltanto' di apprendere nuove parole per acquisizioni già consolidate. In altri casi invece la comprensione di un concetto e l'appropriazione di nuovi termini vanno di pari passo: compiti cognitivi e competenza linguistica si pongono come ostacoli da superare insieme. Gli insegnanti si devono quindi porre nella fase iniziale come facilitatori di apprendimento delle diverse discipline e rivedere la programmazione sulla base dei bisogni di ciascuno.

· Prima e durante la scuola: attività di preparazione e di aiuto allo studio
Lo sforzo che devono compiere i bambini e i ragazzi stranieri per imparare la nuova lingua e per poter seguire gli apprendimenti comuni è notevole e richiede grande impegno, tenacia, fiducia in se stessi. E' un cammino che deve essere percorso in solitudine, dato che raramente i genitori e i famigliari sono in grado di sostenere il bambino nel suo percorso di studio. Risorse aggiuntive che integrano e sostengono le fatiche individuali e il lavoro della scuola possono allora venire dal territorio, dagli enti locali, dalle iniziative promosse da associazioni e volontariato. Preparare l'inserimento scolastico dei bambini neoarrivati organizzando attività di pre-scuola, centri estivi che integrino le iniziative ludiche con momenti di apprendimento della nuova lingua, settimane per 1'accoglienza e moduli intensivi di italiano L2 a settembre: sono alcuni degli interventi sperimentati con buoni risultati in alcune città italiane.

· Tra scuola e famiglia: sostenere la relazione con i genitori immigrati
La continuità educativa tra la scuola e la famiglia, la partecipazione dei genitori ai progetti e alle attività della scuola sono due capisaldi pedagogici largamente diffusi e condivisi. Quando però la famiglia appartiene ad un'altra lingua e cultura e la sua immigrazione è piuttosto recente, le difficoltà linguistiche e comunicative sembrano ostacoli che limitano la relazione e lo scambio. E inoltre una parte delle famiglie straniere non ha fatto proprio -- per la storia scolastica di allievo o di genitore vissuta nel paese d'origine - il comportamento di prossimità e dialogo nei confronti degli insegnanti che qui si ritiene positivo e auspicabile. I due spazi educativi, nella concezione più diffusa modellata sulla propria esperienza precedente, procedono paralleli, senza interferenze e senza frequenti scambi, alleati nel comune progetto di trasmettere saperi, comportamenti, valori e riferimenti. La situazione di "assenza e di delega" che una parte degli insegnanti attribuiscono alle famiglie immigrate può essere spiegata attraverso motivi differenti: di tipo pratico, dovuto agli orari di lavoro, alle difficoltà a muoversi; di tipo linguistico e comunicativo; di tipo culturale, legato a una concezione della scuola che non interroga la famiglia per costruire un progetto condiviso, ma che procede nel suo agire educativo, mantenendo distanze e prestigio. Naturalmente il tempo e i contatti modificano gli atteggiamenti e i comportamenti di delega/distanza si indirizzano verso forme di collaborazione sempre più strette. Perché ciò avvenga la scuola deve riconoscere i genitori stranieri come partner educativi a tutti gli effetti, coinvolgendoli quanto più possibile nelle scelte, nelle piccole e grandi decisioni, nell'espressione delle loro aspettative e dei loro timori.


· Lingue e culture a scuola. Riconoscimento e valonizzazione delle lingue

Una gran parte dei bambini e dei ragazzi stranieri conosce e pratica quotidianamente un'altra lingua, a casa e con i connazionali. La situazione di bilinguismo è la più diffusa fra i figli degli immigrati ed è variegata: accanto all'italiano trovano posto le parole orali o anche scritte, di un'altra lingua nazionale, oppure di un dialetto, o di entrambe. Continuare a praticare e a sviluppare il codice linguistico affettivo e famigliare e nel contempo proseguire nell'apprendimento dell'italiano rappresenta la condizione positiva di un bilinguismo coordinato o aggiuntivo che prevede nuove acquisizioni e arricchimenti senza perdite e rotture di legami affettivi importanti. Quale è la biografia linguistica dell'alunno inserito nella classe?
Quale/i lingua/e conosce e pratica, in quale scrittura e alfabeto ha imparato a scrivere e a leggere? Si possono valorizzare le competenze linguistiche degli alunni stranieri in vario modo:
- presentando alla classe parole in altri alfabeti e scritture;
- raccogliendo poesie, filastrocche, canzoni e fiabe in varie lingue;
- mettendo a disposizione di tutti testi di tipo narrativo bilingue;
- utilizzando e elaborando vocabolari tematici illustrati in varie lingue;
- lavorando sui prestiti linguistici da una lingua all'altra: dall'italiano alle altre lingue, ma anche dall'arabo all'italiano;
- riflettendo sulla diffusione delle lingue nel mondo e sulla loro storia (il cinese nazionale è al primo posto nella graduatoria con circa un miliardo e cento milioni di parlanti; l'arabo è al sesto posto con 256 milioni; l'italiano al 23° con 62 milioni di parlanti).


· Sostenere il progetto formativo dopo l'obbligo scolastico

Gli studi condotti in paesi diversi sui percorsi scolastici dei figli degli immigrati (anche degli italiani all'estero) evidenziano il rischio per la cosiddetta "seconda generazione" di una collocazione ai margini, sia per abbandono della scuola dell'obbligo, sia per un inserimento nei corsi di studio superiore meno esigenti sul piano della durata e del curricolo. Così vi è una sovrarappresentazione nella istruzione professionale e una presenza ridotta nei licei e nella formazione tecnica. Per la situazione italiana l'inserimento dei ragazzi immigrati nella scuola superiore è un fatto recente e non vi sono ancora dati in proposito. E' tuttavia necessario definire con maggiori informazioni e strumenti le possibili collocazioni degli ultraquindicenni neoarrivati, Per questi le soluzioni possibili sono:- nei corsi dell'istruzione per gli adulti e i giovani (i CTP)
- nella formazione professionale
- nella scuola superiore (quale?).
Servono strumenti e occasioni per orientare e definire un progetto condiviso, consapevoli del fatto che nell'adolescenza la formazione, così come l'apprendimento della nuova lingua, devono essere sostenuti dal desiderio e dalla motivazione, e non solo dalla necessità (come può essere per un adulto) o dagli aspetti ludici e relazionali, come per un bambino.

· Le forme di tutela nelle situazioni di vulnerabilità
La migrazione dei bambini e dei ragazzi è un'occasione e una chance, ma comporta sempre una fatica. Il bambino che viene da lontano vive una situazione iniziale di disorientaniento spaziale, temporale, percettivo e di sradicaniento dagli affetti, dagli amici, dalla protezione del luogo conosciuto e familiare. Vive anche una sorta di regressione rispetto alle competenze e ai saperi acquisiti: qui essi non sembrano avere valore e il suo arrivo è spesso considerato come un problema da risolvere, un problema di cui ha la maggior parte della colpa. Il bambino straniero non si riconosce più nella sua storia poiché nessuno la conosce e nessuno lo riconosce nella sua lingua, identità, paure e desideri. Vi possono essere atteggiamenti di apatia, chiusura, autoesclusione, silenzio (non il silenzio di attesa perché si sta imparando la nuova lingua, ma il silenzio "vuoto" di progetto e di aspettative). Altre volte le reazioni sono di aggressività, insofferenza, rifiuto delle regole e del contesto di accoglienza. Segnali ai quali prestare grande attenzione e da decodificare per interrogarsi sul clima dell'accoglienza, sulla qualità delle relazioni in classe, sulle forme velate e quotidiane del rifiuto e della chiusura.

· Educare alla comprensione e all'intercultura
Abbiamo visto nove attenzioni pedagogiche, didattiche organizzative che la scuola multiculturale deve fare proprie per costruire un progetto di integrazione. Attenzioni indirizzate in particolare ad accogliere i bambini e i ragazzi che vengono da lontano. Ma una scuola non sarà mai il luogo privilegiato dello scambio tra storie e culture se non sarà in grado di educare tutti - grandi, bambini, docenti, genitori - alla comprensione reciproca e allo scambio interculturale. Comprensione che non significa accettazione acritica dell'altro o tolleranza distante e muta, ma la capacità di costruire un progetto educativo condiviso e accettato da tutti, un orizzonte comune a partire da storie e radici differenti.

Riferimenti bibliografici
- Centro COME - Provveditorato agli Studi di Milano, (1998) Tutti a scuola. Vademecum per l'inserimento degli alunni stranieri nella scuola dell'obbligo, Milano, cicl.
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- D. Demetrio, G.Favaro (2002), Didattica interculturale, Angeli, Milano
- G. Favaro (1998), Bambine e bambini di qui e d'altrove, Guerini. Milano
- G. Favaro (a cura di), (1999), imparare l'italiano. Imparare in italiano. Guerini, Milano
- G. Favaro (2000), Il mondo in classe, Nicola Milano, Bologna
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- ISMU/Direzione Scolastica Regionale della Lombardia (2000), Insieme a scuola, Quaderno ISMU n° 2.
- Ministero della Pubblica Istruzione, Esperienza e formazione dei docenti nella scuola multiculturale (1999). Agenzia per la scuola / EDS -Luiss
- Ministero della Pubblica Istruzione (settembre 2000), Le trasformazioni della scuola nella società multiculturale, Agenzia per la scuola / EDS Luiss, Roma
- Ministero della Pubblica Istruzione (ottobre 2000). Alunni con cittadinanza non italiana, Agenzia per la scuola / EDS - Luiss, Roma