La denuncia di Amnesty: «Un miliardo di donne vittime della violenza»
di Cinzia Zambrano


Uccide più del cancro. Fa più vittime di quelle registrate negli incidenti automobilistici. Provoca danni fisici e psicologici quasi sempre irreversibili. È la violenza sulle donne, una malattia grave, spesso taciuta ma diffusissima, che si manifesta sotto varie forme, che divora il cuore di ogni società, facendosi beffa di qualsiasi passaporto di «civiltà». Un morbo incontrollato che colpisce chiunque, a qualsiasi età, ricche o povere, colte o analfabete. Che si sposta dalle aree di conflitto a quelle di pace, dai paesi con deficit democratico a quelli cosiddetti «progrediti», dai campi di battaglia alle camere da letto. A «soffrirne» almeno un miliardo di donne nel mondo -in pratica una su tre-, picchiate, stuprate, mutilate, assassinate. Quasi sempre per mano del marito, del fidanzato, di un familiare o di un amico.

Una violenza consumata dietro le porte domestiche, che, secondo il Consiglio d'Europa, per le donne tra i 16 e i 44 anni rappresenta la principale causa di morte e di invalidità. Più del tumore. Più degli incidenti stradali. Sono solo alcuni dei dati snocciolati ieri da Amnesty International nel lanciare da Londra, - ma in contemporanea anche in altre capitali, come
Roma- la campagna internazionale contro la violenza sulle donne a due giorni dall'8 marzo, la giornata mondiale della donna. «È il peggior scandalo dei nostri tempi», ha denunciato Irene Khan, segretaria generale di Amnesty, presentando il rapporto «Mai più! Fermiamo la violenza sulle donne», un documento-condanna contro le «oltraggiose» violazioni che si consumano «non solo altrove, ma qui, intorno a noi», magari nella casa accanto, tra le nostre amiche. L'organizzazione punta il dito contro «gli Stati, la società e le famiglie»: 79 paesi, tra cui la Russia dove solo nel '99 sono state uccise da partner o familiari ben 14mila donne, non hanno una legge che protegga dalle violenze domestiche e ben 54 hanno leggi che discriminano il gentil sesso. Un dato, il secondo, ancora più allarmante, perché -secondo Ai- è proprio il concetto di discriminazione alla radice della violenza sulla donna, in base al quale ogni forma di maltrattamento verso il genere femminile diventa lecito. Sia all'interno della famiglia, sia all'interno di comunità. Per non parlare dei sistemi di giustizia religiosa tribale, dove la violenza prosegue senza ostacoli.

I numeri sono lo specchio di una situazione inquietante. Nel mondo una donna su cinque è destinata a essere violentata o a subire un tentativo di violenza. Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità almeno il 70% delle donne vittime di omicidio sono state uccise dai propri partner. Ogni anno nel pianeta si registrano 60mila «crimini d'onore». Scendiamo nel particolare:
in Zambia ogni settimana cinque donne sono assassinate dal partner o da un amico di famiglia mentre in Sudafrica ogni 23 secondi una donna viene stuprata. In India nel 1998, 6000 donne sono state bruciate per questioni di dote. In Iraq, -stando alle denunce della Lega delle donne irachene- tra aprile e agosto 2003 più di 400 donne sono state rapite, stuprate e vendute. Il problema riguarda anche l'Occidente: negli Usa una donna viene picchiata ogni 15 secondi e ogni 90 viene violentata. Nel solo 2001, oltreoceano si sono registrati 700mila casi di violenza all'interno delle mura domestiche.


Al di qua dell'Atlantico: in Francia ogni anno sono 25mila le donne stuprate. In Gran Bretagna, dove tra il '97 e il '98 si sono verificati più di 2000 casi di violenza fisica ai danni delle collaboratrici domestiche, i servizi di pronto soccorso ricevono almeno una telefonata al minuto per violenza in abito domestico. Nel rapporto si parla anche di mutilazioni genitali femminili: secondo l'Onu nel mondo sono 120 milioni le donne che le hanno subite, e ogni anno si registrano altri 2 milioni di casi.
Sotto la lente d'ingrandimento anche l'Italia. Stando ai dati Istat del '99, 714mila donne tra i 14 e i 59 anni hanno dichiarato di aver subito uno stupro o un tentato stupro nel corso della loro vita. Dati, quelli elencati, tutti stimati per difetto, perché le violenze spesso restano «nascoste», si perdono nelle pieghe del quotidiano perché il più delle volte una donna ha vergogna oppure paura di denunciarle. «Finché tutti noi, uomini e donne, non diremo 'no', le cose non cambieranno», ha avvertito la Khan, facendo appello ai governi nel garantire un'azione efficace per fermare la violenza sulle donne. Per questo Ai ha chiesto «l'abolizione delle leggi discriminatorie nei confronti delle donne e l'adozione o l'applicazione di leggi efficaci e di altre misure per proteggere le donne dalla violenza». A Londra, al fianco della Khan c'era anche Patrick Stewart, il capitano Picard di Star Trek, che ha raccontato, di quando da bambino assisteva alle violenza di suo padre contro sua madre. C'era anche Eve Ensler, sceneggiatrice diventata famosa per «I Monologhi della Vagina», che ha parlato delle «Vagina Warriors», le guerriere della vagina, che si battono in giro per il mondo per i diritti delle donne.