RIFLESSIONE. ROBERTA RONCONI INTERVISTA DEEPA METHA
Dal quotidiano "Liberazione". Deepa Metha, regista indiana, canadese d'adozione, è autrice di film di straordinario impegno morale e civile. Estratto dell'articolo.

Gli estremisti indù l'hanno più volte minacciata di morte. Ma la regista indiana ce l'ha fatta lo stesso a completare il suo ultimo film "Water".
Bal Thakeray, leader di uno dei gruppi fondamentalisti indù di estrema destra più potenti dell'India, lo Shiv Sena, di lei ha detto: "è la persona che odio di più al mondo". E ha tentato in tutti i modi di dimostrarglielo. Oggetto di tanto astio è la regista indiana, ma da venti anni residente a Toronto, Deepa Metha, che con la sua trilogia di Fire, Earth e Water (Fuoco, Terra, Acqua), si è permessa di mettere il dito nelle piaghe e soprattutto nelle contraddizioni della società indiana. In Water (i cui lavori, a causa delle manifestazioni e delle minacce degli estremisti indù sono stati rimandati per cinque anni), Metha si è addirittura permessa di toccare la sacra immagine della vedova rinchiusa nell'ashram. Ovvero, tradotto nella realtà, la vita di milioni di donne indiane, spesso spose bambine che, fino alla fine degli anni Trenta, alla morte del marito impostogli dalla famiglia avevano tre scelte: bruciare sul rogo assieme all'"amato", chiudersi in un ashram e vivere di prostituzione ed elemosine o sposare il fratello minore del defunto, se questo aveva un fratello.
Water ha una collocazione storica. Si svolge infatti nel 1938, dieci anni prima dell'uccisione, da parte di un fanatico indù, del Mahatma Gandhi. Ma gli ashram per le vedove esistono ancora. In India, come una didascalia indica alla fine del film, nel 2001 sono state censite 34 milioni di vedove. Quasi la metà di queste vivono ancora negli ashram, in condizioni di totale degrado, e secondo regole stabilite da leggi religiose duemila anni fa.
 

- Roberta Ronconi: Deepa Metha, il suo cinema, al contrario di quello che di solito vediamo arrivare dall'India, non ha nulla dell'intrattenimento. Lei piuttosto mette il dito nelle piaghe più profonde della sua società...
- Deepa Metha: Non ho nulla contro il cinema di Bollywood, anzi spesso mi diverte. Ma non ha niente a che vedere con me. Io faccio cinema per capire, per interrogarmi, per studiare e cercare delle risposte. Water non è un film solo sulla condizione delle donne in India, ma soprattutto sulla marginalizzazione, sulla ricerca dei motivi religiosi, politici, sociali, che spingono l'essere umano ad escludere, a schiacciare, un altro essere umano. E i motivi religiosi, ultimamente, attraverso i fondamentalismi, stanno riprendendo un temibile vigore.

- Roberta Ronconi: Quali crede siano i motivi di questa rinascita degli estremismi religiosi?
- Deepa Metha: Sicuramente economici e, di conseguenza, politici. Guardiamo cosa è successo con la guerra degli Usa in Iraq. Hanno inoltre tentato di farci credere che il fondamentalismo religioso fosse solo quello islamico, ma esiste il fondamentalismo cattolico e, come si evince dal mio film per chi già non lo avesse saputo, un fondamentalismo indù. Il fatto è che le religioni sono lo strumento più facile ed immediato per far muovere enormi masse umane in modo irrazionale.

- Roberta Ronconi: In che modo i fondamentalisti indù  hanno tentato di fermare il suo film, e perché, se riesce a sintetizzarci i motivi?
- Deepa Metha: Due giorni prima dell'inizio delle riprese a Benares, lungo il Gange, un gruppo di estremisti ha imbastito una manifestazione e ha dato fuoco alle scenografie ricostruite lungo il fiume. Il giorno dopo, il governo federale ci ha fatto proteggere da trecento militari, ma le condizioni per girare erano saltate. Abbiamo dovuto rifare tutto da capo, trasferendoci dopo quattro anni nello Shri Lanka. Ho ricevuto anche molte minacce e attentati, ma ora sembra si siano calmati. Vediamo cosa succederà all'uscita del film in India. I motivi? Una questione di immagine. Gli estremisti indù volevano riconfermare il loro status, religioso e politico, di unici detentori del vero spirito induista.

- Roberta Ronconi: Perché un film proprio sulle vedove degli ashram? Da cosa ha preso spunto?
- Deepa Metha: Da un'immagine, come mi capita spesso con i miei film. Da un momento della mia vita risalente a dieci anni fa, quando vidi una vedova a Varanasi accucciata sui gradini del fiume. Aveva la bocca sdentata e piangeva disperatamente allungando le mani nell'acqua. Stava cercando qualcosa. Ho capito dopo che si trattava dell'unico paio di occhiali, scivolati nel fiume. L'unico bene che aveva al mondo, senza il quale era praticamente cieca.

- Roberta Ronconi: Molti spettatori potrebbero esorcizzare il suo film e le tematiche che propone pensando che ciò che vedono sullo schermo, nel loro paese non accade...
- Deepa Metha: Già, per questo insisto nel dire che il tema del film non è la condizione della donna, ma degli emarginati. Cose simili accadono agli anziani negli Usa, agli aborigeni in Australia, agli indiani nativi in Canada. Ovunque la religione, come la politica, viene usata come mezzo di discriminazione. Il conflitto interiore tra fede e coscienza era quello che più mi interessava mettere in luce e analizzare con Water. Farmi domande e cercare delle risposte è il motore interiore che mi spinge a fare dei film.

- Roberta Ronconi: E allora, che risposta è riuscita a darsi di tanto accanimento, tanta violenza contro le donne, nel suo paese come ovunque?
- Deepa Metha: Nel film viene posta la stessa domanda. E la risposta è tanto semplice da sembrare persino banale: "le donne spesso vengono discriminate nelle famiglie per risparmiare, per avere una bocca in meno da sfamare e più spazio in cui vivere per chi resta". Una ragione economica, dunque. E' atroce, ma credo si avvicini alla realtà.

- Roberta Ronconi: Che effetto le fa essere stata candidata agli Oscar come "canadese"?
- Deepa Metha: Magnifico. Ne sono felicissima. Mi sento tanto canadese quanto indiana. Ognuno di noi dovrebbe potersi sentire cittadino del paese da cui è ospitato o in cui vive. Dovrebbero esistere dei turchi tedeschi, degli italiani australiani o degli indiani canadesi, come me. Il Canada, inoltre, sta diventando davvero la terra del multiculturalismo. In Canada ognuno di noi può vivere, parlare e vestirsi come vuole. Non come negli Stati Uniti dove per diventare americano si deve rinunciare alla propria identità.

- Roberta Ronconi: Dopo Water, che segue a Fire e Earth, film altrettanto impegnati, si prenderà una pausa, magari passando a girare qualcosa di più tranquillo?
- Deepa Metha: No, al contrario, sto realizzando un documentario sulle violenze domestiche nelle famiglie degli immigrati in Canada. Anche in questo caso, tutto è iniziato con una piccola notizia letta sul giornale. Ho cominciato a studiare e ad investigare e ho scoperto cose mostruose. Una realtà inimmaginabile, che coinvolge ovviamente non solo il Canada.
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- Roberta Ronconi: Lei è una donna impegnata anche fuori dal set?
- Deepa Metha: No. Sono contenta di partecipare politicamente al confronto sociale, ma credo che farlo attraverso il mio lavoro sia sufficiente. Per il resto, mi occupo di mia figlia che ha 24 anni ed è antropologa, e delle altre cose della vita.