Le mamme straniere e le scuole dei figli: aspettative e paure

Le mamme

Le mamme dei bambini/ragazzi stranieri vedono la scuola come una grande occasione per i loro figli. Sanno che da lì passa l'opportunità di un futuro di riscatto sociale e di integrazione nel loro nuovo paese. É già un po' loro l'Italia e l'inserimento a scuola dei figli la rende più vicina e amichevole e li sollecita ad una revisione, forse ancora non ben chiara, del progetto migratorio.

Ma succede anche altro. La madre vede crescere il figlio che impara una nuova lingua a lei estranea, e impara con questa lingua cose nuove in modi nuovi. Lei non può aiutarlo rimanendo esclusa da questo processo di maturazione del figlio e nasce così una sorta di separatezza che rischia di escluderla dalla sua vita.

Questo processo, ovviamente, non è innocuo né indolore. Non è facile sentirsi dire dal figlio "Non venire a scuola, tanto non capisci quello che dicono gli insegnanti; non voglio che gli altri ti sentano parlare in albanese; non voglio che i miei compagni ti vedano col velo..."

I linguisti, infatti, ci dicono che la lingua non è solo un modo di chiamare le cose, ma che la lingua riflette e interpreta la realtà attraverso processi di categorizzazione e di elaborazione anche simbolica del tempo, dello spazio e poi anche di concetti, di valori e infine di atteggiamenti. Questo è quello che viene definito codice linguistico (e ci spiega anche perché un mediatore culturale è qualcosa di più di un semplice interprete).

La madre sente il figlio, tra ammirazione e paura allontanarsi da lei. La lingua materna, limitata adesso nell'ambiente di casa, sembra svalutarsi. Non è moneta corrente e anche lei deve rivolgersi al figlio per farsi aiutare dal medico, in farmacia, nell'ufficio anagrafe...

La scuola assume allora, per la madre, la doppia valenza di ammirazione e rispetto da una parte, ma anche di paura e preoccupazione dall'altra.

Se a ciò aggiungiamo la solitudine e i vuoti affettivi a cui spesso le donne immigrate sono soggette (pensiamo alle casalinghe che hanno scarsi scambi con l'esterno o alle badanti) ecco che questo “allontanamento” del figlio può assumere i caratteri dell'angoscia.


La scuola

Dall'altra parte ci siamo noi, la scuola, che sta sperimentando, in forme sempre più consolidate, le varie problematiche insite nella presenza sempre più numerosa di alunni non italiani. Il rapporto con i genitori di questi alunni non è stato facile in questi anni, un po' per la lingua, un po' per la collocazione simbolica che le diverse culture assegnano alla scuola stessa. Stiamo anche constatando che a volte (sempre più spesso, specie nelle scuole superiori) la situazione ci sfugge di mano e allievi, che sembravano ben inseriti, dopo un po' diventano introversi o ribelli e, demotivati, si assentano dalla scuola per poi abbandonarla definitivamente.

Il fatto che i rapporti con i genitori siano molto labili, non favorisce il recupero di situazioni a rischio che diventeranno così croniche.

Mettendo insieme queste due situazioni, la madre timorosa da una parte e la scuola impotente dall'altra, è possibile individuare un percorso di riconoscimento reciproco che avrà il vantaggio di rassicurare le parti e giovare al minore che vede coinvolti i suoi adulti significativi in un progetto unitario.

Ciò lo renderà più sicuro della sua identità, ammorbidirà i contrasti che le due culture inevitabilmente innescano e affronterà con più serenità i passaggi integrativi. Si sentirà certo anche più controllato dalla loro “complicità” e non potrà giocare sul fatto (piuttosto frequente) che “tanto, genitori e insegnanti non si capiscono e non si parlano, quindi posso evitarmi qualche fardello”.

Il progetto che qualche scuola ha avviato e che, come buona prassi andrebbe diffuso è quello di organizzare degli incontri a scuola destinati ai genitori per renderla meno estranea e più conosciuta, per capirla e continuare così ad essere presenti e compartecipi dello sviluppo formativo dei figli.

Meglio ancora, alcune scuole hanno organizzato (con la collaborazione degli enti locali e/o con i CTP) corsi di lingua italiana per le mamme. Accolti con successo, questi corsi, sono diventati centri di aggregazione forte, di scambi, di auto-mutuo aiuto, per poter dire e raccontarsi, per sentirsi valorizzate e meno sole, per superare sordità e mutismo. Hanno potuto conoscere in questi corsi anche i servizi sociali che il territorio offre, dai Consultori familiari agli sportelli per gli immigrati, dagli uffici del lavoro alle biblioteche interculturali.

Per rendere più facile e vincente questo progetto è ovviamente indispensabile la presenza dei mediatori culturali, che sapranno trovare le parole e gli argomenti giusti per rimuovere diffidenze e incomprensioni.

Danilo Dolci in un distico di molti anni fa scrisse:
“Non sprechiamo il miracolo
del nostro incontro”

Per risolvere il rapporto con il futuro è necessaria la contaminazione tra le culture: se troveremo la chiave giusta ci accorgeremo di trovarci di fronte al fenomeno più affascinante della vita: l'incontro.

Abbiamo a disposizione un arcobaleno, non riduciamolo ad un unico, insulso raggio di luce.