PSICHIATRIA TRANSCULTURALE


Alfredo Ancora ha scritto "I costruttori di trappole del vento" (Franco Angeli) e spiega che così vengono chiamati in Cina gli operatori della salute mentale che cercano di imbrigliare la sofferenza psichica, per sua natura sfuggente come il vento. Il libro offre un percorso di formazione con illustrazione di casi clinici con quanti si trovano a contatto con fenomeni psicopatologici nei quali l'inferenza culturale è sempre più presente e pregnante.

L'autore sostiene che lui fa psichiatria transculturale e non etnopsichiatria, perchè - dice - quell'etno potrebbe far intendere che ci si trova di fronte a qualcosa di statico e definito. Invece il mondo che ci circonda cambia continuamente e così la mente di quanti si trovano a vivere situazioni diverse. Il termine quindi non si riferisce solo al cittadino straniero, ma è un abito mentale nei confronti del fenomeno da osservare. La psiche di un trentenne ghanese è diversa se vive nel suo paese o se lavora e vive da 10/15 anni a Milano: in questo secondo caso essa attuerà dei continui aggiustamenti per far coincidere i due mondi. Se bisognerà intervenire è quindi necessario conoscere certamente il substrato culturale di partenza (anche questo del resto in continua evoluzione), ma non ci si può fermare a quello. Nella migrazione infatti si modificano le strutture mentali e comportamentali e anche all'interno della famiglia possono modificarsi ruoli e gerarchie con atteggiamenti di irrigidimento o di cedimento o ancora di flessibilità.

In alcuni Paesi la scienza e la tradizione si alleano, non sono antitetiche. Le culture che si sono affacciate nel nostro panorama, possono dare anche da noi degli apporti vitali anche nel mondo della salute mentale.

Michele Russo in "Sortilegio e delirio" descrisse i disturbi psichici degli italiani emigrati in Svizzera. Qui, quando uno "dava di matto", non ci si rivolgeva alla sanità pubblica, ma a qualche personaggio riconosciuto dalla propria comunità come carismatico e capace di togliere "il male". Piuttosto che emarginare "il malato" attraverso la psichiatria era la comunità di appartenenza che se ne faceva carico. E ricordiamo che ancora oggi l'80% della popolazione mondiale, in caso di bisogno, non si rivolge allo psichiatra, ma ai marabù, ai "guarisseur", agli sciamani, all'uomo della medicina,

Nel termine transculturale vi è quindi il senso della trasformazione, del passare attraverso, dell'attraversare le culture altre. E in questo passaggio certamente qualcosa si perde, ma qualcosa anche di nuovo si acquisisce. Una mediatrice culturale camerunense dice: "Ci sono cose troppo difficili, che non posso tradurre. Per esempio il silenzio, da noi è una categoria, per voi è una mancanza di comunicazione". Ma anche da noi, a pensarci bene, è sempre così?

Si ripescano così concetti antichi e moderni, infatti lo sciamano della Mongolia e Basaglia concordano sul fatto che da curare non è la malattia, ma la persona, nella sua interezza con le sue credenze, i suoi rituali, la sua visione del mondo e della malattia stessa.