Famiglie straniere e minori adolescenti: Essere genitori di figli adolescenti è già una bella impresa normalmente; esserlo nella situazione migratoria lo è molto di più. Le famiglie immigrate si trovano di fronte alla necessità di ridefinire la loro identità. Il lavoro spesso precario, i conflitti nei contesti abitativi, le crisi coniugali e generazionali sono amplificate dall'essere isolati dal contesto parentale e in una società di cui spesso non si comprendono i criteri e i valori. Un genitore marocchino si lamenta: "E a noi chi ci pensa? Non immaginate le difficoltà che viviamo in famiglia e i conflitti familiari che dobbiamo quotidianamente affrontare..." Nella migrazione i ruoli familiari cambiano e in certi casi addirittura si invertono: sono i figli che guidano e accompagnano i genitori nel territorio e nei servizi. Nascono grosse incertezze identitarie e i ragazzi, anch'essi sospesi tra due mondi, cercano una propria via, a volte sfruttando opportunisticamente le crepe e le distanze che si vengono a creare. La distanza tra le indicazioni dell' autorità paterna e l'interpretazione che i figli hanno della "libertà", spesso origina conflitti. Se poi, come succede a volte, i padri, nelle peregrinazioni migratorie, sono per i figli degli sconosciuti, l'autorevolezza si indebolisce ulteriormente. Si creano così le condizioni perché i genitori (soprattutto i padri) si irrigidiscano e pratichino una radicalizzazione delle "regole" per non perdere il controllo dei figli. Un irrigidimento che magari non sarebbe così pressante e radicale in patria, laddove non è necessario ribadire l'autorità genitoriale, ma è il contesto stesso che crea regole implicite e condivise. Genitori tolleranti nel paese d'origine, possono diventare inflessibili nella migrazione. Un ragazzino cinese racconta: " Da quando sono qui, mi sembra di essere tornato indietro. I miei non mi lasciano uscire da solo, mentre in Cina andavo dove volevo, anche di sera." A volte i figli si vergognano dei propri genitori (dei loro vestiti, della loro incapacità ad esprimersi in italiano,...) e non li vogliono a scuola, agli incontri collegiali. Questo imbarazzo non sfugge ai genitori, con immaginabili dispiaceri e recriminazioni. Capita ancora che questi ragazzi, per assomigliare il più possibile ai coetanei, ne adottino le abitudini più appariscenti e le portino all'eccesso: un certo linguaggio, i vestiti, il consumo, creando ulteriori fratture familiari. Anche l'inserimento scolastico è vissuto dai
genitori con ambivalenza: investono nel successo
formativo come occasione di integrazione e di
emancipazione sociale, ma contemporaneamente
temono una totale assimilazione culturale dei
propri figli da parte del nuovo mondo. |