Il bambino straniero, la famiglia, la scuola, il mediatore

Bambino straniero, la sua famiglia, la scuola: tre entità in crisi, tre universi sociali che ruotano spesso su stessi, ma in cerca di orbite comuni. La famiglia, timorosa e diffidente, ma anche carica di attese. La scuola, preoccupata di non saper fare o di dover fare troppo, ma anche capace di mettersi in crisi e di pensare "altro" e di pensare "oltre". Il bambino, soggetto fragile che assorbe ansie e timori degli adulti, si trova in bilico tra questi due mondi diversamente e fortemente esigenti.

Il bambino entrando a scuola impara una nuova lingua e imparare una nuova lingua vuol dire anche imparare un altro modo di pensare il mondo e di agirlo. E tutto ciò lo allontana da genitori che non possono aiutarlo, che non sanno essere esempi per lui. Deve apprendere riferimenti, regole, modi di fare che per gli altri bambini sono scontati e normali, ma che lui segue per imitazione e a volte senza capire o in contrasto con le regole del "suo mondo".

L'insegnante si trova ad affrontare problemi comunicativi nuovi, a dover rendere esplicite regole che "prima" si davano per sottintese e condivise, a trattare con genitori che hanno della scuola immagini diverse.

La famiglia sente di perdere il suo ruolo genitoriale, è impotente di fronte alle difficoltà scolastiche del figlio, è priva delle parole necessarie per esprimere aspettative, domande, bisogni, e allora prova per la scuola, nello stesso tempo, diffidenza e fiducia.

E' improbabile che diano buoni risultati i bambini i cui genitori parlano male della scuola e della società ospitante e che vengono a loro volta svalorizzati dalla scuola ("Non sanno parlare l'italiano", "Non sanno niente", "Non vengono mai agli incontri",...). Questi bambini, in crisi di lealtà, probabilmente "sceglieranno" il mondo familiare, vivendola come imposizione, non si adatteranno alla scuola. Nei casi più sofferti rifiuteranno anche di imparare l'italiano.

Stranamente questi tre mondi in crisi possono risolvere i loro problemi mettendoli insieme e mettendosi insieme. E la figura del mediatore culturale diventa indispensabile e dà il senso più profondo del suo operare proprio in questo incontro.
E' necessario stabilire un rapporto di fiducia e dialogo tra genitori e insegnanti, è necessario negoziare con loro in un rapporto paritetico i rispettivi ruoli in modo chiaro. I genitori spesso vengono da realtà in cui questo dialogo non è necessario, dove la scuola ha una delega in bianco riconosciuta dal contesto sociale. Questo situazione non c'è più e i figli non si sentono condizionati a rispettare le regole della nuova scuola, ammenoché la famiglia non intervenga ricostruendo "il contesto" e restituendo alla scuola un ruolo formativo.

E' indispensabile che i bambini sappiano che la scuola ha una titolarità educativa e un mandato chiaro, riconosciuto dai loro genitori. Solo così gli interventi educativi e didattici potranno essere accolti.

In conclusione, va ribadita la necessità di trovare spazi condivisi, momenti di incontro per accogliere domande e dubbi, stabilire dialoghi, interrogare e interrogarsi su comportamenti, regole e metodi. Incontri in cui esprimere rispetto e riconoscimento reciproco, prima di confrontarsi su idee e valori. 

E' un passaggio, questo, fondamentale per prevenire malintesi e possibili conflitti e per stabilire un'alleanza indispensabile all'integrazione.