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1) La prevenzione

La prevenzione, in medicina, è definita come un’attività finalizzata a prevenire l’insorgenza delle malattie e a promuovere la salute, favorendo il benessere.

Fondamentalmente si distinguono tre tipi di prevenzione: primaria, secondaria e terziaria.

La primaria comporta una prevenzione a livello eziologico e mira principalmente ad impedire l’ingresso e l’impianto delle cause patogene nell’organismo, con ciò evitando la comparsa di malattie, deficit ed infortuni.

Tale prevenzione opera sull’uomo sano o sull’ambiente, attraverso due tipi di interventi:

- il potenziamento di fattori utili alla salute (es.: attività fisica, profilassi immunitaria)

- l’allontanamento delle cause patogene (es.: droghe, abuso di alcool, risanamento delle acque).

Quando la causa morbosa si è già insediata nell’organismo si interviene con la secondaria, che implica una prevenzione a livello patogenetico.

Armi operative della prevenzione secondaria sono i programmi di screening, indagini che si basano su tests diagnostici offerti ad una popolazione di individui.

Si tratta di sistematiche ricerche che consentono di fermare o rallentare la progressione della malattia, grazie a diagnosi precoci fatte ad individui tempestivamente identificati attraverso un’accurata selezione.

Un programma di screening è condotto con mezzi clinici, strumentali e di laboratorio, e si propone di identificare una malattia in fase preclinica.

Con esso si selezionano da un vasto gruppo di individui apparentemente sani, quelli affetti da una specifica patologia, e ciò per sottoporli ad un trattamento terapeutico precoce.

Normalmente è avviato dalle autorità sanitarie.

Una prevenzione secondaria è efficace se è capace di incidere sulla storia naturale della malattia nell’ambito di una popolazione, andando oltre i vantaggi di cui beneficia il singolo individuo grazie alla diagnosi precoce.

Tutti i programmi di screening sono capaci di fare della prevenzione secondaria, ma solo pochi sono efficaci.

Un programma di screening di prima attivazione, prevede, fra l’altro, che si analizzi se la prevenzione secondaria che esso stesso consente, è efficace, e cioè se migliora il decorso e l'esito della patologia in un significativo numero di individui.

L'efficacia, nello specifico, è legata ad una risoluta diminuzione della mortalità nella popolazione sottoposta a screening.

Solo i programmi di screening a efficacia comprovata da gruppi di ricerca possono essere portati avanti in modo indefinito e/o praticati altrove, eventualmente anche senza un livello di organizzazione collettivo e senza una forma centrale di organizzazione e di controllo.

Si parla, in tale ultima evenienza, di screening opportunistico.

Con esso, persone asintomatiche, spontaneamente e periodicamente, si sottopongono al test di screening, con ciò avendo delle ottime ed accertate possibilità di avvantaggiarsi da una eventuale diagnosi precoce (vedi tabella 1).

Qualora la malattia si sia chiaramente manifestata, si opera con la prevenzione terziaria, ovvero con interventi che evitano la progressione verso l’infermità.

A tal fine si tenta di recuperare le funzioni residue e se non è possibile, si provvede a preservarle.

Nello specifico si eseguono esami clinici e terapie del protocollo migliore.



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