ATENE OLIMPIADI 2004 - CANOA SLALOM


Devo dire che le cose erano iniziate proprio male: al check-in per il volo verso Atene ci segnalavano che – nonostante i nostri biglietti fossero stati fatti almeno un mese prima – non c’era posto volo a causa del malvezzo dell’over-booking praticato dalla totalità delle compagnie aeree: chi prima era arrivato…

Dopo la sfuriata di Cirini, abbiamo atteso che terminassero le operazioni di controllo per i passeggeri che – viaggiando con un tour operator – avevano già confermato la loro partenza.

Questa è da imparare: non basta la prenotazione e l’acquisto del biglietto, è meglio confermare la propria partenza. Alla fine, quando oramai pensavamo di non partire più, ci hanno imbarcati.

Abbiamo poi avuto un contatto immediato e tangibile con le misure di sicurezza che ci avrebbero perseguitato per tutto il periodo: poiché mancavano due passeggeri, il cui volo non era arrivato, abbiamo atteso circa un’ora che venissero scaricati i loro bagagli ed imbarcati altri due passeggeri al loro posto.

All’Aeroporto di Atene si respira subito il clima olimpico: sul pavimento sono posti percorsi guidati che indicano alle persone della Famiglia Olimpica dove andare. La prima cosa da fare è l’accredito; per fortuna all’ora del nostro arrivo non c’è nessuno ! Dobbiamo presentare il nostro “pass” che ci era stato già inviato a casa nei giorni precedenti, affinché sia reso “operativo” con l’applicazione di un nuovo bollino e con la registrazione sul sistema informativo del nostro arrivo.

Il “pass” è prodotto con le più alte tecnologie antifalsificazione (ologrammi, inchiostri speciali, ecc) e diventerà lo strumento necessario per poter accedere ai siti sportivi ma anche per viaggiare gratuitamente sui trasporti ateniesi.

Siamo presi in consegna dai volontari che ci accompagnano alle navette per raggiungere i nostri luoghi di destinazione e ci chiedono “pins”; non ne abbiamo ! In programma c’era il trasporto al centro di consegna delle divise ufficiali ma all’ora in cui siamo arrivati era già chiuso e siamo stati accompagnati al Villaggio degli Ufficiali di Gara (il TOV - Technical Olimpic Village).

Non esisteva un solo villaggio ma gli arbitri erano alloggiati in diversi siti sparsi per Atene e per la sua periferia: il nostro era sul mare ad Agios Kosmas (San Cosma), vicino agli impianti “Helleniko” dove – oltre alla canoa – si svolgevano le gare di scherma, baseball e softball, hockey su prato e la fase eliminatoria del basket. Nei pressi si svolgevano anche le gare di Vela e Windsurf.

All’interno del villaggio prendo confidenza con le verifiche della sicurezza: l’auto che mi accompagna viene controllata dalla polizia (anche nel sottoscocca con appositi specchi) e devo passare attraverso il metal detector come si fa negli aeroporti. Mi beccano in valigia una bottiglia di "passito di caluso" che ho portato in dono e mi informano che nel villaggio non si può introdurre alcool. Li convinco a fatica che è solo un regalo.

L’alloggiamento era essenziale ma confortevole; un villaggio di bungalow con stanze a due letti con aria condizionata: sono in camera con l’arbitro sloveno che parla bene l’italiano e rende la conversazione più semplice !

Nel complesso si può solo fare colazione e per cenare bisogna uscire. La prima sera non riesco a capire dove sono e non so dove andare e mi muovo a piedi all’esterno del villaggio. Di ristoranti nemmeno l’ombra e dopo aver camminato per qualche chilometro mi infilo in un fast food dove mangio una insalata: mi rifarò nei giorni successivi.

Il giorno dopo è prevista una riunione ufficiale alle ore 11 per prendere i primi contatti e confidenza con il sito olimpico della canoa. 

Vado a piedi attraversando gli altri impianti sportivi Helleniko: uno spettacolo. 

Scoprirò successivamente che consentirmi l'accesso è stato un errore e che con il mio "pass" non avrei potuto accedere a quegli spazi. 

Difatti nei giorni successivi sarò cacciato ogni volta che tenterò di entrare in qualsiasi parte che non sia l’accesso degli Ufficiali di Gara del Campo di Slalom.

Al campo di gara nuovo controllo (ci sarà tutti i giorni) con il metal detector; i volontari controllano il "pass".

Mi accoglie il greco Nikolaos Karydis che è l’assistente del Chief Judge (Kudlik) e che mi fornisce le prime informazioni; è alla disperata ricerca di Cirini che deve presenziare al controllo delle imbarcazioni e che non è ancora arrivato, perso fra i trasporti ateniesi intorno ai siti olimpici.

In attesa della riunione giro un po’ per gli impianti dove incontro gli arbitri internazioni noti, gli atleti italiani, gli accompagnatori.

L’impatto alla visione dell’impianto sportivo della canoa è incredibile: mai vista una cosa simile;

il colpo d’occhio è di una bellezza straordinaria sia guardandolo da nord dove sono posizionate le tribune per gli spettatori sia da sud dove si trova la palazzina con gli uffici e i locali per atleti ed organizzazione.

Ma la bellezza degli impianti non riesce da sola a farti dimenticare il difficile momento che tutta l’umanità sta attraversando per via del terrorismo; se alzi gli occhi al cielo vedi volteggiare sopra la tua testa gli elicotteri militari ed è costantemente presente un grosso dirigibile che – dicono – serve quale punto di riferimento per i militari. Si alzerà in volo sopra gli impianti ogni qual volta

ci sia in corso una gara. 

Più in la sulla collinetta ad un centinaio di metri dal campo di slalom sono posizionate le batterie di missili antimissili “Patriot”: fa una certa impressione. 

Sono stati davvero bravi i greci come lo sono stati nel presentare una intera città ordinata e pulita e completamente avvolta nel clima olimpico:Welcome Home era lo

slogan che capeggiava in ogni occasione a dimostrare con quanto affetto una intera nazione si è buttata in questa costosissima avventura.

Prati e piante un po’ dappertutto, persino fra i binari del tram c’era l’erba ! E Atene non è proprio al Nord dell’Europa. Era tutto costantemente irrigato e speriamo che i giardinieri ateniesi siano in grado di mantenere anche in futuro tutto il verde che è stato creato. Insomma, avevo seguito i lavori di costruzione dell’impianto guardando le foto che mio fratello Roberto mi inviava regolarmente dalla Grecia e le immagini dell’impianto finito erano abbastanza esplicative; ma vederlo dal vivo è un’altra cosa, un’immagine che difficilmente potrà essere cancellata dalla memoria di chi ha vissuto questi giorni olimpici.

Mentre gli arbitri che erano stati già “vestiti” si portavano sul campo per assistere agli allenamenti, insieme ad alcuni colleghi siamo stati accompagnati al “Centro Uniformi” per ritirare le nostre divise. Un lungo viaggio per Atene, nuovi controlli e poi cammino guidato all’interno dell’organizzatissima struttura dove venivano consegnate le divise ufficiali. Anche se le misure erano già state segnalate tramite l’ICF veniva consigliata una prova dei vari indumenti: per chi non era fortunato e la circonferenza della pancia non corrispondeva alla lunghezza delle maniche e dei calzoni, c’era a disposizione una sartoria che in pochi minuti provvedeva alle sistemazioni del caso. Anche in questo caso (era ferragosto) siamo stati fortunati in quanto eravamo soli ad essere seguiti

da uno stuolo di validissimi volontari. All’uscita verifica della rispondenza del materiale consegnato con quanto indicato in archivio: impossibile uscire con qualcosa in meno, qualcosa in più, misure sbagliate.

Ritorniamo al villaggio, il resto del pomeriggio (come succederà durante tutta la settimana) è a nostra disposizione.

Presa confidenza con i trasporti pubblici, Atene non ha più segreti: il Pireo, l’Acropoli, la Plaha, il Parlamento con il cambio della guardia e poi gli impianti sportivi rigorosamente …inaccessibili, ma sono belli anche visti da fuori.

Il giorno dopo (16 agosto) si inizia a fare sul serio.

Riunione alle ore 8,30 con il Chief Judge dove vengono distribuite le postazioni e a me sono assegnate le porte 14 (in risalita) e la 15 (in discesa). 

Sembra che sia una assegnazione provvisoria ma manterremo lo stesso incarico per tutte la gare. 

Le raccomandazioni di rito sono sempre le stesse: trovare l’accordo con i giudici di porta, indicare correttamente le penalità, alzare le palette, aspettare il termine per il protesto, come in una qualsiasi gara nazionale…è la tensione che è diversa ! 

Durante la discesa degli apripista prendiamo confidenza con la nostra postazione e conosciamo i nostri collaboratori che si occuperanno della comunicazione delle penalità. Nessun computer in postazione, le penalità vengono segnalate via telefono da due differenti operatori: il risultato è comunque assicurato, le penalità compaiono sullo schermo gigante in tempo reale.

L’ICF (lo avevamo già visto a Merano) ha richiesto che fossero i Giudici di Settore a compilare i moduli delle penalità (in doppia copia usando carta carbone !) al fine di evitare errori di interpretazione sui punti e sulle modalità con cui era avvenuto il tocco. Anche le palette delle penalità dovevano essere esposte dal Giudice di Settore.

Quindi grande lavoro di preparazione dei moduli sulla base dell’ordine di partenza per non trovarsi poi in difficoltà nel momento della descrizione della penalità assegnata.

Le mie porte non erano molto difficili: la 14 in risalita era parzialmente in corrente e non poteva essere tanto tagliata. La 15 in discesa portava fuori sulla destra ed era possibile fare 50 punti, molto difficili da valutare. Il controllore di porta (lo Sloveno Tuma Borut) si è difatti sistemato dal lato opposto al mio in posizione frontale per meglio valutare i passaggi.

Il percorso è approvato: per semifinali e finali ci sarà lo spostamento di 5 porte. I quattro giorni di gare scorrono senza grossi intoppi. Nelle gare di qualificazione sembra che tutto vada meglio; nelle semifinali e nelle finali la tensione si sente nell’aria.

Pochi reclami informali, i concorrenti sbagliano poco e quando sbagliano la batteria dei Giudici di Gara è pronta ad assegnare in maniera inequivocabile le penalità.

Un solo grave episodio ha rovinato la finale del C1: sembrava che la gara fosse stata vinta dallo slovacco Martikan; poi improvvisamente sul tabellone è passato al secondo posto alle spalle del francese Estanguet.

Era successo che una penalità assegnata alla porta 7 non era stata comunicata al centro classifiche, perlomeno questa è stata la versione ufficiale. La versione di corridoio recitava che in quella postazione c’era un giudice Slovacco, che i Francesi hanno fatto presente la mancata assegnazione dei due punti e via discorrendo. Fatto sta che la penalità c’era stata e che quindi il francese aveva vinto con merito.  

Dopo questo episodio il nostro “lavoro” in postazione è stato ulteriormente complicato. Dopo aver rilevato la penalità dovevamo segnalarla con la paletta, quindi riportarla sul prospetto, mostrare il prospetto al telefonista che la riportava sul suo, controfirmare il prospetto del telefonista e ripetere l’operazione con il secondo telefonista. Dopo questa operazione potevamo dedicarci al dettaglio delle modalità di tocco della porta.

Direi che si trattava di eccessiva burocrazia: in effetti alla fine nessuno di noi sapeva e capiva cosa veniva comunicato per telefono al centro classifiche.  

Ho provato a fare un po’ di conti sulle penalità assegnate nella mia postazione e questo è il riepilogo:

Tipo Gara

Totale Passaggi porte 14/15

Penalità 2

Penalità 50

%

Qualificazioni 1° e 2° manche

288

21

-

7,29 %

Semifinale

114

5

1

5,26 %

Finale

34

1

-

2,94%

 

L’unica penalità da 50 punti che ho assegnato – che ha messo fuori dalla finale la concorrente – è stata oggetto di controllo da parte del Chief Judge; la spiegazione data è stata chiara: volontarietà nell’allargamento della porta per poterci passare e comunque imbarcazione fuori. Devo dire che l’assegnazione di questa penalità mi ha un po’ angosciato, hai sempre il dubbio di essere stato troppo severo; peraltro il Giudice di Porta subito non l’avrebbe assegnata.

Ma ogni dubbio mi è passato quando ho potuto vedere sullo schermo gigante il replay rallentato del passaggio alla porta 15: inequivocabile ! Ho tirato un sospiro di sollievo.  

Altre situazioni degne di nota non credo si siano verificate. Vista la mia posizione, vicinissima alle paline, ritengo molto improbabile di non aver visto e assegnato qualche penalità.  

Da mettere in risalto la strana sensazione che si provava in riva al canale per via del profumo "di mare" che si levava dall'acqua vaporizzata: sembrava di essere in spiaggia ! Di grande effetto anche la colonna sonora che accompagnava la discesa dei concorrenti: musica molto ritmata (del tipo: "la febbre del sabato sera") che sembrava scandire le pagaiate degli atleti. Per i concorrenti Greci la musica - ovviamente - diventava il "Sirtaki" ed il pubblico batteva le mani a tempo incoraggiando i propri beniamini alle prese con il difficile percorso. Un'altra cosa molto coinvolgente ed era difficile restare immobili (come il ruolo richiedeva): qualche movimento a tempo con il capo, confesso di averlo fatto pure io !

L’intera compagine mi è sembrata ben preparata, in particolare il Giudice americano (Carla Westcott) sulla porta n° 18 si è trovato a giudicare passaggi molto difficili alcuni dei quali in eskimo. Abbiamo ricevuto i complimenti per il lavoro svolto dal Chief Judge (il polacco Kudlik), dal Chief Official (il brasiliano Behs) e del Technical Delegate (il tedesco Horster).

Il clima olimpico aiuta a mantenere relazioni cordiali e amichevoli. Il gruppo degli Arbitri era molto affiatato e le giornate sono volate via in un soffio. Bello il momento ufficiale della consegna dei diplomi di partecipazione, del party offerto dall’ICF (c’era tutto il Board) ma anche il pranzo fatto tutti insieme alle cinque del pomeriggio, morti di fame, a base di specialità greche a Glyfada. La lingua più parlata era l’inglese ma con gli amici spagnoli, francesi e belgi siamo riusciti a raccontarci in francese anche delle gustose barzellette.

Poi i saluti, lo scambio degli indirizzi ed il rientro in Italia.

All’Aeroporto abbiamo incontrato la squadra italiana e abbiamo scambiato ancora due opinioni sulle gare; anche per gli atleti l’arbitraggio è stato “impeccabile”: una bella soddisfazione !

Anche loro sono stati bravi: ottimo il 6° posto ottenuto dalla nostra canadese con Masoero e Benetti alla loro prima Olimpiade e che dire dell' ottavo posto di Cristina Giai Pron che invece era alla quarta ?

Pierpaolo Ferrazzi non è riuscito invece ad agguantare la finale: bravo lo stesso, in questi anni ci ha dato soddisfazioni a sufficienza.

 

Peppino D'Angelo