Abarth 1300/124 Coupè

 

 

Nell' Ottobre del 1966, quando la Abarth&C., ancora per poco meno di cinque anni fuori dal controllo diretto della Fiat, presentava al salone di Torino la 1300/124 Coupè. Nome, che visto adesso, sembra fatto a posta per fare rimediare una brutta figura a chi non ha studiato la storia dell' Abarth. Perchè questa macchina non c' entra prorpio nulla con la 124: è una 850 Coupè. Che però della 124 -berlina, non coupè, per il semplice motivo che quella doveva ancora nascere,- ha il motore, elaborato come farebbe oggi un tuner tedesco. Una macchina a piè di pagina, insomma, questa 1300. Che pur avendo portato a casa, come ogni Abarth, il suo bel panierino di vittorie (in questo caso soprattutto nelle gare in salita) rimase schiacciata, nell' immagine e nella memoria collettiva, dalle sorelle più piccole: quelle 595 SS e 1000TC figlie di originali molto più proletari quali furono la 500 e la 600. Al limite quando dici Abarth i più giovani saltano davanti di qualche anno e collegano questo nome alle A112 o alla 131. Ma della 1300 su base 850 non se ne ricorda nessuno. Ottima ragione per tentare un operazione-recupero,visto che questa 1300/124 delle Abarth ha tutti i galloni. E tutti i meriti. A iniziare da quello -comunque non il più importante- di aver dato ad una carrozzeria garbata ma spenta come quella dell' 850 Coupè l' aggressività che la Fiat aveva riposto in fondo al cassetto. Anche facendo conto di non vedere gli elementi facoltativi -lo scorpione sopra il cofano e le fascie adesive laterali- la 1300 convince molto di più della 850: le ruote, che sulla Fiat stanno timide dentro i parafanghi, qui riempiono molto meglio i passaruota. Un 'astuzia essenzialmente visiva, resa possibile da un diverso ancoraggio sui mezzi di cerchi a canale rovesciato, visto che alla fine la larchezza dei pneumatici (155) è la stessa. Il resto lo fanno lo scappamento sdoppiato e il frontale con una mascherina a servizio del radiatore spostato davanti, con in più i due proiettori interni molto più sporgenti di quelli standard. Questo per quanto riguarda il nostro esemplare, che appartiene alla seconda serie, presentata al salone di Torino del 1968 dopo che la Fiat, al salone di Ginevra dello stesso anno, aveva ringiovanito la 850 Coupè ribattezzandolo Sport Coupè e modificandolo nell' estetica oltre che maggiorandone cilindrata e potenza. Prima di quella data la 1300/124 eveva un frontale diverso, con due soli fari collegati da una fascia con su il nome del modello e una calandrina in basso, tra questa fascia ed il paraurti. Diversa era anche la coda, che adeguandosi all' originale Fiat mostrava una sola coppia di fanali tondi anzichè due. A differenza di quello che accadde per la 850 Coupè, tra la prima e la seconda serie della 1300/124 non ci fu però nessuna evoluzione meccanica. La cura riservata all' esterno non trova riscontro nell' abitacolo, che resta quello della 850: gli stessi sedili in sky nero, la stessa plancia semplice e lineare -non c'è traccia di strumenti supplementari, presenti invece nella 1300/124 prima serie- lo stesso scomodissimo sistema di ribaltamento dei sedili anteriori con un pulsante nella parte centrale inferiore dello schienale. Uniche differenze rispetto alla normale, il volante a tre razze invece che due e la diversa taratura del tachimetro. Ma la vera aggressività arriva da dietro. Da quell' angusto vano che, per far spazio al più grosso motore della 124, ha imposto di trasferire davanti radiatore dell' acqua, nel vascone in cui prima trovava posto la ruota di scorta. Che ora -ruotini e bombolette ancora non esistevano- reclama il suo spazio in un nuovo alloggiamento sulla destra del vano, portandone la capacità da un valore esiguo di 118 litri a un valore simbolico. Tanto più che sulla 850 Coupè non è mai esistito, come invece c' era nella stragrande maggioranza delle "tutte dietro" degli anni cinquanta e sessanta, un minibagagliaio di riserva dietro al sedile posteriore. Non che chi cercava un' Abarth si desse tanto pensiero di trasportare valigie. Quel che voleva era un motore cattivo. E a questo proposito la 1300 non deludeva. Per non correre il rischio di "impiccare" con un' elaborazione troppo spinta un propulsore di indole utilitaria come l' 843 cm3 della coupè prima maniera, che con i suoi 47 CV rappresentava l' estrema dilatazione di un blocco nato con la 600 nel '55 e capace di 21 miseri CV, alla Abarth decisero di puntare su un gruppo più grosso, già di suo dotato di maggiore coppia e più facilmente elaborabile. Tra i vari motori che la Fiat aveva in produzione in questi anni, il più moderno era il 1197 cm3 da poco apparso sulla berlina 124. Aumentando il diametro da 73 a 75.5 cm la cilindrata passò a 1280 cm3; una diversa distribuzione insieme con l' albero motore lucidato contribuirono a portare la potenza dai 60 CV d' origine a 75, erogati 400 giri più in alto (6000 contro 5600). Più favorevole anche il picco di coppia, 11 kgm a 3000 giri invece di 8.9 a 3600. Con il suo nuovo motore la , la ex 850 passò dai 135/145 all' ora della coupè Fiat a una velocità massima di oltre 170 km/h, al limite (e forse anche un pò oltre) il limite del telaio. Passo corto ( due metri e due centimetri), sbalzi lunghi, motore posteriore dietro l' assale, carreggiate strette, avantreno leggerissimo, sospensioni che a parte qualche regolazione erano le stesse del modello Fiat, freni rigorosamente di serie: non ci vuole molto a capire che su strada la 1300/124 era una macchina nervosa e non per tutti. Sulla quale 75 CV, che oggi sono un valore assolutamente ordinario per una 1300, diventavano una potenza tutt' altro che facile da gestire. D' altra parte, scorpione non ha sempre fatto rima con emozione?

Caratteristiche techiche
Morore Posteriore longitudinale 4cilindri in linea, 75.5 X 71.5 mm; 1280 cc;rapporto di compressione 9.8:1; potenza massima 75 CV a 6000 giri/min; coppia max 11 kgm a 3000 giri; basamneto in ghisa, testata in lega leggera, distribuzione ad albero a camme laterale con comando delle valvole mediante aste e bilanceri; alimentazione tramite un carburatore orizzontale doppio corpo Weber 32 DCOF; accensione a spinterogeno.
Trasmissione Trazione posteriore; frizione monodisco a secco;
Autotelaio scocca portante; sospensioni anteriori a ruote indipendenti con quadrilateri deformabili, ammortizzatori idraulici telescopici, molla a balestra semielittica trasversale, barra antirollio; sospensioni posteriori a ruote indipendenti con bracci triangolari oscillanti, ammortizzatori idraulici telescopici, molle elicoidali, barra antirollio; sterzo a vite e settore; impianto frenante a doppio circuito idraulico; freni anteriori a disco posteriori a tamburo; cerchi in acciaio 4.5 X 13"; pneumatici 155 R 13
Dimesioni e peso lunghezza 3608 mm; larghezza 1500 mm; altezza 1300 mm; passo 2027 mm; carreggiata anteriore 1200 mm; carreggiata posteriore 1220 mm; peso in ordine di marcia 825 kg; capacità serbatio 30 litri
Prestazioni Velocità massima 170 km/h; consumo medio 11.1 km/l
Prezzo 1.335.000 lire nel 1969

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