Largo Garibaldi, il Bar Pellini.
Modena, città tipicamente medioevale nel suo centro storico fatto di
strade strette, con pochi corsi ampi ed ariosi, si apre verso est,
all’improvviso, con uno spazio aperto di notevoli dimensioni, è Largo
Garibaldi. Gli urbanisti che fecero abbattere le mura e “Porta Bologna”,
possono essere discussi per non aver lasciato memoria di quei bastioni
che circondavano la città, ma l’apertura della Via Emilia in quel punto,
dove troviamo al centro la splendida fontana del Graziosi con le statue
raffiguranti i due fiumi modenesi, Secchia e Panaro, oltre alla bella
struttura del Teatro Storchi e i bei palazzi che la circondano, hanno
dato la possibilità alla “Vecchia Modena” di aprirsi a nuove e
importanti dimensioni.
Arrivai a quel sito agli inizi degli anni ’50. Il mio compagno di classe
all’Istituto Barozzi e con il quale instaurai una lunga e sincera
amicizia, Germano Morandi, mi invitò un giorno ad andare con lui al Bar
che frequentava con pochi altri coetanei che abitavano nella zona
(allora quasi periferia) di Via Catellani e dintorni. Accettai l’invito
e così, giorno dopo giorno, invece di di restare nella zona di Via Gian
Maria Barbieri, dove si trovava la mia prima compagnia dopo il ritorno a
Modena dallo sfollamento, iniziai a frequentare costantemente quel Bar
d’angolo con Viale Reiter, nel quale, assieme ai tanti amici che vi
trovai, passammo molti anni della nostra giovinezza ed anche quelli
della maturità.
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Ai tavoli del Bar Pellini in Largo
Garibaldi
da sinistra:
Bruno Zucchini. Gianni Bulgarelli, Luciano
Della Casa, Argeo Tedeschi, Giorgio Silvestrini. |
Il Bar era gestito da due fratelli: uno grosso e “autoritario”, Primoun”
Pellini; l’altro esattamente l’opposto, “mingherlino”, occhiali da
intellettuale, sempre cortese e molto gentile. Il locale, stretto ma
accogliente, aveva nel retro una stanza, da noi chiamata “stallino”
dove, a periodi alterni venivano sistemati, il calcio balilla, i tavoli
da gioco, il biliardo e i tavolini per i giochi delle carte. E lì, per
anni, si svolsero accese tenzoni a “boccette”, a “calcetto” e a
“cotecchio” tra i vari gruppi di giovani e meno giovani che man mano
venivano a frequentare quel locale. La maggior parte del tempo che si
trascorreva in quel sito lo si passava all’esterno, seduti ai tavolini a
consumare, nei primi anni i “panganlein” che cadevano dagli alberi e in
seguito anche le “classiche” consumazioni che via via, o “Primoun”, poi
il figlio Umberto con la moglie Dimma, ci “invitavano” a fare. L’inverno
in assenza dei tavolini si stazionava ugualmente in quell’angolo che era
diventato il punto di ritrovo mattutino attorno al mezzogiorno,
pomeridiano alle ore del vespro e serale.
A quel Bar, negli “anni d’oro” ’50, “60, ’70, si trovarono tre-quattro
compagnie di giovani che man mano si fusero. Era la base di partenza di
tutte le nostre iniziative, la programmazione delle serate al cinema, le
scorribande nei locali notturni (in genere le balere, anche se alcuni in
seguito si dirottarono nei nigt club), i “raid” a Bologna o a Reggio
Emilia per dare una risposta alla Signora Merlin, o per la
programmazione delle serate a casa di qualcuno di noi per il classico “pokerino”,
o per l’organizzazione delle nostre vacanze e dei primi viaggi
all’estero. Insomma, tutto si svolgeva sotto i platani di Largo
Garibaldi o all’interno del famigerato “stallino”.
E’ ovvio che, essendo frequentato il locale da molti che vivevano il
mondo dello sport non solamente come tifosi, ma come praticanti e in
seguito come professionisti, le nostre conversazioni e le nostre
discussioni, vertevano su argomenti tipicamente sportivi.
Anche la politica ci coinvolgeva in animate discussioni, nei nostri
gruppi erano presenti un po’ tutte le ideologie e, per molti, gli
agganci politici avevano valenza di carrierismo professionale; di tanto
in tanto non era difficile trovarsi di fronte a ”trasformismi” e a
“salti della quaglia” che solamente qualche tempo prima non avresti mai
immaginato.
Il primo gruppo, del quale faceva parte l’estensore di queste note,
anche chiamato “quelli dello sport”, era formato da elementi
provenienti, nella maggioranza, dalla “media borghesia” e da rari
“proletari”. E’ necessario, per rendersi conto della variegata
composizione dei gruppi, stilare, anche se brevemente, un ritratto di
questi personaggi che cercherò di “buttar giù” in ordine sparso, ma con
la certezza di ricordare amici che tanto hanno dato a Modena e alla sua
gente.
Vorrei iniziare con uno, di quelli di noi, che se ne “andò” pochi anni
or sono. La forte amicizia con Argeo Tedeschi, mio collega e noto
maestro di tennis, nasce nelle aule scolastiche dell’Istituto Barozzi e
si cementò strada facendo, attraverso una miriade di avventure, scherzi,
giochi, e continuità nella frequenza quotidiana. Alcuni episodi della
nostra affinità si sono evidenziati nei racconti di vita in altri
capitoli. Aveva una gran dimestichezza con molte attività sportive verso
le quali era naturalmente predisposto. Ottimo giocatore di calcio, buon
tuffatore, poi dedicatosi al tennis come professionista e in seguito
appassionato di golf, sport che avevamo iniziato assieme. Carattere
allegro, sempre pronto alla battuta e alla “buona barzelletta”, ma nello
stesso tempo pronto alla facile arrabbiatura e a reazioni talvolta
“estemporanee”.
Non per niente venne cacciato varie volte dai campi di calcio, a scuola
ebbe qualche provvedimento disciplinare, era, come si suol dire, un
“impulsivo”. Doveva entrare con noi all’Isef di Roma nel 1953 ma, per
una disavventura non entrò, se non l’anno successivo. Venne “ripagato”
al termine degli studi dato che, nel 1956, comme allievo Isef venne
inviato, assieme ad altri quattro colleghi di corso e all’altro modenese
Oddo Federzoni, in rappresentanza del nostro Istituto, alle Olimpiadi di
Melbourne in Australia. Si imbarcarono sulla nave scuola “Amerigo
Vespucci”, con grande rabbia del sottoscritto e dell’amico Germano
Morandi (facemmo di tutto per provare ad aggiungerci a quel gruppetto,
ma non vi fu nulla da fare) e ritornarono in Italia, causa il blocco del
canale di Suez e dopo aver compiuto il periplo dell’Africa, dopo circa
sei mesi dalla loro partenza.
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Amici del bar Pellini:
Gianni Bulgarelli, Germano Morandi, Tiziano
Ferretti |
Con questo amico ho trascorso momenti indimenticabili, a scuola, in
compagnia al bar, nei vari viaggi effettuati assieme, a Praga, in
Spagna, in camper al Gargano, in Maremma; in Largo Garibaldi era sempre
presente, ma assente nelle varie spedizioni, in quanto già fidanzato in
quegli anni con la sua futura signora, la Bruna; parlava sempre dei suoi
figli, Marcello e Marco e delle preoccupazioni che gli dava il maggiore
quando gli prese la passione per il volo (ereditata dal nonno Enzo
Tedeschi). Marcello, dopo l’esperienza in deltaplano passò al volo a
vela acrobatico, tanto da diventare campione italiano in quella
difficile specialità.
Vi erano, nella compagnia, i “fedeli” o ammogliati e gli scapoli. Uno
tra i più fedeli era il mio compagno di corso all’Isef di Roma, Sergio
Zanasi. Ben inserito nel gruppo ed uno dei meno “caciaroni”. Proveniva
anche lui dal mondo del calcio e dall’Istituto per Geometri, fu uno dei
primi ad avere a disposizione l’automobile, una “Topolino” Fiat con la
quale si andava a percorrere, con una certa frequenza, la tratta Modena
Bologna o Reggio Emilia, per le ragioni esposte in altra parte.
Notoriamente chiamato “spazzetta”, quando si trattò di partire per la
spedizione romana fu subito con noi, anche perché il cugino, “Paco”
Bortolamasi già frequentava il corso A. A Roma Sergio è stato un allievo
“modello”, difficilmente partecipava alle nostre scorribande dato che
era troppo preso a scrivere lettere su lettere alla fidanzata, poi
moglie, lasciata a Modena.
Uno di quelli dello “zoccolo duro” del Bar Pellini è stato Gianni
Bulgarelli; già mio compagno di classe in quinta elementare, sempre
allegro e disponibile alle nostre “zingarate”; ci lasciò tutti sorpresi
quando, dopo aver ottenuto il diploma di Ragioniere, riuscì ad ottenere
il classico “posto in banca” sino a diventare un rispettato funzionario
del Banco di San Geminiano e San Prospero. Si era dedicato al Tennis,
tanto da far diventare quella sua passione, quasi maniacale.
Famose erano le partite di doppio che lo tenevano impegnato, assieme ad
un altro componente il gruppo di Largo Garibaldi, Giorgio Silvestrini,
detto anche “cariga”. Ai tavolini del bar era costantemente presente,
ma, data la sua posizione di “ammogliato” poteva partecipare raramente a
tutte le avventure del gruppo, se non in rare occasioni, come avvenne in
una circostanza dove venne denominato “due calzini”.
Un altro giocatore di calcio (portiere di buone qualità), di biliardino,
di cotecchio, di poker e di quant’altro era Tiziano Ferretti. Spirito
ribelle, assiduo frequentatore anche del Guf di Via Università, pittore
e disegnatore di vaglia, come tutti gli uomini dotati di qualità
artistiche era sempre irrequieto, alla ricerca costante di cose nuove,
tanto che partì per l’Africa dove rimase alcuni anni in Kenia. Al
momento però, che in quella regione vi furono sconvolgimenti tribali e
politici pensò bene di ritornare alla sua Modena. Gli rimase appioppato
l’appellativo di, “Tiziano l’africano”.
Con l’amico Germano Morandi vi fu un lungo e costante rapporto; sempre
assieme durante gli anni all’Istituto Barozzi poi a Roma all’Isef e
ancora negli anni successivi. Anche lui proveniva dal mondo del calcio
dove aveva notevoli possibilità, tanto da essere ricercato anche da
grossi Club; lo chiamavano “Gimona” poiché aveva caratteristiche
tecniche che si avvicinavano a quelle del giocatore che portava quel
nome, a quei tempi abbastanza noto.
Si lasciò andare, anche lui, alla “sindrome” del Bar Pellini, cioè alle
peculiari caratteristiche che caratterizzavano quel gruppo: fatte
d’improvvisazioni che rasentavano la genialità e di momenti di “apatia e
rilassamento generale”. Certamente benestante, amava l’abbigliamento
elegante ma mai appariscente, anche lui pieno di “verve” e di simpatia a
volte offuscata da una certa timidezza interiore che lo bloccava in
momenti “importanti”.
Lo sport, nelle sue varie espressioni lo “sentiva” totalmente, era
sicuramente un perfezionista del “gesto atletico”. Alcuni anni dopo
l’uscita dall’Isef, decidemmo assieme di affrontare la grande città e
pensammo di andare a portare il nostro entusiasmo, le nostre conoscenze
acquisite a Roma e il nostro desiderio di emergere nella professione che
avevamo scelto, in un territorio dove le prospettive di lavoro erano
decisamente favorevoli.
Milano, città “vergine” allora, dal punto di vista dell’attività
motoria; gli insegnanti di educazione fisica scarseggiavano e nella
scuola e nelle attività extra scolastiche, contrariamente alla nostra
città satura, a quel tempo, di questi professionisti. La morte di mio
padre mi bloccò a Modena, ma l’amico Morandi decise la partenza in
solitario. A Milano ebbe tante soddisfazioni che lo portarono a
diventare allenatore della squadra di pallavolo di Serie A di quella
città, sino ad assumere il ruolo di Direttore Tecnico dell’Isef
dell’Università Cattolica di Milano. Durante i primi anni della sua
permanenza a Milano ci furono frequenze costanti e con lui organizzai le
mie prime “Vacanze Sportive” di nuoto e tennis a Riccione. In seguito,
gradualmente, per la distanza tra le due città, per le scelte anche
professionali differenziate che via via andavamo facendo, ci portarono
su percorsi diversi e i nostri contatti si diradarono, se non per
ritrovarci nei momenti felici o tristi delle nostre vite.
Un altro dei componenti “storici” del nucleo originario del Bar Pellini
è stato: Luciano Della Casa. Unico a quei tempi, a non far parte del
“gruppo sportivo”, anche se, negli anni successivi, contagiato dalla
sportività del gruppo, si dedicò, con passione, a svariate attività
sportive. Benestante, considerato “il bello” della compagnia,
proveniente, scolasticamente, dall’”elitario” Liceo Classico L.A.
Muratori, laureatosi poi in Medicina e Chirurgia, si trovò, nell’ambito
della società modenese, in una posizione decisamente privilegiata. Il
mio rapporto con il Prof. Dott. è stato costante per lunghissimi anni.
Pur divisi sul piano ideologico e politico e rispettandoci
reciprocamente, ci siamo sempre trovati molto vicini sul piano umano e
comportamentale. Sin dai tempi giovanili non mancava mai alle nostre
“vivaci frequenze” in quell’angolo di Largo Garibaldi; abbiamo
partecipato assieme agli incontri di quel mondo “bene”, nel quale era
molto più inserito del sottoscritto; partecipavamo alle varie feste,
incontri di quella società, abbastanza chiusa, e raccontataci in tanti
“brevi” racconti sui libri del già citato Beppe Zagaglia.
Ci hanno maggiormente uniti le frequenze a varie attività sportive
quali, l’aereo club per l’ottenimento del brevetto di pilota di aereo,
la vela, con le tante uscite al mare o al lago sul suo catamarano, come
raccontato in altro capitolo, e i tanti viaggi compiuti assieme,: alle
Olimpiadi di Monaco sul mio pulmino Ford trasformato in “mini camper”,
con vicissitudini tutte da raccontare.
Eravamo super attrezzati con macchine fotografiche, cineprese, tanto da
esser scambiati per operatori ufficiali di quella manifestazione, o come
quella notte che parcheggiammo il mini camper davanti all’uscita della
sede dei pompieri di Monaco che ci svegliarono in piena notte per sapere
cosa ci faceva il nostro mezzo davanti alle porte di uscita dei loro
mezzi; e l’arrivo al Villaggio Olimpico mentre erano in piena azione i
gruppi palestinesi che provocarono, come azione dimostrativa, l’eccidio
degli atleti israeliani ospiti di quel villaggio.
E poi i vari viaggi in Francia in Camper e in “Van”, con la sua compagna
Cristina Nocetti e il mio figlio più giovane che si annoiava fortemente
per le soste alle numerose cattedrali gotiche visitate, ma che poi si
prese la sua rivincita in Normandia, dove rimanemmo alcuni giorni in
visita alle spiagge e ai musei dello sbarco anglo-americano del Giugno
1944. Certamente un’amicizia rimasta nel tempo senza flessioni.
Erano inseriti nel gruppo di Largo Garibaldi altri personaggi quali
Franco Ferretti e il collega, Paolo Bassoli, partecipe a molte delle mie
vacanze sulla neve: frequentatore assiduo per molti anni della nostra
“conventicola”, e il compagno di classe per cinque anni all’Istituto
Barozzi, Franco Agnini.
Alternativa era la frequenza del noto manager del “marketing” Giorgio
Fontanive, con il quale, negli anni precedenti, vi era stata una lunga
frequentazione nelle scorribande per locali notturni e che negli anni
del suo raggiungimento di “elevati” traguardi socio-economici si
dilettava a farci vedere il suo ultimo acquisto in fatto di macchine
prestigiose come la mitica “Ferrari”.
Altri amici ci raggiungevano, con minor frequenza, in quell’angolo
cittadino come il mio compagno di banco per lunghi anni all’Istituto
Barozzi, Franco Cadignani. E gli altri amici Geometri, Otello Incerti,
Alberto Paltrinieri e Giulio Ghelli.
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Tiro a Segno ai "baracconi"
da sinistra
Maurizio Rebucci, Gianfranco Rebucci, Bruno
Zucchini, Luciano Della Casa |
Al gruppo primigenio si aggiunsero, poco tempo dopo, alcuni altri
personaggi che parteciparono attivamente alla vita della nostra
“combriccola” a cominciare dall’Ing. Enrico Sacchetti, uno degli ultimi
“moicani”, essendosi sposato già avanti negli anni e, compartecipe a
tante nostre “esercitazioni”.
Di quel gruppo faceva parte l’Avv. Teodosio Valentini (Dody), fanatico
del pallone e di tutto il modo calcistico. Conosceva alla perfezione le
formazioni di tutte le squadre, ma la sua specialità erano i
“brasiliani”; Vavà, Didì, Pelè, le sue citazioni su tutto quel mondo,
assieme alle dotte citazioni delle “pandette”, erano sempre il “verbo”
per tutti noi. Ricco agricoltore, ricordiamo ancora con nostalgia le
splendide conviviali nella sua bellissima villa di Rubiera a base di
“fagioli con le cotiche” e portate varie della più indigesta e
succulenta cucina modenese. Sempre elegantissimo, si dilettò anche lui
con lo sport del Tennis.
Frequentemente, assieme ad un altro “doppista” Giorgio Loi, che
partecipava agli “scontri” che avvenivano sui campi di “Giachina” in
Vial Formigina dove, per lungo tempo, si esibirono in “volè e rovesci”,
di dubbia tecnica tennistica, molti dei frequentatori del club poi
chiamato degli, “ex sfigati del Pellini’s bar.
A raccontare barzellette degne di essere inserite nelle più importanti
trasmissioni televisive di Pippo Franco, vi era Piero Vigarani, che in
seguito si specializzò come valido intrattenitore di importanti Club
modenesi, dei quali faceva parte, come il Circolo della Biella e il
Panathlon Club.
Molto tranquillo e pacato era invece l’amico “Presidente”, Paolo
Giacobazzi, del quale non abbiamo mai saputo, con precisione, il perché
di un sopranome così impegnativo. Meno presente, se non nei primi tempi,
era un altro componente di quel secondo gruppo: Gianni Pedrini.
Per molti anni, il Bar Pellini al Largo Garibaldi, è stato il ritrovo di
molti modenesi che avevano un “ruolo” importante nella nostra città. Con
noi si inserirono, per un certo periodo, personaggi come Lallo Adani,
Vincenzo Benassati (quello degli olii) con il quale ebbi una certa
frequentazione e un ottima amicizia, per lungo tempo; oltre a Danilo
Gibellini e Alberto Molinari dell’omonimo Bar del centro storico e il
simpaticissimo amico Giuliano Cavazzuti, da alcuni anni non più con noi.
Ovviamente ho citato i nomi di coloro con i quali ho avuto maggiori
frequentazioni e che la mia memoria è riuscita a tenerli custoditi.
Tanti altri saranno sfuggiti e mi dispiace di non poterli ricordare, in
questo modesto “album dei ricordi”.
Arrivarono, dopo qualche tempo, costituendo un altro importante
inserimento nella “banda” del Bar Pellini. Erano i “transfughi” dall’Avia
Pervia di Viale Monte Kosica. Raggiunsero quei tavoli, all’angolo con
Viale Reiter, alcuni personaggi che si integrarono totalmente con il
gruppo “originario” anche se vi era una piccola differenza d’età.
Tra di loro “primeggiava”, ma non per la statura, un Professore
Universitario, docente di Matematica, che “sembrava” tenere le “redini”
di quel gruppetto. Dotato di notevole simpatia e intelligenza, Sergio
Levoni, e di “sufficienti” doti di comunicabilità, riuscì in breve
tempo, a far sì che i suoi “accoliti” fossero completamente assorbiti
nel gruppo, ed accettati dai “vecchi” del Bar Pellini. Il Prof.re, che
in seguito, per “un pelo” non riuscì a diventare Magnifico Rettore dell’
Ateneo modenese, fu, senza ombra di dubbio, un acquisto importante per
il nostro “piccolo o grande mondo”. Innumerevoli furono le sue
partecipazioni alle nostre iniziative, anche in campo sportivo
attraverso le mitiche partite di tennis e alle spedizioni sciistiche
sulle nevi dolomitiche.
In quel gruppo la rappresentanza sportiva più importante era quella del
noto pallavolista, Silvano Mazzi. Allievo del “grande” Franco Anderlini
è stato uno dei pilastri della “compagnia”; grande atleta, ha vestito a
lungo la maglia della nazionale azzurra di pallavolo, dedicandosi
successivamente al tennis, raggiungendo buoni risultati a livello
provinciale ma fondamentalmente a livello professionale diventando uno
dei più apprezzati Maestri della città. Con la sua simpatia, con la sua
partecipazione al gruppo di amici nel quale si era inserito, ha dato una
“marcia in più” alla compagnia del bar di Largo Garibaldi.
Con loro arrivò un altro che si “dilettava” di “racchette e palline” pur
dovendosi confrontare più spesso con l’Ispettorato della Motorizzazione
che lo sostentava con uno stipendio che, assieme a quello della consorte
(la nostra simpaticissima collega “Checca”), lo metteva in condizione di
frequentare quel gruppo di “quasi disperati”, oltre che il Tennis Club
Modena, Mauro Bevilacqua, pur non avendo partecipato alle “tipiche”
manifestazioni del nostro gruppo, è pur sempre stato elemento
determinante nell’ambito delle “conviviali” ai tavolini del Bar Pellini.
Non si dedicavano molto alle svariate attività sportive degli “ex
sfigati del Pellini’s bar” gli amici, Camillo Nicoletti e Paolo
Rebuttini. Entrambi Ingegneri e molto disponibili a tante delle
iniziative del nostro clan, specialmente nel periodo dell’età matura.
Paolo, purtroppo scomparso alcuni anni or sono, era veramente diventato
un buon amico, aveva una filosofia di vita tutta sua, che me lo aveva
reso particolarmente simpatico. Veniva spesso a trovarmi in palestra
all’Athletic Club, anche se non era assolutamente dedito all’attività
sportiva. Amava le conviviali, le discussioni con gli amici, il vivere
tranquillo, qualche partita a carte, e la famiglia. La sua scomparsa
lasciò un gran vuoto in tutti noi.
Un'altra figura importante è stata quella del “gigante buono”: Olivo
Barbieri, uno dei primi grandi della pallavolo modenese. Anche lui ha
vestito numerosissime volte la maglia della nazionale italiana, la sua
grande passione era la scuola: come insegnante di Educazione Fisica ha
dedicato tutta la sua vita all’educazione delle giovani generazioni,
privilegiava l’insegnamento nella scuola Media, dove si è sempre trovato
a suo agio. Qualche volta lo si vedeva anche dietro al bancone della
farmacia del fratello, in Largo San Giorgio, essendo ovviamente laureato
in farmacia, ma lo sport era la sua vera ragione di vita.
L’ultima vera, importante e coinvolgente iniziativa, che intraprendemmo,
già in età matura, fu la mitica vacanza sul Gargano nel mese di
Settembre del 1974. Partimmo con tre equipaggi: auto e roulotte, Sergio
Levoni e Silvano Mazzi; mini Camper, Bruno Zucchini e Argeo Tedeschi;
Camper, Luciano Della Casa. Super attrezzati con: gommone a motore per
lo sci nautico di Sergio Levoni, catamarano a Vela di Luciano Della
Casa, Telecamera, per la visione diretta di ogni nostro movimento, di
Bruno Zucchini, oltre a macchine fotografiche, telefoni intercomunicanti
(allora non esistevano i cellulari), racchette da tennis, mazze da golf
(sport che avevamo appena preso in considerazione). Un campeggio, quasi
deserto proprio sulla “Testa del Gargano” accolse, per circa quindici
giorni quel gruppetto, al quale si aggiunse anche Paolo Bassoli, di
“maturi ragazzini” con famiglia e figli lasciati “ingenerosamente” a
Modena, a comportarsi come dei ventenni, ma con un’attrezzatura che
negli anni giovanili non potevamo sognare. Tutto andò per il meglio,
l’unico diverbio avvenne, tra due componenti del gruppo, sul modo
migliore di cuocere gli spaghetti, c’era chi li voleva spezzare e chi li
voleva cuocere tutti interi. Fu, senz’altro, il “canto del cigno” del
nostro gruppo che, con il passare del tempo, con le vicissitudini
personali e familiari di ciascuno, continuò sì a trovarsi a quell’angolo
tra Viale Reiter e Largo Garibaldi, ma che gradualmente andò a ridursi.
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Vacanxa con gli amici del bar Pellini al
Gargano
in primo piano sul gommone:Sergio Levoni e
Silvano Mazzi
nello sfondo sul catamarano al "trapezio" .
Bruno Zucchini e Luciano Della Casa |
Io, qualche volta, mi soffermo ancora oggi in quei luoghi, non sono
molto cambiati, ma non vedo più i numerosi amici “veri”, che
frequentavano il Bar Pellini, amici che mi hanno accompagnato per tanti
anni e, in quei momenti, uno struggente ricordo mi attanaglia la gola.
Vorrei, sogno impossibile, ritornare a quegli anni quando non ci
accorgevamo che la giovinezza passava e non tenevamo in nessun conto il
poeta che ci diceva: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia,
chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza…….”.
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