Cap. 8 Largo Garibaldi il bar Pellini

MODENA VISTA DA DESTRA

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                                      Largo Garibaldi, il Bar Pellini.


Modena, città tipicamente medioevale nel suo centro storico fatto di strade strette, con pochi corsi ampi ed ariosi, si apre verso est, all’improvviso, con uno spazio aperto di notevoli dimensioni, è Largo Garibaldi. Gli urbanisti che fecero abbattere le mura e “Porta Bologna”, possono essere discussi per non aver lasciato memoria di quei bastioni che circondavano la città, ma l’apertura della Via Emilia in quel punto, dove troviamo al centro la splendida fontana del Graziosi con le statue raffiguranti i due fiumi modenesi, Secchia e Panaro, oltre alla bella struttura del Teatro Storchi e i bei palazzi che la circondano, hanno dato la possibilità alla “Vecchia Modena” di aprirsi a nuove e importanti dimensioni.
Arrivai a quel sito agli inizi degli anni ’50. Il mio compagno di classe all’Istituto Barozzi e con il quale instaurai una lunga e sincera amicizia, Germano Morandi, mi invitò un giorno ad andare con lui al Bar che frequentava con pochi altri coetanei che abitavano nella zona (allora quasi periferia) di Via Catellani e dintorni. Accettai l’invito e così, giorno dopo giorno, invece di di restare nella zona di Via Gian Maria Barbieri, dove si trovava la mia prima compagnia dopo il ritorno a Modena dallo sfollamento, iniziai a frequentare costantemente quel Bar d’angolo con Viale Reiter, nel quale, assieme ai tanti amici che vi trovai, passammo molti anni della nostra giovinezza ed anche quelli della maturità.

Ai tavoli del Bar Pellini in Largo Garibaldi

da sinistra:

Bruno Zucchini. Gianni Bulgarelli, Luciano Della Casa, Argeo Tedeschi, Giorgio Silvestrini.


Il Bar era gestito da due fratelli: uno grosso e “autoritario”, Primoun” Pellini; l’altro esattamente l’opposto, “mingherlino”, occhiali da intellettuale, sempre cortese e molto gentile. Il locale, stretto ma accogliente, aveva nel retro una stanza, da noi chiamata “stallino” dove, a periodi alterni venivano sistemati, il calcio balilla, i tavoli da gioco, il biliardo e i tavolini per i giochi delle carte. E lì, per anni, si svolsero accese tenzoni a “boccette”, a “calcetto” e a “cotecchio” tra i vari gruppi di giovani e meno giovani che man mano venivano a frequentare quel locale. La maggior parte del tempo che si trascorreva in quel sito lo si passava all’esterno, seduti ai tavolini a consumare, nei primi anni i “panganlein” che cadevano dagli alberi e in seguito anche le “classiche” consumazioni che via via, o “Primoun”, poi il figlio Umberto con la moglie Dimma, ci “invitavano” a fare. L’inverno in assenza dei tavolini si stazionava ugualmente in quell’angolo che era diventato il punto di ritrovo mattutino attorno al mezzogiorno, pomeridiano alle ore del vespro e serale.
A quel Bar, negli “anni d’oro” ’50, “60, ’70, si trovarono tre-quattro compagnie di giovani che man mano si fusero. Era la base di partenza di tutte le nostre iniziative, la programmazione delle serate al cinema, le scorribande nei locali notturni (in genere le balere, anche se alcuni in seguito si dirottarono nei nigt club), i “raid” a Bologna o a Reggio Emilia per dare una risposta alla Signora Merlin, o per la programmazione delle serate a casa di qualcuno di noi per il classico “pokerino”, o per l’organizzazione delle nostre vacanze e dei primi viaggi all’estero. Insomma, tutto si svolgeva sotto i platani di Largo Garibaldi o all’interno del famigerato “stallino”.
E’ ovvio che, essendo frequentato il locale da molti che vivevano il mondo dello sport non solamente come tifosi, ma come praticanti e in seguito come professionisti, le nostre conversazioni e le nostre discussioni, vertevano su argomenti tipicamente sportivi.
Anche la politica ci coinvolgeva in animate discussioni, nei nostri gruppi erano presenti un po’ tutte le ideologie e, per molti, gli agganci politici avevano valenza di carrierismo professionale; di tanto in tanto non era difficile trovarsi di fronte a ”trasformismi” e a “salti della quaglia” che solamente qualche tempo prima non avresti mai immaginato.
Il primo gruppo, del quale faceva parte l’estensore di queste note, anche chiamato “quelli dello sport”, era formato da elementi provenienti, nella maggioranza, dalla “media borghesia” e da rari “proletari”. E’ necessario, per rendersi conto della variegata composizione dei gruppi, stilare, anche se brevemente, un ritratto di questi personaggi che cercherò di “buttar giù” in ordine sparso, ma con la certezza di ricordare amici che tanto hanno dato a Modena e alla sua gente.
Vorrei iniziare con uno, di quelli di noi, che se ne “andò” pochi anni or sono. La forte amicizia con Argeo Tedeschi, mio collega e noto maestro di tennis, nasce nelle aule scolastiche dell’Istituto Barozzi e si cementò strada facendo, attraverso una miriade di avventure, scherzi, giochi, e continuità nella frequenza quotidiana. Alcuni episodi della nostra affinità si sono evidenziati nei racconti di vita in altri capitoli. Aveva una gran dimestichezza con molte attività sportive verso le quali era naturalmente predisposto. Ottimo giocatore di calcio, buon tuffatore, poi dedicatosi al tennis come professionista e in seguito appassionato di golf, sport che avevamo iniziato assieme. Carattere allegro, sempre pronto alla battuta e alla “buona barzelletta”, ma nello stesso tempo pronto alla facile arrabbiatura e a reazioni talvolta “estemporanee”.
Non per niente venne cacciato varie volte dai campi di calcio, a scuola ebbe qualche provvedimento disciplinare, era, come si suol dire, un “impulsivo”. Doveva entrare con noi all’Isef di Roma nel 1953 ma, per una disavventura non entrò, se non l’anno successivo. Venne “ripagato” al termine degli studi dato che, nel 1956, comme allievo Isef venne inviato, assieme ad altri quattro colleghi di corso e all’altro modenese Oddo Federzoni, in rappresentanza del nostro Istituto, alle Olimpiadi di Melbourne in Australia. Si imbarcarono sulla nave scuola “Amerigo Vespucci”, con grande rabbia del sottoscritto e dell’amico Germano Morandi (facemmo di tutto per provare ad aggiungerci a quel gruppetto, ma non vi fu nulla da fare) e ritornarono in Italia, causa il blocco del canale di Suez e dopo aver compiuto il periplo dell’Africa, dopo circa sei mesi dalla loro partenza.

Amici del bar Pellini:

Gianni Bulgarelli, Germano Morandi, Tiziano Ferretti


Con questo amico ho trascorso momenti indimenticabili, a scuola, in compagnia al bar, nei vari viaggi effettuati assieme, a Praga, in Spagna, in camper al Gargano, in Maremma; in Largo Garibaldi era sempre presente, ma assente nelle varie spedizioni, in quanto già fidanzato in quegli anni con la sua futura signora, la Bruna; parlava sempre dei suoi figli, Marcello e Marco e delle preoccupazioni che gli dava il maggiore quando gli prese la passione per il volo (ereditata dal nonno Enzo Tedeschi). Marcello, dopo l’esperienza in deltaplano passò al volo a vela acrobatico, tanto da diventare campione italiano in quella difficile specialità.
Vi erano, nella compagnia, i “fedeli” o ammogliati e gli scapoli. Uno tra i più fedeli era il mio compagno di corso all’Isef di Roma, Sergio Zanasi. Ben inserito nel gruppo ed uno dei meno “caciaroni”. Proveniva anche lui dal mondo del calcio e dall’Istituto per Geometri, fu uno dei primi ad avere a disposizione l’automobile, una “Topolino” Fiat con la quale si andava a percorrere, con una certa frequenza, la tratta Modena Bologna o Reggio Emilia, per le ragioni esposte in altra parte. Notoriamente chiamato “spazzetta”, quando si trattò di partire per la spedizione romana fu subito con noi, anche perché il cugino, “Paco” Bortolamasi già frequentava il corso A. A Roma Sergio è stato un allievo “modello”, difficilmente partecipava alle nostre scorribande dato che era troppo preso a scrivere lettere su lettere alla fidanzata, poi moglie, lasciata a Modena.
Uno di quelli dello “zoccolo duro” del Bar Pellini è stato Gianni Bulgarelli; già mio compagno di classe in quinta elementare, sempre allegro e disponibile alle nostre “zingarate”; ci lasciò tutti sorpresi quando, dopo aver ottenuto il diploma di Ragioniere, riuscì ad ottenere il classico “posto in banca” sino a diventare un rispettato funzionario del Banco di San Geminiano e San Prospero. Si era dedicato al Tennis, tanto da far diventare quella sua passione, quasi maniacale.
Famose erano le partite di doppio che lo tenevano impegnato, assieme ad un altro componente il gruppo di Largo Garibaldi, Giorgio Silvestrini, detto anche “cariga”. Ai tavolini del bar era costantemente presente, ma, data la sua posizione di “ammogliato” poteva partecipare raramente a tutte le avventure del gruppo, se non in rare occasioni, come avvenne in una circostanza dove venne denominato “due calzini”.
Un altro giocatore di calcio (portiere di buone qualità), di biliardino, di cotecchio, di poker e di quant’altro era Tiziano Ferretti. Spirito ribelle, assiduo frequentatore anche del Guf di Via Università, pittore e disegnatore di vaglia, come tutti gli uomini dotati di qualità artistiche era sempre irrequieto, alla ricerca costante di cose nuove, tanto che partì per l’Africa dove rimase alcuni anni in Kenia. Al momento però, che in quella regione vi furono sconvolgimenti tribali e politici pensò bene di ritornare alla sua Modena. Gli rimase appioppato l’appellativo di, “Tiziano l’africano”.
Con l’amico Germano Morandi vi fu un lungo e costante rapporto; sempre assieme durante gli anni all’Istituto Barozzi poi a Roma all’Isef e ancora negli anni successivi. Anche lui proveniva dal mondo del calcio dove aveva notevoli possibilità, tanto da essere ricercato anche da grossi Club; lo chiamavano “Gimona” poiché aveva caratteristiche tecniche che si avvicinavano a quelle del giocatore che portava quel nome, a quei tempi abbastanza noto.
Si lasciò andare, anche lui, alla “sindrome” del Bar Pellini, cioè alle peculiari caratteristiche che caratterizzavano quel gruppo: fatte d’improvvisazioni che rasentavano la genialità e di momenti di “apatia e rilassamento generale”. Certamente benestante, amava l’abbigliamento elegante ma mai appariscente, anche lui pieno di “verve” e di simpatia a volte offuscata da una certa timidezza interiore che lo bloccava in momenti “importanti”.
Lo sport, nelle sue varie espressioni lo “sentiva” totalmente, era sicuramente un perfezionista del “gesto atletico”. Alcuni anni dopo l’uscita dall’Isef, decidemmo assieme di affrontare la grande città e pensammo di andare a portare il nostro entusiasmo, le nostre conoscenze acquisite a Roma e il nostro desiderio di emergere nella professione che avevamo scelto, in un territorio dove le prospettive di lavoro erano decisamente favorevoli.
Milano, città “vergine” allora, dal punto di vista dell’attività motoria; gli insegnanti di educazione fisica scarseggiavano e nella scuola e nelle attività extra scolastiche, contrariamente alla nostra città satura, a quel tempo, di questi professionisti. La morte di mio padre mi bloccò a Modena, ma l’amico Morandi decise la partenza in solitario. A Milano ebbe tante soddisfazioni che lo portarono a diventare allenatore della squadra di pallavolo di Serie A di quella città, sino ad assumere il ruolo di Direttore Tecnico dell’Isef dell’Università Cattolica di Milano. Durante i primi anni della sua permanenza a Milano ci furono frequenze costanti e con lui organizzai le mie prime “Vacanze Sportive” di nuoto e tennis a Riccione. In seguito, gradualmente, per la distanza tra le due città, per le scelte anche professionali differenziate che via via andavamo facendo, ci portarono su percorsi diversi e i nostri contatti si diradarono, se non per ritrovarci nei momenti felici o tristi delle nostre vite.
Un altro dei componenti “storici” del nucleo originario del Bar Pellini è stato: Luciano Della Casa. Unico a quei tempi, a non far parte del “gruppo sportivo”, anche se, negli anni successivi, contagiato dalla sportività del gruppo, si dedicò, con passione, a svariate attività sportive. Benestante, considerato “il bello” della compagnia, proveniente, scolasticamente, dall’”elitario” Liceo Classico L.A. Muratori, laureatosi poi in Medicina e Chirurgia, si trovò, nell’ambito della società modenese, in una posizione decisamente privilegiata. Il mio rapporto con il Prof. Dott. è stato costante per lunghissimi anni. Pur divisi sul piano ideologico e politico e rispettandoci reciprocamente, ci siamo sempre trovati molto vicini sul piano umano e comportamentale. Sin dai tempi giovanili non mancava mai alle nostre “vivaci frequenze” in quell’angolo di Largo Garibaldi; abbiamo partecipato assieme agli incontri di quel mondo “bene”, nel quale era molto più inserito del sottoscritto; partecipavamo alle varie feste, incontri di quella società, abbastanza chiusa, e raccontataci in tanti “brevi” racconti sui libri del già citato Beppe Zagaglia.
Ci hanno maggiormente uniti le frequenze a varie attività sportive quali, l’aereo club per l’ottenimento del brevetto di pilota di aereo, la vela, con le tante uscite al mare o al lago sul suo catamarano, come raccontato in altro capitolo, e i tanti viaggi compiuti assieme,: alle Olimpiadi di Monaco sul mio pulmino Ford trasformato in “mini camper”, con vicissitudini tutte da raccontare.
Eravamo super attrezzati con macchine fotografiche, cineprese, tanto da esser scambiati per operatori ufficiali di quella manifestazione, o come quella notte che parcheggiammo il mini camper davanti all’uscita della sede dei pompieri di Monaco che ci svegliarono in piena notte per sapere cosa ci faceva il nostro mezzo davanti alle porte di uscita dei loro mezzi; e l’arrivo al Villaggio Olimpico mentre erano in piena azione i gruppi palestinesi che provocarono, come azione dimostrativa, l’eccidio degli atleti israeliani ospiti di quel villaggio.
E poi i vari viaggi in Francia in Camper e in “Van”, con la sua compagna Cristina Nocetti e il mio figlio più giovane che si annoiava fortemente per le soste alle numerose cattedrali gotiche visitate, ma che poi si prese la sua rivincita in Normandia, dove rimanemmo alcuni giorni in visita alle spiagge e ai musei dello sbarco anglo-americano del Giugno 1944. Certamente un’amicizia rimasta nel tempo senza flessioni.
Erano inseriti nel gruppo di Largo Garibaldi altri personaggi quali Franco Ferretti e il collega, Paolo Bassoli, partecipe a molte delle mie vacanze sulla neve: frequentatore assiduo per molti anni della nostra “conventicola”, e il compagno di classe per cinque anni all’Istituto Barozzi, Franco Agnini.
Alternativa era la frequenza del noto manager del “marketing” Giorgio Fontanive, con il quale, negli anni precedenti, vi era stata una lunga frequentazione nelle scorribande per locali notturni e che negli anni del suo raggiungimento di “elevati” traguardi socio-economici si dilettava a farci vedere il suo ultimo acquisto in fatto di macchine prestigiose come la mitica “Ferrari”.
Altri amici ci raggiungevano, con minor frequenza, in quell’angolo cittadino come il mio compagno di banco per lunghi anni all’Istituto Barozzi, Franco Cadignani. E gli altri amici Geometri, Otello Incerti, Alberto Paltrinieri e Giulio Ghelli.

Tiro a Segno ai "baracconi"

da sinistra

Maurizio Rebucci, Gianfranco Rebucci, Bruno Zucchini, Luciano Della Casa


Al gruppo primigenio si aggiunsero, poco tempo dopo, alcuni altri personaggi che parteciparono attivamente alla vita della nostra “combriccola” a cominciare dall’Ing. Enrico Sacchetti, uno degli ultimi “moicani”, essendosi sposato già avanti negli anni e, compartecipe a tante nostre “esercitazioni”.
Di quel gruppo faceva parte l’Avv. Teodosio Valentini (Dody), fanatico del pallone e di tutto il modo calcistico. Conosceva alla perfezione le formazioni di tutte le squadre, ma la sua specialità erano i “brasiliani”; Vavà, Didì, Pelè, le sue citazioni su tutto quel mondo, assieme alle dotte citazioni delle “pandette”, erano sempre il “verbo” per tutti noi. Ricco agricoltore, ricordiamo ancora con nostalgia le splendide conviviali nella sua bellissima villa di Rubiera a base di “fagioli con le cotiche” e portate varie della più indigesta e succulenta cucina modenese. Sempre elegantissimo, si dilettò anche lui con lo sport del Tennis.
Frequentemente, assieme ad un altro “doppista” Giorgio Loi, che partecipava agli “scontri” che avvenivano sui campi di “Giachina” in Vial Formigina dove, per lungo tempo, si esibirono in “volè e rovesci”, di dubbia tecnica tennistica, molti dei frequentatori del club poi chiamato degli, “ex sfigati del Pellini’s bar.
A raccontare barzellette degne di essere inserite nelle più importanti trasmissioni televisive di Pippo Franco, vi era Piero Vigarani, che in seguito si specializzò come valido intrattenitore di importanti Club modenesi, dei quali faceva parte, come il Circolo della Biella e il Panathlon Club.
Molto tranquillo e pacato era invece l’amico “Presidente”, Paolo Giacobazzi, del quale non abbiamo mai saputo, con precisione, il perché di un sopranome così impegnativo. Meno presente, se non nei primi tempi, era un altro componente di quel secondo gruppo: Gianni Pedrini.
Per molti anni, il Bar Pellini al Largo Garibaldi, è stato il ritrovo di molti modenesi che avevano un “ruolo” importante nella nostra città. Con noi si inserirono, per un certo periodo, personaggi come Lallo Adani, Vincenzo Benassati (quello degli olii) con il quale ebbi una certa frequentazione e un ottima amicizia, per lungo tempo; oltre a Danilo Gibellini e Alberto Molinari dell’omonimo Bar del centro storico e il simpaticissimo amico Giuliano Cavazzuti, da alcuni anni non più con noi.
Ovviamente ho citato i nomi di coloro con i quali ho avuto maggiori frequentazioni e che la mia memoria è riuscita a tenerli custoditi. Tanti altri saranno sfuggiti e mi dispiace di non poterli ricordare, in questo modesto “album dei ricordi”.
Arrivarono, dopo qualche tempo, costituendo un altro importante inserimento nella “banda” del Bar Pellini. Erano i “transfughi” dall’Avia Pervia di Viale Monte Kosica. Raggiunsero quei tavoli, all’angolo con Viale Reiter, alcuni personaggi che si integrarono totalmente con il gruppo “originario” anche se vi era una piccola differenza d’età.
Tra di loro “primeggiava”, ma non per la statura, un Professore Universitario, docente di Matematica, che “sembrava” tenere le “redini” di quel gruppetto. Dotato di notevole simpatia e intelligenza, Sergio Levoni, e di “sufficienti” doti di comunicabilità, riuscì in breve tempo, a far sì che i suoi “accoliti” fossero completamente assorbiti nel gruppo, ed accettati dai “vecchi” del Bar Pellini. Il Prof.re, che in seguito, per “un pelo” non riuscì a diventare Magnifico Rettore dell’ Ateneo modenese, fu, senza ombra di dubbio, un acquisto importante per il nostro “piccolo o grande mondo”. Innumerevoli furono le sue partecipazioni alle nostre iniziative, anche in campo sportivo attraverso le mitiche partite di tennis e alle spedizioni sciistiche sulle nevi dolomitiche.
In quel gruppo la rappresentanza sportiva più importante era quella del noto pallavolista, Silvano Mazzi. Allievo del “grande” Franco Anderlini è stato uno dei pilastri della “compagnia”; grande atleta, ha vestito a lungo la maglia della nazionale azzurra di pallavolo, dedicandosi successivamente al tennis, raggiungendo buoni risultati a livello provinciale ma fondamentalmente a livello professionale diventando uno dei più apprezzati Maestri della città. Con la sua simpatia, con la sua partecipazione al gruppo di amici nel quale si era inserito, ha dato una “marcia in più” alla compagnia del bar di Largo Garibaldi.
Con loro arrivò un altro che si “dilettava” di “racchette e palline” pur dovendosi confrontare più spesso con l’Ispettorato della Motorizzazione che lo sostentava con uno stipendio che, assieme a quello della consorte (la nostra simpaticissima collega “Checca”), lo metteva in condizione di frequentare quel gruppo di “quasi disperati”, oltre che il Tennis Club Modena, Mauro Bevilacqua, pur non avendo partecipato alle “tipiche” manifestazioni del nostro gruppo, è pur sempre stato elemento determinante nell’ambito delle “conviviali” ai tavolini del Bar Pellini.
Non si dedicavano molto alle svariate attività sportive degli “ex sfigati del Pellini’s bar” gli amici, Camillo Nicoletti e Paolo Rebuttini. Entrambi Ingegneri e molto disponibili a tante delle iniziative del nostro clan, specialmente nel periodo dell’età matura. Paolo, purtroppo scomparso alcuni anni or sono, era veramente diventato un buon amico, aveva una filosofia di vita tutta sua, che me lo aveva reso particolarmente simpatico. Veniva spesso a trovarmi in palestra all’Athletic Club, anche se non era assolutamente dedito all’attività sportiva. Amava le conviviali, le discussioni con gli amici, il vivere tranquillo, qualche partita a carte, e la famiglia. La sua scomparsa lasciò un gran vuoto in tutti noi.
Un'altra figura importante è stata quella del “gigante buono”: Olivo Barbieri, uno dei primi grandi della pallavolo modenese. Anche lui ha vestito numerosissime volte la maglia della nazionale italiana, la sua grande passione era la scuola: come insegnante di Educazione Fisica ha dedicato tutta la sua vita all’educazione delle giovani generazioni, privilegiava l’insegnamento nella scuola Media, dove si è sempre trovato a suo agio. Qualche volta lo si vedeva anche dietro al bancone della farmacia del fratello, in Largo San Giorgio, essendo ovviamente laureato in farmacia, ma lo sport era la sua vera ragione di vita.
L’ultima vera, importante e coinvolgente iniziativa, che intraprendemmo, già in età matura, fu la mitica vacanza sul Gargano nel mese di Settembre del 1974. Partimmo con tre equipaggi: auto e roulotte, Sergio Levoni e Silvano Mazzi; mini Camper, Bruno Zucchini e Argeo Tedeschi; Camper, Luciano Della Casa. Super attrezzati con: gommone a motore per lo sci nautico di Sergio Levoni, catamarano a Vela di Luciano Della Casa, Telecamera, per la visione diretta di ogni nostro movimento, di Bruno Zucchini, oltre a macchine fotografiche, telefoni intercomunicanti (allora non esistevano i cellulari), racchette da tennis, mazze da golf (sport che avevamo appena preso in considerazione). Un campeggio, quasi deserto proprio sulla “Testa del Gargano” accolse, per circa quindici giorni quel gruppetto, al quale si aggiunse anche Paolo Bassoli, di “maturi ragazzini” con famiglia e figli lasciati “ingenerosamente” a Modena, a comportarsi come dei ventenni, ma con un’attrezzatura che negli anni giovanili non potevamo sognare. Tutto andò per il meglio, l’unico diverbio avvenne, tra due componenti del gruppo, sul modo migliore di cuocere gli spaghetti, c’era chi li voleva spezzare e chi li voleva cuocere tutti interi. Fu, senz’altro, il “canto del cigno” del nostro gruppo che, con il passare del tempo, con le vicissitudini personali e familiari di ciascuno, continuò sì a trovarsi a quell’angolo tra Viale Reiter e Largo Garibaldi, ma che gradualmente andò a ridursi.

Vacanxa con gli amici del bar Pellini al Gargano

in primo piano sul gommone:Sergio Levoni e Silvano Mazzi

nello sfondo sul catamarano al "trapezio" . Bruno Zucchini e Luciano Della Casa


Io, qualche volta, mi soffermo ancora oggi in quei luoghi, non sono molto cambiati, ma non vedo più i numerosi amici “veri”, che frequentavano il Bar Pellini, amici che mi hanno accompagnato per tanti anni e, in quei momenti, uno struggente ricordo mi attanaglia la gola. Vorrei, sogno impossibile, ritornare a quegli anni quando non ci accorgevamo che la giovinezza passava e non tenevamo in nessun conto il poeta che ci diceva: “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia, chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza…….”.


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