Cap. 10 Anni sessanta

MODENA VISTA DA DESTRA

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                                                                      ANNI ‘60

Il 1960 sarà l’anno cruciale per il MSI. Si concluderà un ciclo. Le operazioni politiche delle “grandi manovre” romane guidate dallo “stratega” Amintore Fanfani tendevano a portare la politica italiana ai governi di centro-sinistra. All’inizio di quell’anno il MSI raggiunge il punto più alto della sua influenza politica, con l’appoggio al Governo Tambroni; è la prima volta che il MSI, da solo, appoggia il Governo democristiano. Lo spunto, per mettere in difficoltà il Governo Tambroni arrivò, ai mestatori politici, dalla decisione, da parte della direzione del Msi, di tenere a Genova, dal 2 al 4 Luglio, il sesto Congresso Nazionale.
Sarà scatenata la piazza; sino a quei giorni non vi era stata alcuna reazione, anche quando a Maggio venne data notizia dello svolgimento, nella città della Laterna, del congresso, tanto meno vi erano state reazioni quando il MSI, nella stessa città, sosteneva la giunta; vi è, dunque, una strategia ben calcolata a far sì che cortei e manifestazioni massiccie, degenerassero in violentissimi scontri con la forza pubblica.
Vi saranno scontri sanguinosi in molte città italiane che sfoceranno nell’uccisione, da parte della polizia, di cinque manifestanti nella vicina Reggio Emilia.
Il Congresso venne annullato, e provocherà, dopo la caduta del Governo Tambroni un sostanziale irrigidimento delle posizioni filo-democristiane, oltre a una certa “ricompattazione” all’interno del MSI. A Moderna le giornate dei primi giorni di quel mese di Luglio furono abbastanza tese, ma non avvennero incidenti degni di rilievo. La sede del partito era, in quel periodo, in locali sovrastanti il Cinema Splendor, in Via Modonella. e per un certo periodo, piccoli gruppi di giovani, rimasero, giorno e notte, in sede, decisi a rispondere ad eventuali attacchi dei rossi.
In vista anche della tornata elettorale del 7 Novembre 1960 per le elezioni amministrative, tutti gli uomini di “punta” del partito faranno un unico muro per cercare di contrastare le “grandi manovre democristiane”. Le elezioni amministrative saranno un grosso successo per il partito che, nei Comuni capoluogo, si attesterà su valori vicini all’8%.
A Modena si ebbero i seguenti risultati.
Il Movimento Sociale Italiano con 3.260 voti e il 3,6% riportò in consiglio Comunale l’avv. Gino Mori, la DC ebbe 25.531 voti e il 28,2%, il PCI il 45,1% con 40797 voti, il PSI 11.339 voti e 12,7%, il PSDI 6.411 e il 7,2%, il Partito Liberale con 2.932 voti e il 3,2%, portò in consiglio il noto avvocato modenese Odoardo Ascari.

Dopo le elezioni, la vita del partito modenese procedeva con le solite contrapposizioni interne, attenuate dalla situazione politica nazionale. Nel 1961 il movimento sociale locale era guidato dal Prof. Amerigo Ansaloni, mentre il promettente e futuro uomo politico di notevole spessore, Pietro Cerullo, era alla guida della “Giovane Italia”. Da qualche tempo non si tenevano, nella nostra città, manifestazioni di un certo rilievo dell’area di destra. Il modenese Pietro Cerullo al vertice del raggruppamento giovanile si motivò per ottenere, a Modena, lo svolgimento di un Convegno della “Giovane Italia”. Il luogo dell’incontro dell’ 11 Maggio 1961 fu collocato nei locali del Cinema “Arena” in Viale Tassoni.
Si sarebbero dovuti riunire, come difatti avvenne, circa duecento giovani. La sinistra modenese compatta, si mobilita, comunisti, socialisti, repubblicani, radicali, dirigenti dell’Anpi e tutte le altre “conventicole rosse”, si riunisce e dopo lunghissime discussioni ravvisano, in quel convegno, un “premeditato attacco a Modena città Medaglia d’Oro della Resistenza”. Il tam tam resistenziale batte incessantemente il “tamburo di guerra”, si organizza una contromanifestazione da svolgersi in Piazza Grande, prendendo anche la decisione di uno sciopero generale da attuarsi il giorno 10. Le forze “democratiche” di sinistra crearono un clima di tensione tale da bloccare, per due giorni completamente la città. Tutti erano stati mobilitati, dal partigiano “Armando” a “catechizzare” i giovani sui grandi valori della partigianeria, a tutti gli altri “caporioni” del partito, dei Comuni della Provincia Modenese.
Il Prefetto non diede ascolto alle richieste della sinistra, concesse l’autorizzazione e l’uso del cinema Arena ai giovani missini, per il regolare svolgimento di una manifestazione, voluta da un partito ben inserito nella vita della nazione e presente in Parlamento, da anni, con un considerevole numero dei suoi rappresentanti, eletti dal “popolo”.
La città fu ugualmente messa sotto pressione, che sarebbe potuto sfociare anche in conseguenze pesanti. Arrivarono, dalle città vicine, ingenti forze dell’ordine, il Consiglio Comunale era riunito in seduta permanente, ma l’autorità governativa non cedette al braccio di ferro social-comunista. Modena fu praticamente chiusa, ovunque, sulle strade d’accesso alla città furono istituiti posti di blocco. Ero presente a quella manifestazione, anche per la parte organizzativa. Un fatto curioso mi capitò la sera precedente quel Giovedì: mi trovavo, in qualità di insegnante, a un corso organizzato dalla FMI (Federazione Motociclistica Italiana) per la concessione del patentino ai possessori di motociclette e motorini, in quel di Castelfranco Emilia.
Ero stato chiamato, dall’Avv. Franco Fort, a tenere i corsi di Educazione Stradale in varie località della Provincia ed anche in sedi dell’organizzazione comunista come quella di Viale Fontanelli. Quella sera a Castelfranco, i partecipanti al corso, mi dissero: “Professore questa sera il corso non si tiene poiché abbiamo una cosa importante, anzi, venga anche Lei con noi”. Tergiversai, anche se non sapevo ancora di cosa si trattasse, ma insistettero e, sul momento, accondiscesi alla loro richiesta. Scendemmo le scale di quell’edificio e ci trovammo in un’ampia sala gremita di gente, con alle pareti slogan tipo “Via i fascisti da Modena” e altri, capii subito di cosa si trattava, si stavano, preparando per le “operazioni” contro i missini del giorno dopo. Velocemente glissai quell’invito prendendo la scusante di “un incontro galante” improcrastinabile.
Il giorno dopo al Cinema Arena la manifestazione avvenne ugualmente nonostante il vero e proprio “assedio rosso”. Seppi anche, qualche tempo dopo, che un “caro” amico comunista, appassionato di fotografia, era salito su uno dei palazzi di fronte a scattare fotografie su fotografie di tutti i “fascisti” intervenuti al cinema Arena. La “canea urlante”, ben controllata dalla polizia, ci accolse e all’entrata e all’uscita con i soliti “belanti” cori. Noi rispondemmo con le nostre canzoni, e quel centinaio di giovani riuscì a portare a termine la manifestazione tanto contestata.
Vi furono due episodi di violenza; un giovane missino di Reggio Emilia, che era venuto isolato al convegno in motorino, lasciò leggermente in anticipo il cinema Arena e, appena arrivato sulla Via Emilia per il ritorno a casa, fu contornato, aggredito, percosso e derubato dell’orologio e del portafoglio, da un gruppo di “rossi”: il secondo ci capitò più avanti; erano arrivati, da Roma, con un pulman, venti-trenta ragazzi di quella città per partecipare al Convegno. Al termine, scortati dalla polizia uscimmo dalla zona, il pulman davanti e quattro cinque macchine di modenesi dietro di loro; all’altezza dell’aereo-autodromo, la scorta della polizia ritenendo che tutto si fosse tranquillizzato, ci abbandonò. Giunti però alla “Madonnina” trovammo ad accoglierci, muniti di sassi e quant’altro, un centinaio di persone che cominciarono a scagliare contro il pulman i loro proiettili, due vetri laterali andarono in frantumi. Il pulman e le macchine al seguito si fermarono di botto e i “cattivi”, oramai esasperati da quella continua tensione, scesero dai loro mezzi e, “in men che non si dica” la “Madonnina” restò deserta e nelle “mani” dei “fuggiaschi”. I “rossi” si erano letteralmente volatilizzati. Non ci fu bisogno della tutela della polizia. Dopo il “repulisti”, romani e modenesi, in tutta calma, raggiunsero i loro mezzi e lasciarono il luogo dello “scontro” più rilassati e soddisfatti.
Un altro successo, il Movimento Sociale Italiano, lo ottenne nel 1962, quando fu determinante nell’elezione di Segni, a Presidente della Repubblica.
Alle elezioni politiche del 1963 vi fu una certa riscossa del Movimento Sociale che, con 1.571.187 voti pari al 5,1% elesse 27 Deputati, mentre al Senato ebbe 1.459.046 voti pari al 5,3% eleggendo 14 Senatori.
Al Comune di Modena il MSI con 2.905 pari al 2,84% rimase nelle solite posizioni, il PCI passò al 45,48% con 46.532 voti e la DC scese al 24,49% con 25.061 voti. Ebbe un buon successo il PLI che arrivò al 8,03% con 8.213 voti.
Nel Marzo del ’63, l’esponente missino Giorgio Pisanò, entra in rotta di collisione con la dirigenza del Msi e fonda il giornale “Secolo XX” in polemica con il partito pur restando all’interno di questo. In seguito, con l’acquisizione della testata del “Candido” di Giovanni Guareschi, darà un notevole contributo a tutte le battaglie sostenute dalla destra in quegli anni.
Alle elezioni amministrative del 1964 il Partito ebbe un leggero calo e al Comune di Modena con 2.442 voti ottenne il 2,4%, mantenedo un seggio in consiglio comunale; la Dc con 25.297 voti il 24,9%; il Psi 8.741 voti e l’8,6%; il PSU 5.900 voti il 5,8%; ottimo fu il risultato del PLI che con 8370 voti e l’8,2% mandò in consiglio comunale ben quattro consiglieri; il PCI ottenne il 46,9% dai suoi 47.785 voti; e il PSIUP ebbe 3.285 voti con il 3,2%
Arriviamo così al Congresso di Pescara, l’ 8°, dal 12 al 14 Giugno 1965. Avrebbe dovuto essere il Congresso della pacificazione, ma si trasformò, per le solite, irrisolvibili polemiche in un teatro di clamorosi scontri. Tre, le correnti in campo: anche i rappresentanti modenesi si trovarono nelle posizioni diversificate che si scontrarono in modo, che possiamo definire benevolo, “acceso”. La maggioranza, seguace di Michelini, con la mozione “Per l’unità del Partito” alla quale aveva aderito anche Valerio Borghese, avrebbe dovuto accordarsi con la corrente di Giorgio Almirante, De Marzio, Angioy e altri, chiamata: “Rinnovamento”; oltre a una corrente “neospiritualista” di Pino Romualdi e Francesco Petronio. La convergenza tra le prime due correnti si incrina: il discorso “infuocato” di Almirante, rivolto, in particolare alle frange della destra più radicale nel tentativo di un improbabile recupero, accende gli animi. Malgrado quest’episodio l’accordo Michelini-Almirante và avanti, suscitando un’enorme delusione, in quei settori che avevano creduto nelle parole del “leader” delle “sinistre” con la speranza di un cambiamento di rotta che in realtà non ci fu.
Apparve già evidente, a quei tempi, l’irreversibilità dell’operazione che portò al potere il centro-sinistra, che sarà il “cavallo di Troia”, com’è effettivamente avvenuto, dell’inserimento del Partito Comunista ai vertici dello Stato. E proprio negli anni che nel partito vince la linea dell’inserimento, si viene a creare la situazione di un Movimento Sociale Italiano sempre più isolato e in una posizione di “stallo” politico.
Vi sono, tra l’altro, i prodromi della “contestazione giovanile” che condurrà al fatidico ’68. Quando esplode quel movimento, i gruppi giovanili di destra erano ancora forti, avendo agibilità sia nelle Università sia nelle scuole superiori. Il desiderio di un sostanziale ricambio della “politica” di quei tempi era auspicato e a destra e a sinistra. I giovani sentivano che, nonostante le parole dei politici, non avveniva quel salto di qualità che era necessario per una trasformazione vera della società. Anche a Modena, ancora la sinistra non aveva “egemonizzato” le masse giovanili, molti concetti ”Evoliani” facevano presa sui giovani, ma il partito si adagiava sul fronte della “compromissione” con il potere” e gradualmente perderà quella favorevole penetrazione che aveva sempre ottenuto nel mondo giovanile.
In breve tempo, i comunisti riusciranno a capovolgere la situazione a loro favore e la “contestazione giovanile” diventerà di “uso e consumo” delle sinistre, trasformandosi in una pseudo rivoluzione che non raggiungerà gli scopi, per la quale era nata, ma servirà ai “rossi” a condizionare le masse giovanili che sentivano il bisogno di un “vero rinnovamento” che non avvenne.
Di una chiara visione di cos’era il comunismo nei paesi dell’est negli anni ’60, n’è stato testimone lo scrivente. In occasione del Campionato Mondiale di Pallavolo a Praga nel mese di Settembre del 1966, con un gruppetto di amici del Bar Pellini decidemmo di recarci in quel paese, in considerazione anche della frequenza in quei territori del nostro amico e collega, Franco (Paco) Bortolamasi, ex pallavolista , ben addentro l’organizzazione del mondo comunista sia dei paesi dell’est che della nostra città, provenendo dal circolo della Villa d’Oro alla Crocetta. Io avevo in tasca, in quel periodo, la tessera di giornalista (pubblicista), poiché, in anni precedenti, ero stato direttore di una piccola rivista denominata “La Settimana a Modena” che pur non avendo avuto vita lunga, mi permise per molto tempo di restare iscritto all’albo dei giornalisti.
In quella occasione servì moltissimo dato che permise di accreditarmi a quella manifestazione, ottenendo così la possibilità di accedere alla sala stampa e alla tribuna per i giornalisti, con grande rabbia degli amici che dovevano entrare al Palazzo dello Sport come comuni spettatori. Partimmo una sera, verso le ore venti, dal Bar Pellini con tre equipaggi: Bruno Zucchini e Germano Morandi sulla sua Fiat 850 coupè, Argeo Tedeschi e Sivano Mazzi con la sua Lancia Fulvia coupè e Franco Bortolamasi con Nocetti su di un'altra vettura. Modena Praga in un'unica tirata, con breve sosta a Norimberga, tanto che dopo oltre un migliaio di chilometri tra Italia, Austria, Germana e Cecoslovacchia, quando ancora non vi erano autostrade, giungemmo a Praga attorno al mezzogiorno del giorno seguente la nostra partenza da Modena.
Il periodo trascorso in quella splendida città, che contrariamente a tutte le altre capitali europee non era stata toccata dai bombardamenti aerei e dalla tremenda guerra del 1940-45, fu per mè particolarmente simpatico e ricco di episodi interessanti e di conoscenze di vario tipo.
Il nostro gruppetto, se si escludono i due pallavolisti Mazzi e Bortolamasi, si interessò relativamente della manifestazione sportiva (io avevo poi dalla sala stampa la possibilità di avere tutti i dati dello svolgimento degli incontri) per dedicarsi più alla conoscenza della città e dei suoi dintorni e a quella della sua gente.
Avevo da poco tempo terminata la lettura de “La Metamorfosi” del grande autore ceco Franz Kafka, che dà, nel suo capolavoro letterario una descrizione “fantastica” della sua Praga. Mi calai completamente, girando per la città, per le strade di “Malastrana” e per i suoi borghi, in quell’atmosfera che mi aveva particolarmente colpito nei racconti di Kafka. Il comunismo era ancora imperante e gli scricchiolii portati dalla “Primavera” di Praga avvennero due anni dopo; regnava pertanto sulla Cecoslovacchia quell’atmosfera plumbea che trovavi in Russia e in tutti Paesi al di là della cortina di ferro. Noi “turisti” eravamo dei privilegiati: anche se a quei tempi era difficile ottenere un visto per entrare nei paesi del blocco comunista, ma riuscimmo a toccare con mano la miseria nella quale viveva quel popolo e delle vessazioni che subivano i cittadini cecoslovacchi, datoche tutta la produzione di quel ricco e, una volta, prosperoso paese, veniva convogliata, tutta o quasi, verso la “famelica” madre del comunismo, la Russia.
I pochi turisti, ma solo loro, potevano entrare in pochi e particolari negozi dove si trovava di tutto, quasi si fosse in territorio extra doganale, mentre tutti gli altri esercizi della città di Praga offrivano uno spettacolo miserevole e all’interno e nelle vetrine e non si trovavano, in tante occasioni, neppure i generi di prima necessità. Con i “Tuzek” (moneta riservata al turista) potevi acquistare a basso prezzo quelle cose che i praghesi potevano solamente sognare.
Se penso poi alla speculazione di alcuni che arrivavano dall’Italia e in particolare i “compagni modenesi”, con le auto strapiene di calze di seta, o di quei “trench” blu che anni prima erano di moda da noi e che venivano comprati nella nostra città a circa mille lire e rivenduti ai giovani ungheresi, che ne andavano pazzi, ad un prezzo in “fiorini” (la loro moneta) equivalente ad uno stipendio mensile di un impiegato o di un operaio, mi viene ancora il voltastomaco.
Ricordo uno “scontro verbale” in “Venceslao Nameski” la Piazza principale di Praga; all’uscita da un locale dove ai praghesi non era permesso entrare se non accompagnati da uno “straniero” o solamente a quelli facenti parte della classe politica dominante, ci incontrammo, per puro caso, con un gruppetto di comunisti modenesi (loro avevano facilitazioni dalle organizzazioni di partito ed erano sempre ben muniti della lira italiana che a quei tempi e in quei territori valeva come il dollaro ed era ricercatissima anche al mercato nero) che esaltavano quel tipo di società (che avrebbero voluto portare anche in Italia) in funzione della possibilità che avevano di vivere in quel paese con la nostra lira, quasi nel lusso, alla faccia dei poveri compagni cecoslovacchi che vivevano letteralmente nella miseria.
Per poco non vi fù lo scontro “fisico” alle mie accuse al gruppo dei “compagni”, fortunatamente gli “amici” del mio, che ovviamente “giocavano in casa”, riuscirono a ristabilire la calma e lo scontro destra -sinistra, tutto modenese in quel di Praga, svanì in una bolla di sapone. Voglio qui sottolineare che il sottoscritto non approffitò minimamente di quella situazione e nulla si portò con sé dall’Italia, tantomeno andò alla caccia di oggetti pregiati quali icone antiche, cristalli di Boemia ecc. che i “compagni modenesi” stipavano nelle loro auto, per farne mercato ritornati in Italia. Unico ricordo che portai da quel viaggio fù un trenino elettrico per il mio primo figlio che aveva appena compiuto due anni. Dopo quindici giorni trascorsi nella kafkiana città ritornammo a Modena dopo un altro rocambolesco viaggio (con una sosta interminabile di svariate ore al confine con la Germania per controlli che i cari compagniucci superavano brillantemente dopo aver versato poche lire (italiane) alle guardie di confine) raggiungemmo la nostra città dopo 24 ore.
Quando, ritornato a Modena, raccontai ad alcuni amici “rossi” come si viveva in uno dei “paradisi” del comunismo, venni tacciato di essere il solito “reazionario” e forse avevo visto, ”secondo loro”, lucciole per lanterne. Ciononostante questi signori che si sono arricchiti con il capitalismo a Modena avevano, pur sempre, in cuor loro la speranza, fortunatamente rimasta tale, di poter avere anche da noi una società simile a quella cecoslovacca, già fallita a quei tempi e che aveva creato tanta miseria e disperazione.
Quel tipo di comunismo aveva completamente reso “ottusi” coloro che si lasciarono imbrigliare dall’illusione di una società equa e giusta quale prometteva di esere il marxismo esportato anche nel mondo occidentale. A Modena, questi “ex rivoluzionari” mancati, si sono semplicemente impadroniti del potere attraverso le più “bieche e reazionarie” formule mistificatorie del capitalismo, gestendole a solo loro uso e consumo e purtroppo riescono ancor’oggi a tenenersele strettamente in mano con i sistemi tipici dell’illusionismo di massa.

Dopo gli scontri con la polizia a Roma, Valle Giulia, del 1° Marzo 1968, nei quali, giovani delle organizzazioni del Msi, Fuan e Giovane Italia e altri gruppi contestatori di sinistra uniti nella ricerca di dar corpo ad una visione univoca di ribellione al “sistema”, vi fu la netta frattura tra Movimento studentesco e giovani destra nella battaglia che vide contrapposte le due fazioni, nell’ accesissimo scontro avvenuto alla Facoltà di Legge dell’Università di Roma. Quegli scontri causarono profonde e insanabili lacerazioni nelle organizzazioni giovanili del Msi.
La dirigenza del Partito non sarà in grado, causa anche la grave malattia di Arturo Michelini, che lo condusse a morte il 5 Giugno 1969, di fronteggiare al meglio la contrapposizione che porterà i gruppi della destra radicale al di fuori del MSI. Alla scomparsa di Michelini, ritorna alla guida del Partito, Giorgio Almirante che ”sveglierà” il MSI dal “sonno” del Segretario “moderato”. Rientra, dopo poco tempo, anche Pino Rauti, dopo aspre polemiche all’interno del gruppo di “Ordine Nuovo” nel quale resta, assieme a pochi altri, Clemente Graziani che rimane fedele alla linea, nazional-rivoluzionaria, che tempo prima li aveva fatti uscire dal MSI.
Anche a Modena, era allora Segretario Provinciale, Pietro Cerullo, ci saranno queste uscite e “rientrate” da parte di piccoli gruppi che si erano sempre schierati nell’area di “sinistra”. Nel frattempo (1968) Junio Valerio Borghese fonda il suo “Fronte Nazionale”, invitando l’area di destra a “ribellarsi al partitismo e a votare scheda bianca”.
A Modena, nel mese di Febbraio di quell’anno, suscitò molta curiosità, nella stampa e nell’opinione pubblica, la ripresa degli scavi a San Possidonio, per la ricerca dei resti dei fascisti, uccisi nel Maggio 1945 dai partigiani di quelle zone, in quella che venne denominata, la strage della “Corriera Fantasma”. Ma le ricerche, attraverso mille polemiche, durarono poco tempo; venne tutto sospeso e del fatto non se ne parlò più per molto tempo ancora.
Il 19 Maggio1968 si tennero le elezioni politiche che videro un certo calo del Movimento Sociale che, dal 5,1% del 1963 passò, in questa tornata elettorale, al 4,4% con 1.414.794 voti alla Camera con l’elezione di 24 Deputati, mentre al Senato raggiunse il 6,7% e 1.380.452 voti e l’elezione di 11 Senatori. A sottolineare la disaffezione dell’elettorato giovanile a seguito della linea “compromissoria” del partito.
Anche il Comune di Modena riflesse la situazione nazionale, con il MSI a solo il 2,40% e 2706 voti, il Pci fece un ulteriore piccolo balzo in avanti e con 52.959 voti arrivò al 46,98% e la DC sempre attorno al 25,67%. I Socialisti mantenevano le loro tradizionali posizioni al 12,50%. Buona la tenuta dei liberali attestati al 6,09%.
Giorgio Almirante riprende, con posizioni diverse rispetto agli anni precedenti, una più accentuata radicalità nell’attacco al “sistema”, sottolineando sempre più la minaccia comunista di avvicinamento al potere, dichiarando che “ad ogni azione di piazza dei rossi, corrisponderà una contro-azione promossa dal MSI”.
Alla fine del 1969, il 20 Dicembre a Roma venne organizzata una grande manifestazione, con la partecipazione di iscritti di tutte le Federazioni compresa quella modenese, che ottenne un successo clamoroso.
In questo mese di Dicembre avviene la prima strage, di quella “strategia della tensione” che insanguinerà la nostra nazione durante tutti gli anni settanta e i primi anni ottanta. A Modena la notizia suscitò enorme impressione. Era il 12 dicembre 1969. A Milano, alle ore 16,37, nel salone della Banca dell’agricoltura a Piazza Fontana esplode un ordigno che provoca la morte immediata di 13 persone e 90 feriti, due dei quali decedettero in seguito.


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