y
Di Morra Davide
Un numero si definisce
complesso se ha una parte reale e una immaginaria
G = A + iB
i =Ö - 1
Per ogni numero complesso esiste il suo coniugato G*
G* = A - iB
Il modulo di un numero complesso è sempre reale.
½G½=( GG*)1/2 = ( A 2+ B 2)1/2 = Ö A 2+ B 2
Due numeri complessi sono uguali quando è uguale
sia la parte reale che quella immaginaria.
L’addizione e la sottrazione tra complessi sono
eseguite secondo le regole applicate ai vettori.
z1= x1 + iy1
z2= x2 + iy2
z1 + z2 = (x1+x2)+i(y1+y2)
i è l’unità immaginaria definita da i2 = -1
Una equazione che si incontra spesso trattando di
numeri complessi è la “formula di Eulero”:
eia =
cosa +isena
eia =
cosa +isena
; e-ia =
cosa -isena
(eia)( e-ia) = (cosa
+isena)( cosa
-isena)=
= cos2a -icosasena + isenacosa +sen2a =
= cos2a + sen2a =1
Un operatore è un simbolo che applicato ad una
certa funzione dice ciò che essa deve diventare. Operatori che tutti conosciamo sono i simboli di addizione, sottrazione ,
moltiplicazione e divisione. La loro caratteristica fondamentale è la
posizione.
Vediamo alcuni esempi:
E’ possibile definire un’algebra degli operatori, cioè stabilire regole generali con cui manovriamo gli
operatori anche davanti le funzioni.
Nel caso in cui più operatori agiscano su di una funzione si applica prima quello più a
destra. Per es.
Addizione di due operatori
Due operatori commutano quando:
Esempio di due operatori che non commutano:
Gli operatori si definiscono lineari se vale:
Ad esempio la derivata è un operatore lineare
mentre la radice quadrata non lo è:
Un operatore P si dice complesso e P*
si dice complesso coniugato se P contiene i e il suo coniugato –i:
Operatore gradiente
Fornisce la velocità di trasformazione di una certa
funzione lungo le tre direzioni dello spazio. Si indica
con Ñ ed è definito:
Operatore laplaciano
Connesso nel caso dell’equazione di Schrodinger alla energia cinetica.
Si definisce equazione agli autovalori:
Dove P (q i ) è un operatore, G( q i ) è una funzione entrambe legate alle variabili q i e p è una costante; q i = coordinate generalizzate.
Quanto tale equazione è soddisfatta, G( q i ) è detta autofunzione
dell’operatore e p è detto autovalore .
Funzioni di classe Q
Una funzione si definisce funzione di classe Q se soddisfa le seguenti
proprietà:
1) È una funzione ad un sol valore
2) E’ una funzione continua
3) E’ una funzione a quadrato sommabile e a
supporto compatto.
1)Si intende quelle
funzioni per cui ad ogni valore di x corrisponde un solo valore di y. Ad
esempio la funzione (x-a )2 +( y-b )2 =r2 non è una funzione ad
un sol valore:
y2
y1
x1
2)Una funzione è una
funzione continua in un intervallo se è continua in ogni punto dell’intervallo.
Ad esempio una funzione
y=f(x) è continua in un punto x0 se il Lim x®x0 f(x)=f(x0); cioè se il limite coincide con il valore della funzione in
quel punto.
3)Una funzione è a quadrato sommabile se il suo quadrato è integrabile.
Ad esempio la funzione
f( x)= 1/ x rispetta questa condizione
Mentre
la funzione f( x)= 1/ x no
Anche
nell’intervallo 2 e +¥
I postulati della meccanica quantistica
Si intende per postulato una assunzione da accettarsi a priori e non
contraddetta dall’esperienza.
Alcuni termini importanti:
“variabile dinamica”:
ogni proprietà che interessa un sistema è definita
variabile dinamica (posizione r, energia E, ecc..)
“osservabile”: ogni variabile dinamica che può essere misurata. In
meccanica classica tutte le variabili dinamiche sono degli osservabili, invece
in meccanica quantistica esistono restrizioni fondamentali sulla misura
simultanea delle grandezze.
“Ogni stato di un
sistema dinamico costituito da N particelle è descritto nel modo più completo
possibile da una funzione Y (q 1 , q 2 , …q n
, t) tale che la grandezza YY*dt è
proporzionale alla probabilità di trovare q i
nell’intervallo tra q i e q i +dq i ad un dato tempo t.”
Tutte
le informazioni sulle proprietà del sistema sono contenute nella funzione
d’onda Y che dipende solo dalle coordinate delle n
particelle e dal tempo. Se le proprietà degli osservabili di un sistema non
cambiano nel tempo si dice che il sistema si trova in
uno stato stazionario (cioè se dp/ dt= 0). La seconda parte del postulato dà una interpretazione fisica della funzione Y . Questa interpretazione è visualizzabile in modo
semplice con un sistema che contiene una sola particella nell’intervallo x e x+ dx ad un dato tempo t.
Le funzioni d’onda, affinché diano sempre
un’interpretazione corretta della realtà
fisica, devono essere di classe Q .
• La funzione d’onda deve essere continua.
• La funzione deve essere ad un sol valore
• La funzione d’onda deve essere a quadrato sommabile.
Queste restrizioni sono tutte collegate al postulato che YY*dt rappresenta una probabilità. La restrizione
che sia a quadrato sommabile esprime la necessità che
la probabilità di trovare la particella in tutto lo spazio sia finita. Un caso
speciale è quando:
ò YY*dt = 1
tutto lo spazio
In questo caso si dice che la funzione Y è normalizzata.
Con dt si indica ovviamente dt = dx dy dz, e viene detto elemento di
integrazione.
Verifichiamo se la funzione y
= eax con -¥ £ x £+¥ è una funzione
d’onda accettabile?
La funzione è ad un sol valore ed è finita, è continua ma è a quadrato
sommabile?
Per a >0 è uguale
a +¥ ; per a <0 è uguale
a -¥. La funzione non è una funzione d’onda
accettabile.
Verifichiamo se la
funzione d’onda eimj
con m numero
intero e 0 £ j £ 2p è una funzione
d’onda accettabile.
La funzione
d’onda è accettabile perché rispetta tutti e tre i requisiti per le funzioni di
classe Q .
Ma che utilità ha per noi la funzione d'onda y che è una funzione matematica?
Immaginiamo che
l'elettrone sia rappresentabile da una carica elettrica dispersa nello spazio:
allora, per ogni punto identificato dalle coordinate (x, y, z), il valore y2 è
proporzionale alla densità di carica in quel punto; oppure, preso un
volume dt piccolo a piacere, y2 dt rappresenta
una misura della probabilità di trovare l'elettrone in quel volume dt.
Per ottenere la
probabilità di trovare l'elettrone in una certa regione dello spazio occorre
calcolare l'integrale ò y2 dt esteso a tutta la regione che interessa. Chiameremo
così "orbitale" una regione dello spazio delimitata da
una superficie a uguale y2 e,
al cui interno, la probabilità di trovare l'elettrone sia, per esempio, 90% (se
volessimo 100% dovremmo considerare "tutto” lo spazio).
Questa
"definizione" sarà da noi usata per rappresentare graficamente gli
orbitali; y
rappresenta perciò, per noi, soprattutto una funzione di
probabilità.
z
1s
y
x
“Ad ogni proprietà di un osservabile di un sistema,
è associato un operatore lineare Hermitiano corrispondente, e le proprietà
fisiche dell’osservabile possono essere dedotte dalle
proprietà matematiche dell’operatore.”
L’operatore Hermitiano dà la certezza di ottenere
sempre valori reali nel calcolo dell’osservabile.
Un operatore Hermitiano è definito dalla seguente
relazione:
yi* e yj sono funzioni che
soddisfano le condizioni di accettabilità stabilite precedentemente (devono
essere di classe Q) e a è l’operatore Hermitiano generico.
Esercizio
Ricorrendo alla formula per l’integrazione per
parti:
Far vedere che
l’operatore d/dx non è Hermitiano, mentre lo è i(d/dx).
Dobbiamo verificare che:
L’operatore non è Hermitiano perché è cambiato il
segno rispetto a quello di partenza.
Se è:
Applicando la formula di integrazione
per parti al primo membro:
Confrontando il secondo membro della (1) con la (2)
posso dire che l’operatore –i(d/dx) è un operatore Hermitiano.
Per convenienza, è utile
introdurre un diverso tipo di notazione per gli integrali visti fin ora:
Proviamo ad utilizzarla per
dimostrare che gli autovalori di un operatore Hermitiano sono reali, proprietà
di cui devono godere se corrispondono ad un osservabile. Consideriamo ora un
insieme di autofunzioniy
di un operatore Hermitiano a
. Vale a dire:
La complessa coniugata è:
Se si moltiplica i membri dell’equazione
(1) per yi
con i membri dell’equazione (2) peryi*
e si integra su tutto lo spazio otteniamo:
Se valgono le condizioni di Hermitianità:
Poiché yi e yi* sono funzioni (e non operatori)
non è importante l’ordine con cui viene eseguita
l’operazione, per cui:
L’autovalore deve essere reale
perché solo i numeri reali sono uguali al loro complesso coniugato.
Operatori di un dato osservabile
Si
presenta ora il problema di scrivere gli operatori di un dato osservabile. Per
prima cosa si scrive l’espressione classica dell’osservabile in esame in
termini delle coordinate, dei momenti e del tempo. Successivamente
si fanno le seguenti sostituzioni:
• si lasciano inalterate le variabili tempo e le coordinate.
• nell’ambito delle coordinate Cartesiane i momenti pq sono sostituiti dagli operatori differenziali
-iht(¶ /¶q); ht
= h /2p
Come esempio costruiamo l’operatore quantomeccanico
dell’energia cinetica T espresso rispetto alle coordinate cartesiane delle
particelle:
L’operatore di interesse più generale è quello
associato all’energia totale del sistema. L’espressione classica dell’energia
totale è la funzione Hamiltoniano e pertanto l’operatore corrispondente è detto
operatore Hamiltoniano.
Dove T è l’operatore energia cinetica e V è l’operatore
energia potenziale che dipende soltanto dalla coordinata q.
Pertanto:
“Sia a
un operatore che corrisponde ad un osservabile e vi sia
un insieme di sistemi identici nello statoys . Inoltre ys sia autofunzione di a
cioè
ays = asy s
dove è un numero. Se uno sperimentatore esegue una
serie di misure dell’osservabile che corrisponde ad a su elementi
diversi dell’insieme, dovrà ottenere come risultato as.”
Solamente quandoys
ed a soddisfano questa condizione
l’esperimento darà lo stesso risultato ad ogni misura.
Questo postulato crea
un collegamento tra il formalismo della meccanica quantistica e le misure
sperimentali.
Supponiamo
di voler calcolare le energie permesse di un sistema atomico o molecolare e di
volerle confrontare con le misure sperimentali. Il terzo postulato stabilisce
che, affinché le misure delle energie permesse di un sistema, costituito da
particelle identiche, siano esatte lo stato del
sistema deve essere descritto da una funzione d’onda y che sia autofunzione dell’operatore che corrisponde
all’energia totale, vale a dire all’ Hamiltoniano. Il problema del calcolo
delle energie permesse si riduce allora al calcolo di y n ed E che
soddisfano le equazioni agli autovalori:
Nel
caso di un sistema costituito da una sola particella si ha sostituendo la
nella
si
ottiene:
Che
può essere scritta come:
da
cui
Questa
è l’equazione d’onda di
Schrodinger di una singola
particella in uno stato stazionario.
IV Postulato
Talvolta
vogliamo conoscere le caratteristiche di un sistema che non è descritto da
un’autofunzione dell’operatore associato a quella proprietà, cioè
quando non vale l’equazione agli autovalori, ovvero:
ays ¹ asy s
“Sia dato
un operatore a ed un
sistema di insiemi identici descritti da una funzione
d’onda ys che non è autofunzione di a ; una serie delle misure delle
proprietà che corrisponde ad a su
elementi diversi dell’insieme non dà il medesimo risultato. Si ottiene
piuttosto una distribuzione di risultati, la media dei quali darà:
<a> rappresenta il <<valore medio>> o di
aspettazione della grandezza associata ad a nel caso in cuiys non sia autofunzione dia. Ovviamente seys è autofunzione di a, il valor medio
sarà uguale all’autovalore.”
Molti
esperimenti fatti in meccanica quantistica ed in spettroscopia riguardano
fenomeni che dipendono dal tempo. In questo caso si presenta il problema di
conoscere l’evoluzione della funzione di stato y(q,t).
“L’evoluzione
nel tempo del vettore di statoy(q,t) è espressa mediante la relazione:
dove H è
l’operatore Hamiltoniano”.
Questa è l’equazione
di Schrodinger dipendente dal tempo.
Se
consideriamo l’espressione dell’ Hamiltoniano
e la sostituiamo nell’espressione precedente
otteniamo:
Se l’operatore non dipende esplicitamente dal tempo,
è sempre possibile trovare una soluzione formale della forma:
Per mostrare la
validità della
La sostituiamo
nella
E otteniamo:
Se H non dipende
dal tempo il termine esponenziale che esprime la dipendenza dal tempo può
essere anteposto all’operatore ottenendo
L’equazione
di Schrodinger si considera propriamente alla stregua di un postulato della
meccanica quantistica e, quindi, non dovrebbe
richiedere giustificazione più approfondita.
Vediamo
però come l’equazione di Schrodinger costituisce una descrizione plausibile del
comportamento della materia ritornando alla formulazione della
meccanica classica data nel secolo diciannovesimo.
Ai tempi di
Schrodinger era noto che un’onda piana aveva
un’equazione classica del tipo:
Dove A è l’ampiezza massima dell’onda, l è la lunghezza d’onda, g è la frequenza e y è l’ampiezza dell’onda in un certo
punto x.