I Fullereni

 

Cosa sono i Fullereni

 

Oltre ai cluster del carbonio tipici: carbonio amorfo, diamante e grafite, si è riusciti a sintetizzare, attraverso procedure di laboratorio, un gran numero di nuovi clusters che possono contenere al loro interno da 2 e 300 atomi di carbonio. Da C20 in su questi clusters tendono ad assumere una forma sferoidale, mentre se ci troviamo al di sotto di C20, assumono la forma di lunghe catene di atomi di carbonio, simili a quelle di alcuni polimeri plastici, solo che in questo caso non vi sono sostituenti che insistono sugli atomi di carbonio.

Fra i clusters che tendono ad assumere forma chiusa, ve ne sono alcuni la cui struttura ricorda quella di un pallone da calcio, a tali clusters, i chimici hanno dato il nome di fullereni. Fra di essi, quello che riveste maggiore importanza nel campo della chimica e della scienza dei materiali, è, indubbiamente, quello formato da 60 atomi di carbonio, cui i chimici hanno dato il nome di Buckminsterfullerene (Bucky per gli amici) per la somiglianza della sua forma geometrica con quella delle cupole geodetiche disegnate dall’architetto Buckminster Fuller.  

 

Geometria dei fullereni

 

Come si è già detto precedentemente, i fullereni, da C20 in su assumono una forma chiusa, forma che, nel caso del fullerene Bucky, è simile alle cupole geodetiche disegnate dall’architetto Buckminster Fuller. Tale assetto geometrico viene definito icosaedro tronco e ricorda molto da vicino la struttura di un pallone da calcio. Tale forma geometrica, deriva dall’icosaedro, cui sono state sfaccettate le 20 facce in modo da ottenere 12 pentagoni (vedi Fig. 3)

Tale struttura che conferisce una elevata stabilità alle cupole geodetiche, la conferisce anche al fullerene C60. Elevata stabilità, però, non implica anche una bassa reattività, infatti, come vedremo in seguito, i fullereni possono dare un gran numero di reazioni, che consentono al chimico di modellarne senza troppi problemi le caratteristiche chimico-fisiche. 

 

Struttura elettronica dei fullereni

 

Per quanto riguarda l struttura elettronica dei fullereni, si devono distinguere due differenti casi. Infatti, in base al numero di atomi di carbonio da cui sono costituiti, come abbiamo visto precedentemente, i fullereni possono assumere forma lineare (n° atomi di carbonio < 20) oppure forma chiusa (n° atomi di carbonio > 20). Nel caso dei fullereni con struttura lineare, si può supporre che gli atomi di carbonio che li compongono siano ibridati sp3, con una struttura del tipo:

 

¾ C º C ¾ C º C ¾

 

Per quanto riguarda invece i fullereni con una struttura geometrica chiusa, il discorso si fa più complesso. Ciò in quanto, come abbiamo visto precedentemente nel caso del fullerene Bucky, questi tendono ad assumere una forma sferica.

Sperimentalmente, si è osservato che gli atomi di carbonio che costituiscono i fullerene che vanno da C20 in su, possiedono orbitali ibridate sp2. Il che potrebbe sembrare in netto contrasto con quanto detto a proposito della struttura geometrica dei fullereni che vanno da C20. Infatti, se, come è stato sperimentalmente provato, gli atomi di carbonio sono ibridati sp2, allora la struttura geometrica del fullerene Bucky, ad esempio, dovrebbe essere di tipo planare e non di tipo sferoidale. Questo significa che, in realtà l’ibridazione sp2 degli orbitali degli atomi di carbonio che compongono i fullereni, non è un sp2 pura, ma è un sp2 “imbastardita” della componente s. Infatti, la struttura geometrica sferoidale dei fullereni da C20 in su, impone una deviazione di un certo angolo rispetto all’assetto planare. Tale angolo prende il nome di angolo di piramidizzazione e nel caso del fullerene C60 è pari a 11,6°.

Per giustificare la presenza di tali angoli, si deve presupporre, come abbiamo già accennato precedentemente, una reibridizzazione, degli orbitali degli atomi di carbonio, intermedia fra sp2 ed sp3, per la quale l’orbitale 2pz, abitualmente puro nel caso di un’ibridazione sp2 normale, non lo sia più e quindi contenga al suo interno una certa percentuale di carattere s. Percentuale, che decrescerebbe all’aumentare del numero di atomi di carbonio che compongono il fullerene, fino ad annullarsi nel caso limite della grafite. Un simile andamento spetterebbe, come ovvio, anche all’angolo di piramidizzazione.

La parziale ibridizzazione dell’orbitale 2pz porta con se tutta una serie di conseguenze, fra cui, quella che riveste maggiore importanza a livello pratico, è data dal fatto che gli orbitali 2pz reibridati, presentano una maggiore affinità elettronica, rispetto ai convenzionali orbitali molecolari che si formano a partire da convenzionali orbitali 2p. Il che è legato al fatto che gli orbitali 2s sono molto meno energetici rispetto agli orbitali 2p puri. A prova della maggiore affinità elettronica degli orbitali 2pz reibridati è stato calcolato che il fullerene C60 possiede una elettronegatività pari a 2,65eV e che è in grado di ospitare sulla sua superficie fino a 12 elettroni ed è stato sperimentalmente provato che può ospitare sulla sua superficie fino a 2 elettroni in fase gassosa e fino a 5 elettroni in soluzione.

L’elevata affinità elettronica associata ad una superficie costellata da orbitali molecolari radiali, ne fanno un ottimo candidato come materiale per l’elettronica molecolare ed è proprio per questa ragione che lo studio delle proprietà chimiche e fisiche dei fullereni riveste particolare importanza nel campo della scienza dei materiali.

Si deve infine notare come si sia venuto a creare una sorta di paradosso: un elemento come il carbonio che è il riducente industriale per eccellenza, è divenuto ora un accettare di elettroni e quindi un ossidante”  

 

Preparazione dei fullereni

 

Intorno al 1990, è stata messa a punto una procedura per la sintesi su “grande” scala (grande significa che una persona da sola, in una giorno di lavoro è in grado di produrre 100g di prodotto finito) di C60. La materia prima da cui partire è nerofumo di grafite, ottenuto evaporando elettrodi di grafite in atmosfera satura di elio a 100Torr. Il nerofumo viene quindi disperso in benzene (o solfuro di carbonio o tetracloruro di carbonio). A questo punto, si lascia decantare la soluzione color rosso vino e si allontana il solvente mediante moderato riscaldamento Il materiale solido che si ottiene (C60) e di colore grigio scuro, può essere sublimato più volte ed è stabile all’aria per settimane.

Una tecnica di sintesi più complessa (coinvolge le nanotecnologie) consiste nel far evaporare della grafite attraverso un raggio laser pulsato, mentre la susseguente formazione del cluster è regolata da un flusso intermittente di elio. Giocando su una sapiente alternanza laser-elio, è possibile ottenere fullereni di dimensione voluta.

 

Funzionalizzazione dei fullereni 

 

Prima di vedere come possono essere funzionalizzati i fullereni, vediamo cosa si intende per funzionalizzazione di un sistema molecolare. Per funzionalizzazione di un sistema molecolare si intende definire un insieme di operazioni svolte dal chimico per esaltare, rendere selettive o ampliare la gamma di proprietà già possedute naturalmente dal sistema molecolare.

I fullereni sono stati funzionalizzati attraverso l’inserimento sugli atomi di carbonio che ne fanno parte di diversi gruppi funzionali, sia organici che non. Un esempio di funzionalizzazione è mostrato in fig. 3. Tale funzionalizzazione rientra nello spirito della metallazione del fullerene, per gli scopi che ora andremo a descrivere.

 

Applicazioni dei fullereni

 

I fullereni interessano il campo di studi della scienza dei materiali per le loro proprietà metalliche, ferromagnetiche, di conduzione e superconduzione ) conduzione in prossimità dello zero assoluto) e, al limite di isolamento. Infatti, in base al tipo di funzionalizzazione (inorganica: drogaggio con metalli alcalini, organica: introduzione di gruppi anionogeni), il gap tra le bande HOMO-LUMO cambia, riducendosi nel caso più generale (conduzione e superconduzione) o, talvolta, aumentando fino a fare del fullerene un materiale isolante. Alla base di questi fenomeni e la già citata affinità elettronica (conseguente, a sua volta, alla reibridizzazione intermedia sp2-sp2), che risulta essere modulabile attraverso funzionalizzazione e che porta i fullereni ad assomigliare ai normali conduttori di tipo n.              

 

 

 

 

 

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