MINISTERO DELL'INTERNO - DIREZIONE GENERALE AFFARI DEI CULTI
CIRCOLARE N. 93 DEL 30/03/1996
- Ai Sig. PREFETTI DELLA REPUBBLICA
LORO SEDI
- Al Sig. COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA PROVINCIA DI TRENTO
TRENTO
- Al Sig. COMMISSARIO DEL GOVERNO PER LA PROVINCIA DI BOLZANO
BOLZANO
Al Sig. PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE DELLA VALLE D'Aosta
AOSTA
OGGETTO: Procedimenti amministrativi relativi agli enti ecclesiastici cattolici - Riconoscimenti giuridici e provvedimenti di autorizzazione.
I rapporti tra lo Stato Italiano e la Chiesa Cattolica, regolati ex novo dagli accordi pattizi del 1984, hanno trovato attuazione, per quanto concerne le "disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del Clero cattolico in servizio nelle Diocesi" con la legge 20 maggio 1985 n. 222.
Tale normativa, relativamente al settore di competenza, prevede come tratti più caratterizzanti:
l'istituzione di nuove figure giuridiche quali le Parrocchie e gli Istituti per il sostentamento del Clero con contestuale soppressione di entità come i benefici e le chiese parrocchiali;
il rinvio alle leggi civili relative alle persone giuridiche in materia di acquisti (in senso lato) degli enti ecclesiastici,
la possibilità di riconoscere giuridicamente realtà religiose come gli istituti di diritto diocesano che prima non potevano assurgere ad entità civilmente rilevanti,
il rispetto delle norme civili per il riconoscimento giuridico.
A distanza di più di 10 anni dall'entrata in vigore della suddetta legge, cui è seguito il regolamento di esecuzione approvato con D.P.R. 13 febbraio 1987 n. 33, la maggior parte delle questioni emerse in sede di applicazione di una normativa, per molti versi nuova, sono state risolte grazie anche all'apporto del Consiglio di Stato che, interessato in merito, è intervenuto a definire le giuste interpretazioni delle suddette norme.
Più volte questo Ufficio, nel corso di tali anni, ha fornito agli organi periferici direttive sulle problematiche evidenziate, al fine di una puntuale ed omogenea applicazione sull'intero territorio della normativa di specie.
Ne sono conferma le numerose circolari emanate in materia che hanno costituito e che costituiscono tuttora un elemento guida per le Prefetture nell'espletamento degli adempimenti di competenza.
Gli orientamenti non sempre univoci, manifestati dal Consiglio di Stato su particolari problematiche, le normative che hanno inciso in varia misura sui procedimenti amministrativi in genere e più in specifico su quelli di interesse, inducono a ricompendiare nel presente elaborato le questioni più rilevanti - afferenti sia al settore del riconoscimento giuridico che a quello delle autorizzazioni - nonché a fornire nuove ed ulteriori indicazioni volte anche ad una più celere e sollecita definizione delle pratiche.
SETTORE RICONOSCIMENTI:
Nel settore in questione la circolare n. 71 del 20 ottobre 1989 ha previsto gli adempimenti istruttori in relazione alle varie tipologie di enti da riconoscere.
Il contenuto di tale circolare rimane in buona sostanza invariato, vanno tuttavia evidenziati i più recenti orientamenti formulati dal Consiglio di Stato.
L'Alto Consesso ha infatti rimarcato, come peraltro suggerito da questo Ufficio, l'assoggettamento degli enti ecclesiastici, pur nella specificità della loro natura, alla disciplina delle norme di diritto comune con particolare riguardo a quanto attiene il patrimonio, la redazione dei bilanci, quando l'attività dell'ente non si esaurisca in attività di culto e di religione, la necessità della forma dell'atto pubblico per l'atto costitutivo e lo statuto per quegli enti che, sia pure di culto, non rientrano nella costituzione gerarchica della chiesa cattolica.
La circolare in questione non forniva elementi per quanto concerne il riconoscimento delle Confraternite, esistenti al 7 giugno 1929, per le quali non è stato ancora emanato il decreto di accertamento del fine esclusivo o prevalente di culto.
Tali realtà, che continuano ad essere regolate dalla legge dello Stato come IPAB, possono, in base all'art. 71 della l. 222/85, ancora ottenere il predetto accertamento.
Detta norma ha posto notevoli problemi applicativi derivanti da un orientamento rigoroso del Consiglio di Stato che solo in questi ultimi anni ha subito una inversione di tendenza che ha aperto la strada per il riconoscimento quali enti di culto.
Gli elementi istruttori necessari per la procedura in questione di cui, come detto, la circolare 71 non fa menzione, sono stati individuati nella scheda allegata alla successiva circolare n.78 del 23.11.93.
In quella sede sono state elaborate delle tabelle riassuntive relative alle documentazioni occorrenti per i procedimenti di competenza del Servizio.
Per il riconoscimento giuridico in particolare vengono indicati dei documenti di comune matrice e specificati quelli occorrenti per ciascuna tipologia di ente.
In tema di statuti l'esperienza sin qui maturata ha posto in risalto le difficoltà che gli enti incontrano nella redazione di tali atti fondamentali per la loro esistenza.
A tali carenze l'Ufficio ha sempre corrisposto, contribuendo con apporto diretto e spesso defatigante, a sciogliere i dubbi e le incertezze legate anche alla specificità dei casi.
Una più attenta riflessione sulla questione ha suggerito, sempre nello spirito dei criteri sanciti dalla l. 241/90,di fornire, in allegato (all.1), copie degli statuti più significativi (distinti per tipologia di enti) che rispondono agli orientamenti del Consiglio di Stato e come tali costituiscono un utile punto di riferimento sia per gli enti, per quanto attiene alla elaborazione degli statuti stessi, sia per gli Uffici per il riscontro dei requisiti ritenuti necessari dalle norme.
Particolare rilevanza è stata attribuita, nel corso di questi anni, alle fabbricerie, realtà di natura mista per le quali è stato avviato a suo tempo un apposito censimento.
Tale ricognizione volta a delineare le fabbricerie con personalità giuridica da quelle che di tale personalità non sono dotate, con la precisazione per ciascuna di esse dell'esistenza o meno di beni di proprietà da amministrare come previsto dall'art.37 del D.P.R. 33/87, è attualmente in fase di definizione.
Il quadro pressoché completo di tali entità - mancano infatti soltanto alcune fabbricerie per le quali le difficoltà di valutazione sono connesse alla complessità delle vicende storico-giuridiche che le tipicizzano - ha consentito e consente di procedere all'estinzione di quelle realtà che non presentano i requisiti previsti dalle norme regolamentari per la loro esistenza in vita nonché, per quelle che continuano ad operare di provvedere alla loro messa a regime.
Al riguardo si è infatti provveduto alla nomina e successivo rinnovo dei Consigli di Amministrazione delle fabbricerie e alla nomina dei relativi Presidenti ai sensi dell'art. 35 del citato regolamento. Al fine di garantire un regolare e corretto funzionamento della realtà in questione, si sottolinea la opportunutà di promuovere, prima della scadenza triennale dei Consigli stessi, il rinnovo, per consentire a questa Direzione la tempestiva adozione del provvedimento di nomina evitando in tal modo il protrarsi della gestione in regime di prorogatio.
Ai fini, poi, di una composizione di detti Consigli che possa rispondere al principio di più ampia partecipazione democratica si ravvisa l'opportunità di orientare la scelta in modo tale che non vengano riconfermati quei fabbriceri che hanno già prestato la loro opera per due mandati, per un totale quindi di ben 6 anni.
Parimenti, si è provveduto ad invitare gli enti di specie a regolare la propria vita giuridica mediante l'adozione di apposito statuto, come previsto dall'art.45 del regolamento e redatto in conformità alle disposizioni in esso contenute.
Per sollecitarne l'adempimento e per una più agevole elaborazione con lettera circolare n. 78 fg del 3.8.93 veniva fornito uno schema di statuto formulato secondo la predetta normativa. Per quelle fabbricerie - che costituiscono invero un numero limitato - le quali non hanno ancora provveduto all'emanazione delle norme statutarie sarà cura delle Prefetture competenti sollecitare tale incombenza considerato che ai sensi dell' art. 45 la vigilanza, nel caso di specie, è demandata al Prefetto.
Tra le questioni che in materia hanno trovato una definizione va annoverata quella relativa alla problematica della necessità o meno della proprietà dell'edificio sacro per il riconoscimento degli enti chiesa.
In una recente pronuncia di massima, il Consiglio di Stato ha precisato e definito che la "proprietà dell'edificio è un elemento essenziale dell'ente-chiesa; o se si preferisce che non è qualificabile come ente-chiesa quello che non è dotato della proprietà dell'edificio sacro", anche se con tale affermazione non si vuole ripristinare l'arcaica concezione di personificare tale ente con l'edificio nella sua materialità.
Sebbene, così come affermato dall'Alto Consesso, la chiesa appartenga al genus delle fondazioni, la stessa si distingue per una sua caratteristica essenziale individuata nel rapporto di immedesimazione ente-chiesa/edificio sacro.
In aderenza a tale pronuncia, ove sia stata accertata la mancanza dell'essenziale requisito della proprietà dell'edificio, sono stati adottati provvedimenti di diniego in ordine alle istanze di riconoscimento prodotte dagli enti chiesa.
Giova far presente, per una visione più ampia della problematica, che avverso tali provvedimenti gli interessati hanno prodotto ricorsi al competente TAR sull'esito dei quali si fa riserva di fornire ulteriori informazioni.
Va parimenti posto in evidenza il riconoscimento, decretato da ultimo, di alcune figure religiose, le Regioni ecclesiastiche, previste dal canone 433 del c.j.c..
L'istituzione di tali realtà rientra nella libertà di organizzazione riconosciuta alla chiesa cattolica dai nuovi rapporti concordatari. L'art. 2 dell'Accordo 18.2.84 tra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, ratificato e reso esecutivo dalla legge 25 marzo 1985 n. 121, nel riconoscere, infatti, alla Chiesa cattolica la piena libertà di svolgere la sua missione educativa e caritativa, di evangelizzazione e santificazione, assicura nel contempo la libertà di organizzazione.
L'aggregazione di province e chiese in Regioni risponde principalmente a scopi pratici di coordinamento pastorale e organizzativo tenuto conto dell'alto numero di diocesi presenti sul territorio nazionale, ma è anche motivata dall'opportunità di rendere più facile il collegamento tra le strutture ecclesiastiche e le regioni italiane, dotate di autonomia politico-legislativa-amministrativa.
Per una più completa visione del fenomeno religioso di matrice cattolica presente in Italia, si è voluto offrire un prospetto riepilogativo contenente il dato numerico degli enti che trovano la loro sede giuridica in ciascuna provincia, raggruppati sia pure per grosse ripartizioni (all. 2).
Tale prospetto, occorre precisare, vuole fornire in sintesi il solo elemento numerico.
Per la individuazione specifica di ogni ente si rinvia per quanto attiene alle Diocesi, Parrocchie e IDSC ai decreti di riconoscimento già in possesso di ogni Prefettura nonché al tabulato, trasmesso in occasione della rilevazione dell'ambito di operatività degli enti, dove sono rappresentate le realtà appartenenti alla tipologia degli Istituti, associazioni, fondazioni.
SETTORE AUTORIZZAZIONI:
Gli adempimenti istruttori relativi alla materia delle autorizzazioni trovano la loro specificazione nella circolare n.76 del 4.8.1992 predisposta in occasione dell'intervenuta delega ai Prefetti ai sensi dell'art. 1 delle disposizioni di attuazione del C.C. di cui al Decreto del Ministro dell'Interno in data 16 luglio 1992.
Detta circolare, che ricalca nei contenuti la n. 57, del 15 settembre 1986, contiene istruzioni particolareggiate in relazione ai vari elementi da acquisire e sui requisiti che gli stessi devono possedere ai fini di una istruttoria completa ed esauriente nonché conforme anche ai manifestati orientamenti del Consiglio di Stato.
Ad essa sono stati allegati, con funzione di ausilio per le Prefetture che dopo vari anni si ac- cingevano nuovamente all'emanazione di decreti prefettizi in materia, ma anche per una uniformità di trattazione, copie dei provvedimenti autorizzativi nonché i pareri resi dall'Organo Consultivo in ordine alle problematiche più salienti.
L'impianto di tale circolare rimane, con riferimento all'attualità, sostanzialmente immutato; ai fini di completezza si ravvisa, peraltro, l'opportunità di richiamare l'attenzione anche sulle schede riepilogative della documentazione occorrente per le autorizzazioni, contenute nella circolare n. 78 del 23.11.1993, che ne costituiscono una giusta appendice.
Occorre ribadire, come già a suo tempo comunicato con la circolare n. 79 del 17 giugno 1994, che in materia di autorizzazioni, agli atti eccedenti l'ordinaria amministrazione, da parte delle Fabbricerie, l'originaria competenza ripartita tra Ministero e Prefettura è stata - ai sensi del D.P.R. 18 aprile 1994, n. 343 - attribuita esclusivamente alle Prefetture, con decorrenza 6 dicembre 1994.
É stato, altresì, posto all'attenzione degli organi periferici il rispetto dei termini procedurali, nello spirito della legge 241/90 che prevede l'esplicita individuazione dei tempi di ogni singola procedura.
Nel settore in esame, il termine indicato ab origine in 730 gg. ha subito notevoli contrazioni per effetto del regolamento di attuazione degli artt. 2 e 4 della l. 241/90 approvato con D.M. 2.2.1993 n. 284.
Da ultimo, l'inserimento della procedura autorizzatoria nell'elenco delle attività private sottoposte alla disciplina degli artt. 19 e 20 sempre della legge 241/90 ha determinato, nel procedimento di specie, l'introduzione dell'istituto del silenzio-assenso per cui, decorsi 300 gg. dalla presentazione dell'istanza (sempre che la stessa sia completa) - senza che sia intervenuto e comunicato all'interessato il provvedimento di diniego - l'autorizzazione si deve intendere per concessa.
Se tale termine può risultare adeguato nel caso in cui il rilascio dell'autorizzazione rientri nella competenza del Prefetto ai sensi della succennata delega, riesce difficile il rispetto dei 300 gg. per i provvedimenti che devono essere emanati dal Ministro.
Sebbene l'Amministrazione possa legittimamente adottare i provvedimenti in questione anche dopo la formazione del silenzio-assenso, ciò anche ai fini di certezza per l'ente e per i terzi che con esso si trovano ad operare, con lettera circolare n.504 FG del 25.7.1994 sono state dettate le modalità d'inoltro a questa Direzione Generale delle documentate istanze corredate degli elementi istruttori acquisiti.
Tale adempimento, da effettuarsi entro 80 gg. dal ricevimento dell'istanza e di cui si raccomanda vivamente il rispetto, consente all'ufficio di prendere cognizione, sia pure nella non completezza dell'istruttoria, di ogni singola fattispecie onde provvedere con tempestività ad evidenziare quelle posizioni per le quali non si ritiene di dover concedere il provvedimento richiesto. Particolare rilevanza assume, per questa Direzione Generale, la celerità nell'istruttoria delle pratiche e quindi un contenimento dei tempi necessari anche se la complessità della procedura che vede coinvolte numerose amministrazioni non consente agevolmente di incidere in maniera significativa sui termini stessi.
Un tentativo in tal senso è stato attuato per l'acquisizione dei pareri da parte degli Uffici Tecnici Erariali, che pervengono con notevole ritardo, provocando quindi un rallentamento dell'iter istruttorio.
In uno spirito di collaborazione è stato concordato con gli Organi Tecnici uno schema di perizia-tipo dove sono individuati gli elementi così come richiesti dall'estimo, necessari per effettuare le dovute valutazioni. Tale strumento, come partecipato nella circolare n. 91 del 1.2.96, potrà limitare il ricorso al consueto sopralluogo ed agevolerà, in ogni caso, il compito degli UU.TT.EE. nell'esatta determinazione del valore dei cespiti.
Gli effetti di celerità e certezza che l'uso di tale schema si prefigge di raggiungere potranno essere realizzati solo attraverso una ampia diffusione dello stesso a tutti gli enti operanti nell'ambito di ogni provincia non disgiunta da un coinvolgimento dei vari Uffici Tecnici Erariali.
Sempre in ossequio ai suddetti criteri di certezza e celerità è stato dato avvio a partire dal 1994 ad una rilevazione in ordine all'ambito di operatività degli enti, allo scopo di meglio definire la ripartizione dell'ambito di competenza tra Ministero e Prefetture, ai sensi della cennata delega di cui al D.M. 16.7.92.
La delega in questione che ha dato spunto alla circolare n. 76 del 1992, come è noto, prevede per i Prefetti l'esercizio delle facoltà attribuite all'autorità governativa relativamente all'autorizzazione all'acquisto di beni immobili e all'accettazione di donazioni, eredità, legati da parte di enti dotati di personalità giuridica che svolgono la loro attività nell'ambito di "una" provincia.
L'originaria incertezza manifestata nella determinazione dell'ambito di operatività di alcune tipologie di enti, determinazione per la quale non era sufficiente il ricorso ai soli atti d'ufficio, spesso privi di attualità o di non facile lettura per la soluzione del problema, ha indotto ad avviare la suddetta rilevazione che ha visto coinvolti direttamente le Prefetture e gli enti interessati. In sede di rilevazione è emersa l'esistenza di realtà di fatto difformi da quelle giuridiche che hanno reso e rendono ancora necessari approfondimenti e accertamenti ai fini delle opportune e dovute regolarizzazioni dal punto di vista giuridico.
Da semplice strumento atto a conferire certezza ai fini della ripartizione di competenza la rilevazione ha offerto il modo di effettuare un vero e proprio censimento degli enti di culto cattolico attualmente operanti che consente di eliminare dal mondo giuridico realtà prive di consistenza.
Attesa l'importanza della rilevazione che dovrà dar vita poi all'istituzione di un vero e proprio albo, si raccomanda di procedere con sollecitudine a definire quelle entità che a tutt'oggi non risultano censite nonché a farsi parti attive a che vengano accertate quelle posizioni di difformità che richiedono il giusto intervento correttivo.
La circolare in questione offre l'occasione per rappresentare, secondo quanto è dato rilevare da una recente pronuncia del Consiglio di Stato (all.3), l'orientamento in merito alle proroghe di smobilizzo di beni immobili, già oggetto di autorizzazione governativa, per i quali nel provvedimento stesso veniva previsto un termine per l'alienazione. Tale limitazione, basata sul principio della manomorta onde evitare un eccessivo concentramento di patrimonio in mano ad alcune realtà, non trova più giustificazione nel nuovo contesto di rapporti tra Stato Italiano e la Chiesa Cattolica laddove viene espressamente sancita l'esenzione dall'obbligo di procedere alla conversione (vedi protocollo addizionale 18.2.1984 punto 3).
Relativamente alle richieste di proroga, che rappresentano comunque un numero esiguo ma sulle quali l'Ufficio ha provveduto fino ad ora a rilasciare il relativo provvedimento, il Consiglio di Stato ha avuto modo di rilevare che tale fattispecie non rientra nei poteri autorizzatori; ciò in considerazione del fatto che l'amministrazione non ha alcun potere discrezionale sulle modalità di esecuzione di liberalità per la cui accettazione è stata già concessa, a suo tempo, la relativa autorizzazione.
Nella consapevolezza di aver fornito un utile riferimento ed indirizzo nella trattazione delle pratiche relative agli enti ecclesiatici, si confida nella consueta collaborazione delle SS.LL.
Firmato: IL DIRETTORE GENERALE
(De Feis)
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