San Cesareo è situata
alle pendici nord-orientali dei Colli Albani a 315 metri di altezza sul livello
del mare e dista
29 Km
da Roma lungo il percorso della via
Casilina. Per la sua posizione geografica è stata ed è un importante crocevia
della zona sud-orientale della campagna romana ed oggi rilevante snodo della
rete autostradale nazionale.
Diviene Comune nel 1990, tanto da essere uno dei Municipi più giovani d'Italia e
sorge in un'area ricca di storia e presenze archeologiche; infatti, insiste sul
territorio che nell'antichità appartenne alla città di Labici che distrutta dai
romani nell'anno 418 a.C. risorse in epoca imperiale come municipio con il nome
di Labici Quintanense. Nella zona di San Cesareo stata localizzata da numerosi
studiosi la statio ad Statuas della via Labicana, una stazione di sosta distante
da Roma 18 miglia, così chiamata per l'abbondanza di statue che vi erano e
ricordata nella Tabula Peutingeriana,un itinerario del III-IV sec. d.C..
Anche durante il medioevo San
Cesareo era nota con il nome di Statuario, ad evocare la quantità di statue
intere o frammentate che vi si rinvenivano. Nello stesso sito gli studiosi, in
base all'analisi delle fonti ed in seguito a ricognizioni, riconobbero una
grandiosa Villa Imperiale, nella quale si sarebbe trovato Massenzio proprio il
giorno in cui fu acclamato Imperatore da parte dei pretoriani e dal popolo di
Roma (306 d.C.)
Alla fine dell'età repubblicana accanto alle ville produttive si affiancarono
nella zona, le ville di otium dei romani, tra le quali la più famosa rimane
quella di Giulio Cesare che proprio nel "Lavicano suo", come scrive lo storico
romano Svetonio, fece il suo testamento alle idi di settembre del 45 a.C., sei
mesi prima di morire ucciso a Roma per mano di Bruto e di Cassio.
Ma veniamo ora ai
rinvenimenti archeologici: le scoperte più recenti, realizzate come spesso
accade in seguito a grandi lavori pubblici (costruzione della bretella
autostradale Fiano-San Cesareo, lavori per il tracciato ferroviario Sistema Alta
Velocità), confermano la localizzazione della statio ad Statuas presso San
Cesareo. Gli scavi eseguiti tra il 1993 e il 1995 hanno evidenziato la presenza
in più punti del tracciato basolato della via Labicana.
In particolare negli scavi eseguiti a Largo Villa Giulio Cesare veniva alla luce
un tratto della via Labicana che formava in questo punto una sorta di grande
piazzale da cui si diramavano le strade per Praeneste, per il passo dell'Algidum
sulla via Latina, per Tusculum, per Gabii. Il tracciato dell'antica via stato
rinvenuto in altri punti del centro abitato, tra cui il più importante
sicuramente quello del Fontanile della Pidocchiosa.
Qui in seguito agli
scavi fu rinvenuto il lastricato della strada, conservato per m. 4,10 con le
crepidini laterali ancora intatte. Sul lato meridionale della strada venuta alla
luce una vasca semicircolare di una fontana-ninfeo, realizzata in opera
cementizia con un paramento in opera vittata di tufo, rivestita internamente,
come di consueto in questo tipo di opere, in cocciopesto per
l'impermeabilizzazione. Dalla parte opposta della vasca il basolato della strada
si allargava a formare un piccolo piazzale sempre di forma
semicircolare.Immediatamente a nord di quest'ultimo sono venuti alla luce resti
di strutture pertinenti a vari ambienti realizzati in opera cementizia con
paramento in opera incerta di lava basaltica. Uno di questi ambienti conservava
ancora parte della pavimentazione in opera spicata.La fase di abbandono ed il
crollo degli edifici riferibile alla fine del III sec. d.C. cos come anche
l'attuale pavimentazione della via Labicana. Sono state, infatti, rinvenute
delle monete romane, la pi tarda delle quali databile all'epoca dell'Imperatore
Diocleziano che regn tra il 284 e il 304 d.C.. Doveva trattarsi di un complesso
commerciale gravitante sulla via Labicana e nei pressi di un punto di ristoro.
Altri rinvenimenti sono
stati effettuati molto di recente nel 1998 tra il largo Villa di Giulio Cesare e
via Filippo Corridoni: sono stati ritrovati i resti di una cisterna di
distribuzione idrica, databile al I sec. d.C. con la muratura in opera
cementizia e paramento in opera reticolata di tufo. Nei pressi della struttura
idrica stata rinvenuta una conduttura d'acqua costituita da una tubazione in
fistole plumbee, una delle quali presenta, impressa in rilievo, un'iscrizione
"FELIX POMPEI LONGINI SERVUS FECIT" (FELICE SERVO DI POMPEO LONGINO FECE),
indicante il nome del proprietario della villa o del possedimento che riceveva
la fornitura idrica.Nei pressi della cisterna in un' altra fontana in opera
cementizia stata ritrovata un'altra fistola iscritta con il nome a rilievo del
plumbarius, ossia del costruttore delle fistole: CAIUS VETTENNIUS VERECONDUS
FECIT (GAIO VETTENNIO VERECONDO FECE).
Queste scoperte sono importanti perchè testimoniano a San Cesareo, nella prima
epoca imperiale, l'esistenza di un acquedotto pubblico da cui si rifornivano di
acqua corrente i proprietari della zona, proprietari di primissimo piano come il
Pompeo Longino della prima fistola che fu un ricco senatore e svolse la sua
attività politica e militare sotto la dinastia degli imperatori Flavi e
dell'Imperatore Nerva, verso la fine del I sec. d.C..
Abbiamo già detto come
fonti storiche, letterarie, epigrafiche ricordino l'esistenza di una villa
Imperiale, che alcuni autori sostengono aver avuto origine con Giulio Cesare,
legata al nome dell'Imperatore Massenzio (IV sec. d.C.) lungo la via Labicana:
tra queste fonti vanno ricordate due iscrizioni, rinvenute nel 1705 presso villa
Rospigliosi, tra San Cesareo e il Torraccio di Mezzaselva.
Le iscrizioni dedicate ai genitori da Romolo figlio di Massenzio, confermano la
localizzazione della Villa in quest'area, peraltro avvalorata dall'esistenza di
imponenti rovine monumentali in località Torraccio.
Durante il medioevo questo territorio appartenne alla casata dei Conti di
Tuscolo i quali concessero ad alcuni monaci Basiliani di rito greco-bizantino,
guidati dall'anziano monaco Nilo, i resti di una villa romana e di un sepolcro
che nel V sec. d.C. era stato trasformato in oratorio cristiano. Ebbe cos
origine da quei ruderi la Badia Greca di Santa Maria de Crypta Ferrata che
avrebbe esteso la sua influenza sulla campagna romana.
Fu così che nel corso
dell'XI sec. d.C. nacque sulle rovine della Villa Imperiale di San Cesareo una
chiesa ed una Grangia, ovvero un deposito fortificato di granaglie che i monaci
dedicarono a San Cesareo in ricordo degli antichi imperatori che qui avevano
dimorato. Cesario, infatti, nato in Africa settentrionale nel I sec. d.C. fu
martirizzato a Terracina e gettato in mare dall'alto di una rupe chiuso entro un
sacco. Ci avveniva sotto il regno di Nerone o Traiano. Intorno al 444 d.C. Galla
Placidia, figlia dell'Imperatore Valentiniano III, essendo stata posseduta dal
diavolo fu guarita entrando in contatto con le reliquie del santo le quali
furono portate in processione da Terracina a Roma dove gli venne dedicata una
cappella nel Palazzo Imperiale del Palatino.
Da allora San Cesario
fu, come indica lo studioso G. Lugli "...il santo scelto per il suo nome a
consacrare alla fede di Cristo i luoghi che gi appartennero ai Cesari pagani", e
cosa significativa, siti così chiamati presentano tutti i resti di Ville
Imperiali. Nel 1191 il territorio era divenuto, ormai, un feudo della Famiglia
Colonna del ramo cadetto dei Conti di Tuscolo. Trovarono rifugio, in quello che
era diventato il Castello di San Cesario, gli abitanti della città di Colonna
che fu distrutta in quell'anno dal Comune di Roma con il consenso di Papa
Celestino III e dell'Imperatore Enrico VI. E' molto interessante sottolineare
come la Famiglia Colonna tenesse in particolar modo al possesso di questo
Castello, perchè costituiva una delle prove più significative dell'antichissima
origine della propria casata. I Colonna, infatti, derivavano da un ramo cadetto
dei Conti di Tuscolo, i quali si ritenevano discendenti da Giulio Cesare e dalla
Gente Giulia: nel XII sec. i Conti di Tuscolo si appellavano "Julia Gens
Progenita".
Il 6 maggio del 1333, un
episodio di sangue segnò l'inizio delle guerre baronali tra i Colonna e gli
Orsini che imperversarono nella Campagna Romana per lungo tempo. Bertoldo Orsini
Duca di Bracciano con suo cognato il Conte dell'Anguillara ed un manipolo di
cavalieri, mentre si recavano ad attaccare Stefano Colonna, rifugiatosi nel
Castello di Zagarolo, furono vittime di un agguato perpetrato ai loro danni dal
ventenne Stefanuccio di Sciarra Colonna: questi uscito dal Castello di San
Cesareo li sorprese uccidendoli. Il Castello venne in seguito più volte
assediato, incendiato e distrutto dai nemici dei Colonna. Durante gli assedi,
quando finivano le munizioni, non si esitava dal castello a fare ricorso alle
statue romane che finivano in pezzi sopra gli assalitori.Questa situazione di
precarietà provò gli abitanti del Castello che si rifugiarono nel corso del
tempo nei feudi che i Colonna possedevano sui Colli Albani e sui Monti
Prenestini. L'abbandono del castello avviene nel corso del XV sec.. Dopo
l'abbandono del castello il nome di San Cesareo fu perpetuato dal suo territorio
e da una stazione di sosta e di ristoro, l'Osteria di San Cesario, una delle
famose osterie disseminate nella campagna romana lungo la via per Napoli. Il
Casale dell'Osteria di San Cesario rappresentato sulla pianta del Lazio e della
Sabina nella Galleria delle Carte Geografiche al Vaticano, opera di Antonio
Danti terminata nel 1583. E' possibile ancora oggi vedere alcuni resti del
Casale, databili al XVI - XVII sec.all'altezza del km. 30 della via Casilina sul
lato nord della strada, sotto il viadotto della bretella autostradale Fiano-San
Cesareo.
Il territorio passò poi
in possesso di varie famiglie nobiliari: nel 1622 i Colonna cedettero il
Tenimento di San Cesareo ai Ludovisi che vi fecero fare scavi sistematici alla
ricerca di opere d'arte antica, sopratutto di statue, che costituirono il primo
nucleo della celebre Collezione Ludovisi. Nel 1670 San Cesareo passò nelle mani
dei Rospigliosi Pallavicini che lo trasformarono in una florida tenuta agricola
di ca. 1600 ettari, nella quale lavoravano contadini provenienti da paesi vicini
in particolare da Capranica Prenestina.
La storia di questa comunità stanziata prima temporaneamente, poi stabilmente
sul territorio di San Cesareo estremamente interessante ed illuminante per la
storia di questa zona. Ai Capranicotti, (cos si chiamano i Capranicensi nel loro
idioma) non era permesso di erigere case in muratura, per paura che lo
stanziamento di questi contadini divenisse duraturo all'interno della tenuta;
pertanto costruirono sul colle de I Marcelli un villaggio di capanne, così come
ve ne erano sparse nella campagna romana del 1800.
La capanna costruita dai
Capranicotti risulta avere strettissimi punti di contatto tecnici e tipologici
con le strutture abitative capannicole delle comunità protostoriche, che
abitavano questi territori nell'antichità: la pianta ovoidale, la copertura
testudinata, il columen o trave maestro, posto sull'ellisse maggiore e al quale
si appoggiavano le estremità dei fusti della copertura, rappresentando un
esempio di conservatorismo tecnico nell'architettura abitativa che dalla
protostoria giunge quasi fino a noi. Ma la storia dei Capranicotti e dei loro
villaggi di capanne si intreccia con la storia sociale più recente, quando
questi vennero "scoperti" e aiutati da intellettuali e figure istituzionali
della Roma degli inizi del novecento, ad uscire dallo stato di miseria,
ignoranza e sottomissione nel quale erano costretti a vivere.
Attraverso le scuole
sperimentali per i contadini dell'Agro Romano, aperte dall'Unione Femminile
Nazionale, per incarico del Comune di Roma, di cui era sindaco Ernesto Nathan,
iniziativa nella quale era fortemente impegnata Sibilla Aleramo, si combatte
l'analfabetismo allora dilagante. Nel 1919 l'Opera Nazionale per i Combattenti
espropria la Tenuta di San Cesareo che divenne un'azienda agricola modello
e ricostruì il paese, inaugurato nel 1928. I motivi che portarono alla
costruzione della borgata rurale sono ricercabili nelle concezioni ideologiche e
propagandistiche del fascismo: nei vari articoli giornalistici dell'epoca si
scriveva a proposito dei villaggi di capanne dei Capranicotti di "Africa alle
porte di Roma" di "Villaggi Abissini, di "Vergogna Italiana"; questi villaggi
vennero, pertanto, "bonificati" e al loro posto vennero costruite delle borgate,
il caso di San Cesareo, che comunque non migliorarono le condizioni di vita di
questi abitanti.Nel 1928 San Cesareo era "ricostruita" e vennero inaugurati la
chiesa ed il monumento ai caduti della prima guerra mondiale. Due iscrizioni,
incise sui blocchi di marmo superstiti degli imponenti edifici di età imperiale,
rinvenuti durante i lavori di ricostruzione della borgata, testimoniano questi
eventi. La chiesa, quella che ancora oggi vediamo in piazza, fu trasformata in
parrocchia dedicata a San Giuseppe nel 1951. Nel 1988 stata restaurata ed
abbellita con pavimento marmoreo, zoccolatura in travertino, rivestimento in
marmo e travertino delle colonne fino ai capitelli. Per quel che riguarda la
vocazione del territorio si deve sottolineare come in antico i territori
labicani erano considerati molto fertili: il grammatico greco Ateneo, nel II
sec. a.C. (Deipnosophistae, I, 26, f) scriveva: "il vino labicano di gusto soave
e vigoroso, a metà tra il Falerno e l'Albano, e deve essere bevuto non oltre i
dieci anni di invecchiamento". Silio Italico (Punicae, VIII, 366) dice i
Labicani "abili ad usare gli aratri"e ancora alla fine del II sec. d.C., il
territorio Labicano era famoso per la produzione di ottime uve, come
testimoniato nella Historia Augusta (Clod. Alb., XI) dove si scrive che Clodio
Abino, uno dei rivali di Settimio Severo nella conquista del potere imperiale,
mangiava a colazione tra le altre cose "uvarum Labicanarum pondo viginti..."
ossia 20 libre, pari a Kg. 6,440 di uve Labicane. Una vocazione, come si evince
dalle fonti antiche stesse, che privilegiava la viticoltura, la frutticoltura
nelle zone collinari, mentre nelle zone pianeggianti era fiorente la
cerealicoltura e la coltivazione delle leguminose; le stesse produzioni che
ancora oggi si praticano nella zona.
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