Venerdi 4 Aprile 2003

Di Gasbarra
apprezzo capacità
e onestà intellettuale
Ma punta troppo
sull’immagine
e usa le istituzioni come se fossero un taxi

di ELISABETTA CANTONE
Difende il candidato del Polo, Silvano Moffa, a spada tratta. Ma, allo stesso tempo, riconosce all’avversario Enrico Gasbarra «capacità e onestà intellettuale». Anche se gli rimprovera di «utilizzare le istituzioni come fossero taxi e puntare troppo sull’immagine». Ma di una cosa la delfina di Francesco Storace e coordinatrice regionale di An, Roberta Angelilli, non ha dubbi: «La nostra riscossa è cominciata proprio con le provinciali di cinque anni fa e poi con la vittoria alla Regione. Pure a maggio sarà così, perché Moffa è un buon amministratore, di quelli che hanno fatto la gavetta».
Il segretario capitolino dei Ds Nicola Zingaretti, invece, lo definisce "incolore", uno di cui nessuno si ricorda.
«Questo è ingeneroso oltre che falso, perché Moffa è riuscito, forse per la prima volta, a valorizzare il ruolo di un Ente che ovviamente non ha stessa importanza della Regione e del Comune, ma ha competenze che possono influire veramente sulla vita dei cittadini. E lui lo ha fatto lavorando a testa bassa. Il suo rivale, invece, mi sembra che in questo momento stia giocando con i colori: che caduta di stile la bandiera della pace sui manifesti».
Con Gasbarra lei si è scontrata alle amministrative del 2001, quando era candidata vicesindaco in tandem con Antonio Tajani. Quali pensa siano i suoi punti deboli?
«Con tutto il rispetto e senza mettere in dubbio le sue capacità e la sua onestà intellettuale, sono due le cose che non mi piacciono di lui. La prima è che punta troppo sull’immagine. La seconda, utilizza le Istituzioni come fossero taxi: consigliere regionale e vicesindaco sino a che non è stato costretto a restituire lo stipendio. Ma la cosa più imbarazzante è stata candidarsi alla Provincia da vicesindaco, tradendo quanti lo hanno supportato durante il cammino verso il Campidoglio».
A Roma lei è una delle poche donne di An ad aver fatto carriera. Alla Provincia solo la Guerci siede in Giunta, mentre Gasbarra promette un governo in rosa.
«Sono d’accordo. Le donne vanno valorizzate all’interno delle amministrazioni: rappresentano una risorsa eccezionale, tradiscono di meno e quando prendono impegno lo portano a termine. Detto questo, non penso che nel mio partito ci siano preclusioni nei confronti delle esponenti di sesso femminile: io ne sono una prova».
Se a livello nazionale l’Ulivo è spaccato, nella Cdl il rapporto di forza tra il partito di Berlusconi e quello di Fini e le continue pressioni della Lega fanno sì che le cose non vadano tanto meglio rispetto agli avversari.
«Nelle coalizioni difficoltà e problematicità fanno parte del gioco. Credo che la dialettica politica serva a tutti: salvaguarda il confronto e quindi la democrazia. Anche se, è ovvio, quando la polemica diventa fine a se stessa porta problemi. Come con la Lega, della quale spesso non condividiamo l’atteggiamento sia dal punto di vista culturale che territoriale. Due esempi per tutti: la questione dei finanziamenti per Roma Capitale, gestita con grande fierezza sia da Fini che da Storace e Moffa. E la levata unanime di scudi sulla Rai. Certo, a volte si vince, altre si perde ma l’orgoglio romano c’è tutto».
Nella Capitale la coalizione di centrosinistra sta dando vita a una vero e proprio laboratorio nazionale. Anche il Polo è così compatto nella Città Eterna?
«Credo di sì. La storia degli ultimi anni di An e della Cdl parte proprio da qui, attraverso la riscossa del candidato incolore. Riscossa che bisseremo a maggio. Ed è sempre a Roma che abbiamo consolidato la vittoria delle regionali, che fu decisiva anche a livello nazionale. Per noi Roma e il Lazio rimangono un modello di sperimentazione straordinario. Tanto che nel resto del partito ci accusano proprio di essere romanocentrici».
A proposito dei rapporti tra Forza Italia e Alleanza nazionale, Tajani rivendica la leadership della coalizione per gli Azzurri. Le come la vede?
«Per ora l’abbiamo noi. Ma la nostra è una competizione bonaria: la crescita di Fi non ci preoccupa ma ci rende felice perché così si rafforza la coalizione».
Anche in An però i problemi non mancano: la destra sociale si contrappone a quella protagonista, mentre i consiglieri capitolini vanno per conto loro.
«Nel partito ci sono indubbiamente delle anime diverse: non correnti ma gruppi ben definiti, che su alcune questioni non la pensano allo stesso modo. Ma è meglio così: esternare le proprie perplessità senza paure e senza pudori, come fa Storace, è un bene non un limite. Quanto ai consiglieri comunali, nel caso del Bilancio e del Prg l’intransigenza del gruppo è stata determinata anche che Veltroni, che ha lasciato uno spazio esiguo per l’opposizione, calpestando regolamento e dibattito in Aula.