Venerdi 19 Dicembre 2003
I COLLEGHI
«Una telecamera non basta»
«Prudenza e diffidenza sono le armi preziose per cercare di salvarci»

di GIULIA MANCINELLI


Regna la paura tra i taxisti senigalliesi che mai potranno scordare quanto accaduto al loro collega Stefano Guazzarotti. Neanche l'ipotesi di installare delle fotocamere all'interno degli abitacoli della autovetture sembra tranquillizzare gli animi. In molti, sono reticenti addirittura nell'esprimere un proprio parere circa un'iniziativa destinata a tutelare il loro lavoro. La proposta, che è stata avanzata da Confartigianato Taxi e che peraltro la categoria sta fattivamente studiando affinché possa essere messa in pratica al più presto, suscita interesse ma i timori restano. Applicare delle piccole telecamere all'interno dei taxi e delle vetture a noleggio può essere un deterrente per i malintenzionati ma quando il peggio è accaduto, serve a poco. I taxisti credono di più all'uso dell'occhio elettronico come mezzo per disincentivare ipotetici delinquenti a commettere reati di micriocriminalità piuttosto che come strumento per fermare chi ha già premeditato di compiere un atto pericoloso ai loro danni. «Certo che avere delle telecamere a bordo del proprio taxi ci farebbe in qualche modo stare più tranquilli ma non so fino a che punto servirebbe a fermare ipotetici delinquenti intenzionati a compiere reati - afferma Adelmo Landi, tassista senigalliese - la proposta della Confartigianato è interessante ma bisognerebbe valutarne tutti gli aspetti». E proprio sulla fattibilità del progetto l'associazione di categoria sta concentrando i suoi studi. Questione principale dell'iniziativa è che comunque, un servizio di questo tipo che prevede un costo aggiuntivo, non incida sulle tariffe delle corse. Se venisse aggirato questo problema i tassisti vedrebbero di buon occhio l'installazione di fotocamere all'interno delle loro vetture. «In fondo si tratterebbe di una precauzione in più - aggiunge Landi - e questa ovviamente non è cosa di poco conto». Una tutela aggiuntiva per i tassisti, che dopo quanto accaduto a Stefano Guazzarotti hanno assunto l'amara consapevolezza di essere una categoria a "rischio" nello svolgimento del proprio lavoro, anche se la prudenza e la diffidenza restano sempre armi preziose di autotutela. «Capita spesso di imbatterci in tipi sospetti che non ispirano fiducia, o peggio ancora che ci incutono timore - spiega il tassista - a volte si rifiutano anche di pagare la corsa e in quel caso è meglio lasciar perdere. Ognuno di noi dovrebbe fare i conti con la propria coscienza».