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di SANDRO VACCHI
«Tu valigia grande, tu Mercedes», comanda decisa la signorina bruna,
gonnellona a fiori fino alle caviglie e bustino strizzatette. «Tu lì,
solo borsa. No là, ma lì, su Fiat. Niente mancia?», tende la mano.
Come si fa a dire di no? Sfoggia una professionalità da usciere
d’albergo londinese, le manca soltanto la divisa coi galloni. Mancia?
Qualcuno ci casca, nella fila di viaggiatori in attesa di un taxi
fuori dalla stazione Termini, un altro si indispettisce, i più
abbozzano e tirano dritto. La ragazza non demorde: mille anni di
nomadismo hanno insegnato alla sua gente che il viaggiatore stremato non
vede l’ora di deporre il bagaglio e il posteriore su un’auto che lo
porti all’agognata meta. Così s’è inventata un mestiere. Quale
elemosina strappalacrime col cartoncino con su scritto ”Ciò tre
babini picoli. Oh famme!”? Quale lettura della mano per un futuro
roseo proporzionalmente alla cifra versata? Roba sorpassata, le gitane
della stazione si mettono al passo coi tempi. La più anziana, robusta,
opera in pantaloni grigi con piega a piombo e giaccone blu, una sorta di
divisa, e smista severa il traffico di auto bianche e relativi
passeggeri. E’ tutta un «Grazie signore! Tu, signora aspetta! Ecco taxi,
vedi?» Lo vede sì, non porta nemmeno gli occhiali. Sbuffa, ma una
moneta in mano gliela mette, e neanche l’ha aiutata a caricare la
valigia. «Sia chiaro che noi non c’entriamo con ’ste zingare»
sbotta l’autista di BO 39. «Questa è l’anticamera di Roma, e
nessuno fa niente, i vigili non intervengono». La gitana fa segno al taxi
di avanzare, l’auto si avvicina: l’avrebbe fatto comunque, ma quanta
autorità in quelle quattro dita rivolte in alto che si chiudono a pugno
a ripetizione!
Un istante prima la matrona inveiva però come un’aquila impazzita
contro il mendicante che si trascinava lungo la fila impaziente dei
passeggeri. Ah no! Quello le rubava clienti. E giù urla, e richiami ad
altri nomadi fermi al baretto di fronte perché le togliessero di mezzo
quel mangiapane a tradimento. La necessità aguzza l’ingegno, però,
ed ecco la genialata: capisce che tanto trambusto non può che
indispettire i viaggiatori, si ricompone e... zac! «Prego signore! Tuo taxi
lì. Taxi, vieni!»
I 5800 taxisti romani, 2700 del radiotaxi
3570, la più grande coop di categoria in tutt’Europa, sono
scocciatissimi: «Già ci sono gli abusivi che ci rubano clienti. Ci
mancavano queste, che non ce ne portano di sicuro», Contro gli abusivi
c’è stato uno sciopero. Pronti a spegnere i motori anche contro le
”collaboratrici a terra”? «Termini è l’inferno. Le signore che
scendono a mezzanotte dall’ultimo pendolino vengono ai taxi
di corsa, letteralmente di corsa, perché chissà mai cosa può
succedere finché non si è al sicuro», dice un autista. «Su, avanti!
Bravo!» lo incita la gitana, e accompagna la frase con un’altra in
serbo che non dev’essere esattamente la stessa cosa, vista
l’occhiataccia con cui lo fulmina.
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