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di MARIELLA REGOLI
FIUMICINO - Arranca a piedi con pacchi, bagaglio a mano e un valigione
senza ruote, giù dalla rampa dove stazionano i manifestanti. Dice di
chiamarsi, «Cittadino di nome, e incazz... nero di cognome». In realtà
di chiama Antonio e deve partire per Bucarest. Il fiato grosso, la
fatica e la rabbia gli impediscono di parlare. Poi si mette in fila
davanti alla biglietteria. Coda chilometrica e solo quattro sportelli
aperti. «Mi sono svegliato alle quattro e alle cinque ho preso la
corriera da Salerno - racconta il signor Antonio ancora molto incavolato
e nero - Siccome ho una certa età ed ero molto stanco, mi sono concesso
il lusso di un taxi.
Dopo due ore che eravamo fermi sull’autostrada ho deciso di proseguire
a piedi. Mi sono fatto tre chilometri e mo’ sto qui». Maria piange
accoccolata sul carrello. Pacchi di Natale per i suoi parenti. Lei torna
a Bucarest perché è Natale e perché deve presentare il fidanzato
italiano ai suoi genitori. «Non vedevo l’ora di andarmene da quella
città dove ero triste e non trovavo lavoro - racconta - Adesso che sono
felice, sto per sposarmi e ho pure un lavoro, il destino mi punisce
tenendomi lontana».
Un pianto di neonato. E’ Nicola, un mese e mezzo. I suoi genitori lo
hanno portato a far conoscere ai nonni e dovevano ripartire per
Casablanca qualche ore fa. Adesso, davanti alla biglietteria, non sanno
se il volo sia stato cancellato, non sanno se riusciranno a partire e
intanto la signora passeggia intorno alla fila di gente in attesa
cercando, inutilmente, l’assistenza del personale che non c’è.
Quando dopo oltre un’ora il signor Antonio arriva davanti alla
biglietteria, scopre che il volo per Bucarest: «Forse non parte. Forse
ritarda la partenza. Forse le conviene provare un altro giorno o da un
altro aeroporto. Non so darle informazioni. Oltre la biglietteria, a
destra, c’è l’addetto alle informazioni, provi a chiedere lì. Non
so dirle nulla nemmeno dello sciopero e non so quando finirà. Io, come
vede, non sto scioperando». «Ma che razza d’Italia è? Ma che razza
di gente siete? Vergognatevi!», l’urlo del signor Antonio strappa un
applauso alle centinaia di persone in fila. Applaudono anche quelli in
coda agli sportelli del check-in. L’addetto alla biglietteria chiama
la polizia. Poliziotti trafelati, quelli che accorrono. E spiegano al
signor Antonio che anche loro, tutti i poliziotti di turno
all’aeroporto, hanno dovuto farsi a piedi la strada dalla caserma a
qui per via del blocco del traffico. Il signor Antonio quasi piange
quando scopre, dopo un’altra ora, che il volo per Bucarest è stato
cancellato. Michele Soavi, un signore di Venezia che doveva partire per
Casablanca, cerca di consolarlo: «Negli ultimi sei viaggi che ho fatto,
sono rimasto a terra tre volte. Bisogna che l’Alitalia e le
istituzioni si adoperino per trovare una soluzione alla vertenza. Alla
paura degli attentati ora si è aggiunto anche il patema d’animo per
queste proteste improvvise e impreviste». «Se la prendano con l’Alitalia
e con le istituzioni, se hanno delle rivendicazioni da fare, che
c’entriamo noi passeggeri? A pagare sono sempre i poveri cristi», gli
fa eco, rabbioso, il fidanzato di Maria.
A guardare i monitor delle partenze, sembra un giorno qualunque, non
c’è traccia di voli cancellati e anche quelli per Casablanca e
Bucarest risultano regolari.
80 cancellazioni. 56 voli nazionali e 24 internazionali. Ritardi anche
per chi arrivava a Fiumicino e attese interminabili per sbarcare dagli
aerei e per la riconsegna dei bagagli. Era pomeriggio quando la maggior
parte dei passeggeri ha deciso di rinunciare a ore di attesa vana.
Brancolavano da un lato all’altro dell’aeroporto in cerca di
un’uscita perché per ragioni di sicurezza la maggior parte delle
porte è stata bloccata dalle forze dell’ordine. Il signor Antonio,
cittadino più disperato nero che incavolato, arranca dietro ai
manifestanti che stanno riprendendo il lavoro, per cercare di capire se
domani riuscirà ad andare a Bucarest. «Domani o un altro giorno», gli
risponde un ragazzo in tuta verde.
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