Giovedi 18 Dicembre 2003
A Fiumicino una giornata da dimenticare per migliaia di persone rimaste senza informazioni: code interminabili agli sportelli
Cancellati 80 voli, passeggeri nel caos
Cittadini esasperati, applausi ironici e urla alle biglietterie: «Vergogna»

di MARIELLA REGOLI


FIUMICINO - Arranca a piedi con pacchi, bagaglio a mano e un valigione senza ruote, giù dalla rampa dove stazionano i manifestanti. Dice di chiamarsi, «Cittadino di nome, e incazz... nero di cognome». In realtà di chiama Antonio e deve partire per Bucarest. Il fiato grosso, la fatica e la rabbia gli impediscono di parlare. Poi si mette in fila davanti alla biglietteria. Coda chilometrica e solo quattro sportelli aperti. «Mi sono svegliato alle quattro e alle cinque ho preso la corriera da Salerno - racconta il signor Antonio ancora molto incavolato e nero - Siccome ho una certa età ed ero molto stanco, mi sono concesso il lusso di un taxi. Dopo due ore che eravamo fermi sull’autostrada ho deciso di proseguire a piedi. Mi sono fatto tre chilometri e mo’ sto qui». Maria piange accoccolata sul carrello. Pacchi di Natale per i suoi parenti. Lei torna a Bucarest perché è Natale e perché deve presentare il fidanzato italiano ai suoi genitori. «Non vedevo l’ora di andarmene da quella città dove ero triste e non trovavo lavoro - racconta - Adesso che sono felice, sto per sposarmi e ho pure un lavoro, il destino mi punisce tenendomi lontana».
Un pianto di neonato. E’ Nicola, un mese e mezzo. I suoi genitori lo hanno portato a far conoscere ai nonni e dovevano ripartire per Casablanca qualche ore fa. Adesso, davanti alla biglietteria, non sanno se il volo sia stato cancellato, non sanno se riusciranno a partire e intanto la signora passeggia intorno alla fila di gente in attesa cercando, inutilmente, l’assistenza del personale che non c’è.
Quando dopo oltre un’ora il signor Antonio arriva davanti alla biglietteria, scopre che il volo per Bucarest: «Forse non parte. Forse ritarda la partenza. Forse le conviene provare un altro giorno o da un altro aeroporto. Non so darle informazioni. Oltre la biglietteria, a destra, c’è l’addetto alle informazioni, provi a chiedere lì. Non so dirle nulla nemmeno dello sciopero e non so quando finirà. Io, come vede, non sto scioperando». «Ma che razza d’Italia è? Ma che razza di gente siete? Vergognatevi!», l’urlo del signor Antonio strappa un applauso alle centinaia di persone in fila. Applaudono anche quelli in coda agli sportelli del check-in. L’addetto alla biglietteria chiama la polizia. Poliziotti trafelati, quelli che accorrono. E spiegano al signor Antonio che anche loro, tutti i poliziotti di turno all’aeroporto, hanno dovuto farsi a piedi la strada dalla caserma a qui per via del blocco del traffico. Il signor Antonio quasi piange quando scopre, dopo un’altra ora, che il volo per Bucarest è stato cancellato. Michele Soavi, un signore di Venezia che doveva partire per Casablanca, cerca di consolarlo: «Negli ultimi sei viaggi che ho fatto, sono rimasto a terra tre volte. Bisogna che l’Alitalia e le istituzioni si adoperino per trovare una soluzione alla vertenza. Alla paura degli attentati ora si è aggiunto anche il patema d’animo per queste proteste improvvise e impreviste». «Se la prendano con l’Alitalia e con le istituzioni, se hanno delle rivendicazioni da fare, che c’entriamo noi passeggeri? A pagare sono sempre i poveri cristi», gli fa eco, rabbioso, il fidanzato di Maria.
A guardare i monitor delle partenze, sembra un giorno qualunque, non c’è traccia di voli cancellati e anche quelli per Casablanca e Bucarest risultano regolari.
80 cancellazioni. 56 voli nazionali e 24 internazionali. Ritardi anche per chi arrivava a Fiumicino e attese interminabili per sbarcare dagli aerei e per la riconsegna dei bagagli. Era pomeriggio quando la maggior parte dei passeggeri ha deciso di rinunciare a ore di attesa vana. Brancolavano da un lato all’altro dell’aeroporto in cerca di un’uscita perché per ragioni di sicurezza la maggior parte delle porte è stata bloccata dalle forze dell’ordine. Il signor Antonio, cittadino più disperato nero che incavolato, arranca dietro ai manifestanti che stanno riprendendo il lavoro, per cercare di capire se domani riuscirà ad andare a Bucarest. «Domani o un altro giorno», gli risponde un ragazzo in tuta verde.