Domenica 15 Giugno 2003
Elogio appassionato dell’aria condizionata

IN QUESTI giorni torridi, sono arrivato ad una conclusione, forse banale, ma sulla veridicità della quale non ho ombra di dubbio: il tasso di civiltà di un popolo si stabilisce "anche" parametrando l'uso sociale dell'aria condizionata. Più un popolo usa l'aria condizionata, più è civile.
So che sostenendo questa tesi rischio di passare per fesso. Per molti anni sono stato un fiero nemico di quei getti di aria fredda che, quando sei sudato, ti beccano alla schiena, o alla pancia, e ti rovinano. Per colpa dell'aria condizionata ho avuto delle tremende periartriti. Delle tremendissime coliche. Dei micidiali mal d'orecchio. Ma oggi, dopo un profondo esame di coscienza, ho capito che questi disagi sono il prezzo che si deve pagare ad una forma più alta di benessere: quello della vita al fresco. Già, perchè la vita a ventitrè gradi, mentre all'esterno ci sono quaranta gradi, è un salto di qualità di proporzioni cosmiche. Nel mio ufficio, per esempio, dove c'è l'aria condizionata, in questi giorni di afa molti impiegati arrivano prestissimo la mattina e la sera sembra quasi che non vogliano andarsene. La ragione è semplicissima. Siccome a casa loro non hanno l'aria condizionata, preferiscono lavorare di più, ma stare al fresco. Mi ha raccontato mia moglie, che frequenta il Roman Sport Center, la palestra più moderna di Roma, dove la temperatura è sempre a ventidue gradi tutto l'anno, che in estate le varie sale sono come via del Corso il sabato: straboccano di gente. Molti soci nemmeno fanno ginnastica. Ma fanno ora, fino a tarda sera, per godersi la frescura. Altro esempio significativo è quello dei cinema. In America, in Francia, addirittura in Spagna, il clou della stagione è proprio l'estate. Per una ragione semplicissima: al cinema si sta da Dio perchè fa fresco. In questo, noi italiani siamo ancora incivili visto che al cinema d'estate non ci andiamo. Oggi, infatti, negarsi il diritto del fresco rasenta il masochismo. Esistono ancora tassisti, vecchio stile, che si ostinano a non usare i climatizzatori. Entri in quei taxi e ti senti male. L'autista guida con un asciugamano intorno al collo. Ha i finestrini aperti che sembrano dei phon. Tu sei entrato, tutto preciso, tutto caruccio, tutto pettinato. Ma quando scendi sei come una pizza margherita: sciolto, bollente, uno straccio d'uomo. La riprova di tutto ciò la possiamo avere in aereo, quando l'apparecchio è ancora fermo in pista e l'aria condizionata non è ancora in funzione. Avvengono scene bibliche. C'è gente, disperata, che si sventola. Altri che si tolgono anche la camicia. E se il comandante annuncia «abbiamo qualche minuto di ritardo prima della messa in moto...» i passeggeri insorgono e vogliono linciarlo.
Ci sono anche risvolti da commedia. Mi ha raccontato un mio amico che ha incontrato una bella ragazza in discoteca. Lei ci stava. Il mio amico se l’è portata a casa dove però non c’era l’aria condizionata: sembrava una sauna di Bangkok. Lui ha fatto l'errore di offrirle un whisky, per scioglierla un po’. Ma a sciogliersi è stato lui, perchè l'alcol gli ha aperto delle cascate del Niagara sotto alle ascelle. Per fortuna lei si è spogliata. Lui l’ha condotta a letto. Ma quella che doveva essere "un'avventura" si è trasformata in “una tortura”. Lei sudava. Lui di più. In teoria ci sarebbe stato anche da fare del movimento. Impossibile. La pratica nun se poteva proprio fà! È finita che sono andati in terrazza a farsi una doccia. Ironia della sorte, c’era un vicino affacciato in finestra perché col caldo non riusciva a dormire, il quale, vedendolo con quella bella fanciulla, gli ha mostrato il pollice come per dire “beato te”. Invece il tapino era andato in bianco che più in bianco non si può. Poi dice che l'aria condizionata non serve!