Domenic 16 Marzo 2003

Slogan durissimi, due ore di tafferugli fra fedelissimi, contestatori e disoccupati. E la iena tv Lucci rischia il linciaggio
Savoia a Napoli, tensione e imbarazzi
La visita al Duomo diventa “privata" per evitare incidenti di piazza

dal nostro inviato

FABIO ISMAN

NAPOLI - Mannaggia, che sconquasso: la principesca rentrée finisce a spintoni e calci, appuntamenti rinviati o sospesi, pubblici parapiglia e private querelles; Vittorio Emanuele di Savoia, il figlio Emanuele Filiberto e la moglie Marina Doria, già all’aeroporto, costretti a battere in ritirata da una delle Iene televisive; e al Duomo, i neoborbonici, con il decisivo supporto di fazioni politiche e disoccupati di estrema destra, capovolgono la storia: battono i monarchici, impedendo alla ex royal family di partecipare alla Messa. Spintoni e botte all’aeroporto: perché i monarchici più accesi se la prendono prima con alcuni giornalisti, rei di un tentato avvicinamento (con microfoni e telecamere) nei confronti di Vittorio Emanuele; poi con Enrico Lucci, uno del programma tv Le iene, ripetutamente malmenato. Lucci urla "fascisti, fascisti"; i monarchici, ai giornalisti, "bastardi comunisti"; il principe, appena rentrato in Italia con un’ora di ritardo dopo 56 anni d’attesa, ha il tempo di concludere la rapida e commossa lettura di un discorsetto, che viene di nuovo messo al sicuro nell’area internazionale da dove era appena venuto. Se ne andrà, con un corteo di quattro Thesis gentilmente concesse dalla Fiat e mandate apposta da Torino, solo da un’uscita secondaria, lasciando deluso il pubblico di fedelissimi, trasportati dalla città, con bandiere, coccarde dal nodo Savoia, mantelli e medaglia, a bordo di quattro pullman. Lucci, tallonato da una folla inferocita, è messo in salvo dalla Digos su un taxi; proprio mentre il barone Luca Carrano, grande barba e vasta mole, si accascia per un collasso, viene defibrillato e finisce su un’autoambulanza. E mentre il responsabile della stampa che i Savoia hanno scelto, collaboratore de Il Foglio, dichiara a una tv francese: «Il giornalista di una trasmissione tv aveva intenzione di attaccare fisicamente la famiglia reale, ed è dovuta intervenire la sicurezza». No, non era così.
Però, ce n’est qu’un début: è soltanto l’inizio. Al Duomo, il presidio degli antimonarchici è composito. Contestazione tutta d’estrema destra. Lo sono i gruppi di disoccupati; lo sono i movimenti di Fiamma tricolore e di Forza nuova; lo è anche un consigliere comunale di Forza Italia, Nino Funaro, però presente in quanto neoborbonico. Gente venuta da mezza Italia: Genova, Venezia, Catania. Due ore di tafferugli, se non peggio. Bottiglie d’acqua (piene), pietre, sputi, anche altro. Una bandiera monarchica incendiata; bruciato anche il mantello di un’attempata Guardia d’onore del Pantheon; tra gli altri, il principe Carlo Giovannelli rimedia un colpo in testa. I focolai di rissa si sprecano. Slogan durissimi; 500 fischietti azzurri, con lo stemma neoborbonico, distribuiti per rendere l’ambiente più assordante; clima assai acceso; quasi una mini-rivolta di un migliaio di persone.
Nel Duomo assediato, la messa si celebra solo per i nobili che sono riusciti a raggiungerlo, ma (tre poltrone rosse vuote in prima fila e 300 nostalgici delusi) senza le "Loro Altezze". Che soltanto più tardi, a sorpresa, ce la faranno ad incontrare il cardinale Michele Giordano, ed a rendere omaggio al sangue di San Gennaro. Il quale, tuttavia, deve essere stato antimonarchico, perché al principe che bacia le ampolle con il suo sangue nega il miracolo e non lo lascia liquefare. Frattanto, però (sempre a proposito d’incontri), al Circolo Canottieri, era stato già celebrato quello con sindachessa e governatore, cioé Rosa Russo Iervolino ed Antonio Bassolino. Anche se, fino alla vigilia, la sindachessa aveva giurato che non avrebbe incontrato il principesco gruppo, né, tanto meno, sarebbe stata la «loro baby sitter». I commenti s’intende negativi per questo voltafaccia, non occorre dire che si sprecano; e non basta a limitarli la precisazione che si tratta di «pura cortesia», anche se perfino in campo neutro e tra tanta segretezza.
Insomma, non è certo la rentrée in cui gli ultimi Savoia confidavano, anche se, ad un certo punto, il principino precisa che la contestazione era attesa: «La visita non è finita, qui siamo e qui rimarremo»; ma poi ammette, «quando torneremo, e lo faremo, lo faremo in privato». Tensione alle stelle: a sera, al Circolo dell’Unione, Vittorio Emanuele non ce la fa più; inizia a parlare, «sono contento di essere tornato», e scoppia in lacrime. Il primo caffé napoletano con Bassolino, il primo pianto in Italia in mezzo ai nobili.