dal nostro inviato
FABIO ISMAN
NAPOLI - Mannaggia, che sconquasso: la principesca rentrée finisce a
spintoni e calci, appuntamenti rinviati o sospesi, pubblici parapiglia e private
querelles; Vittorio Emanuele di Savoia, il figlio Emanuele Filiberto e la
moglie Marina Doria, già all’aeroporto, costretti a battere in ritirata da
una delle Iene televisive; e al Duomo, i neoborbonici, con il decisivo supporto
di fazioni politiche e disoccupati di estrema destra, capovolgono la storia:
battono i monarchici, impedendo alla ex royal family di partecipare alla
Messa. Spintoni e botte all’aeroporto: perché i monarchici più accesi se la
prendono prima con alcuni giornalisti, rei di un tentato avvicinamento (con
microfoni e telecamere) nei confronti di Vittorio Emanuele; poi con Enrico
Lucci, uno del programma tv Le iene, ripetutamente malmenato. Lucci urla
"fascisti, fascisti"; i monarchici, ai giornalisti, "bastardi
comunisti"; il principe, appena rentrato in Italia con un’ora di
ritardo dopo 56 anni d’attesa, ha il tempo di concludere la rapida e commossa
lettura di un discorsetto, che viene di nuovo messo al sicuro nell’area
internazionale da dove era appena venuto. Se ne andrà, con un corteo di quattro
Thesis gentilmente concesse dalla Fiat e mandate apposta da Torino, solo
da un’uscita secondaria, lasciando deluso il pubblico di fedelissimi,
trasportati dalla città, con bandiere, coccarde dal nodo Savoia, mantelli e
medaglia, a bordo di quattro pullman. Lucci, tallonato da una folla inferocita,
è messo in salvo dalla Digos su un taxi; proprio mentre il barone Luca Carrano,
grande barba e vasta mole, si accascia per un collasso, viene defibrillato e
finisce su un’autoambulanza. E mentre il responsabile della stampa che i
Savoia hanno scelto, collaboratore de Il Foglio, dichiara a una tv francese: «Il
giornalista di una trasmissione tv aveva intenzione di attaccare fisicamente la
famiglia reale, ed è dovuta intervenire la sicurezza». No, non era così.
Però, ce n’est qu’un début: è soltanto l’inizio. Al Duomo, il
presidio degli antimonarchici è composito. Contestazione tutta d’estrema
destra. Lo sono i gruppi di disoccupati; lo sono i movimenti di Fiamma tricolore
e di Forza nuova; lo è anche un consigliere comunale di Forza Italia, Nino
Funaro, però presente in quanto neoborbonico. Gente venuta da mezza Italia:
Genova, Venezia, Catania. Due ore di tafferugli, se non peggio. Bottiglie
d’acqua (piene), pietre, sputi, anche altro. Una bandiera monarchica
incendiata; bruciato anche il mantello di un’attempata Guardia d’onore del
Pantheon; tra gli altri, il principe Carlo Giovannelli rimedia un colpo in
testa. I focolai di rissa si sprecano. Slogan durissimi; 500 fischietti azzurri,
con lo stemma neoborbonico, distribuiti per rendere l’ambiente più
assordante; clima assai acceso; quasi una mini-rivolta di un migliaio di
persone.
Nel Duomo assediato, la messa si celebra solo per i nobili che sono riusciti a
raggiungerlo, ma (tre poltrone rosse vuote in prima fila e 300 nostalgici
delusi) senza le "Loro Altezze". Che soltanto più tardi, a sorpresa,
ce la faranno ad incontrare il cardinale Michele Giordano, ed a rendere omaggio
al sangue di San Gennaro. Il quale, tuttavia, deve essere stato antimonarchico,
perché al principe che bacia le ampolle con il suo sangue nega il miracolo e
non lo lascia liquefare. Frattanto, però (sempre a proposito d’incontri), al
Circolo Canottieri, era stato già celebrato quello con sindachessa e
governatore, cioé Rosa Russo Iervolino ed Antonio Bassolino. Anche se, fino
alla vigilia, la sindachessa aveva giurato che non avrebbe incontrato il
principesco gruppo, né, tanto meno, sarebbe stata la «loro baby sitter».
I commenti s’intende negativi per questo voltafaccia, non occorre dire che si
sprecano; e non basta a limitarli la precisazione che si tratta di «pura
cortesia», anche se perfino in campo neutro e tra tanta segretezza.
Insomma, non è certo la rentrée in cui gli ultimi Savoia confidavano,
anche se, ad un certo punto, il principino precisa che la contestazione era
attesa: «La visita non è finita, qui siamo e qui rimarremo»; ma poi ammette,
«quando torneremo, e lo faremo, lo faremo in privato». Tensione alle stelle: a
sera, al Circolo dell’Unione, Vittorio Emanuele non ce la fa più; inizia a
parlare, «sono contento di essere tornato», e scoppia in lacrime. Il primo
caffé napoletano con Bassolino, il primo pianto in Italia in mezzo ai nobili.