Sabato 23 Marzo 2002

Tragico epilogo del controllo di un taxi sul raccordo autostradale per Bettolle. Tra le ipotesi, quella del terrorismo
I banditi sparano, agente ucciso
Perugia, inferno di fuoco all’«alt» di una pattuglia della Stradale. Grave l’altro poliziotto

di VANNA UGOLINI
PERUGIA - Determinati. In grado di usare benissimo una pistola. Senza niente da perdere. Spietati, feroci. Hanno sparato per uccidere, un inferno di fuoco su due poliziotti in borghese che stavano facendo verifiche stradali con il “provida", una telecamera per il controllo della velocità, sul raccordo Perugia-Bettolle alle 10 del mattino, su un’auto civetta. Un taxi, una Citroen bianca targata Roma, stava andando troppo veloce, così gli agenti della Stradale hanno intimato l’alt con una paletta. Un finestrino si è abbassato, è spuntata una pistola e dal taxi è partita una pioggia di fuoco. Sei, otto pallottole contro l’auto della polizia, sparate per uccidere: un solo foro sulla carrozzeria, poco sopra la maniglia, tutte le altre pallottole, calibro 9, dentro l’abitacolo. Luca Benincasa, 28 anni, originario della provincia di Napoli, in forza alla polizia stradale di Perugia e padre di un bimbo di due anni, viene colpito alla testa. E’ in coma, morirà nella notte all’ospedale Silvestrini di Perugia. L’altro poliziotto, Lamberto Crescentini, 55 anni, di Foligno, sposato con tre figli, ha il corpo trafitto dalle pallottole: cinque colpi nel torace, uno passa a tre millimetri dalla vena giugulare, i medici che l’opereranno ne pomeriggio parlano di «miracolo».
L’auto dei banditi prosegue la fuga. Il taxi ormai è “bruciato", serve un altro mezzo. Escono alla prima uscita, lasciano il taxi, rubano una Fiat Uno bianca. E la fuga riparte. Una decina di chilometri ancora, mentre polizia e carabinieri stanno cominciando a uscire sul teritorio, mentre con l’aiuto dei testimoni si cominciano a fare i primi identikit (tre uomini, bruno quello che ha sparato, capelli lunghi e ricci, barba incolta, occhiali da vista) e i due feriti vengono soccorsi. Un auto della polizia entra nel parcheggio di un grande centro commerciale, davanti a loro la Uno bianca dei banditi abbadonata, ancora col motore caldo. La tensione si tocca con le mani, il centro commerciale viene messo sotto assedio: i banditi potrebbero essere ancora lì, nascosti fra la gente a fare acquisti, o nel parcheggio, per rubare un’altra auto. Invece, di loro si perdono le tracce. Spariti. Forse lì avevano un’altra auto pulita con cui scappare, o un complice li aspettava.
Indagini in tutta l’Umbria e anche fuori, elicotteri, posti di blocco, le strade della regione sono passate a tappeto. Il capo della Polizia, Gianni De Gennaro, è in continuo contatto telefonico col questore di Perugia, Vincenzo Indolfi. E si fanno le prime ipotesi investigative. Al mattino, a Camucia, in provincia di Arezzo, c’è stata una rapina in banca: due banditi armati di cacciavite hanno rapinato il Monte dei Paschi di Siena. Bottino magro, 5 mila euro. Troppo poco per uccidere due poliziotti? Ma chi erano i rapinatori? Latitanti che, se arrestati, rischiavano trent’anni di carcere? E poi la pista del terrorismo, che, ha detto il sottosegratario Antonio D’Alì, accorso sul posto per verificare lo stato delle indagini e le condizioni dei feriti, «non può essere esclusa». Ma anche la pista della malavita albanese, per il modus operandi dei banditi, feroci e con totale spregio delle forze dell’ordine. E quella della malavita romana. La chiave dell’indagine è in quel taxi, non rubato, che aveva fatto strani giri. Ora il proprietario, un tassista di Roma, è sotto torchio e l’auto viene passata al setaccio dalla Scientifica della polizia. Intanto il magistrato che conduce le indagini, Daniele Paci, chiede aiuto a potenziali testimoni. «Chi ha visto, parli. Anche piccoli elementi potrebbero essere utili».

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