di VANNA UGOLINI
PERUGIA - Determinati. In grado di usare benissimo una pistola. Senza niente da
perdere. Spietati, feroci. Hanno sparato per uccidere, un inferno di fuoco su
due poliziotti in borghese che stavano facendo verifiche stradali con il “provida",
una telecamera per il controllo della velocità, sul raccordo Perugia-Bettolle
alle 10 del mattino, su un’auto civetta. Un taxi, una Citroen bianca targata
Roma, stava andando troppo veloce, così gli agenti della Stradale hanno
intimato l’alt con una paletta. Un finestrino si è abbassato, è spuntata una
pistola e dal taxi è partita una pioggia di fuoco. Sei, otto pallottole contro
l’auto della polizia, sparate per uccidere: un solo foro sulla carrozzeria,
poco sopra la maniglia, tutte le altre pallottole, calibro 9, dentro
l’abitacolo. Luca Benincasa, 28 anni, originario della provincia di Napoli, in
forza alla polizia stradale di Perugia e padre di un bimbo di due anni, viene
colpito alla testa. E’ in coma, morirà nella notte all’ospedale Silvestrini
di Perugia. L’altro poliziotto, Lamberto Crescentini, 55 anni, di Foligno,
sposato con tre figli, ha il corpo trafitto dalle pallottole: cinque colpi nel
torace, uno passa a tre millimetri dalla vena giugulare, i medici che
l’opereranno ne pomeriggio parlano di «miracolo».
L’auto dei banditi prosegue la fuga. Il taxi ormai è “bruciato", serve
un altro mezzo. Escono alla prima uscita, lasciano il taxi, rubano una Fiat Uno
bianca. E la fuga riparte. Una decina di chilometri ancora, mentre polizia e
carabinieri stanno cominciando a uscire sul teritorio, mentre con l’aiuto dei
testimoni si cominciano a fare i primi identikit (tre uomini, bruno quello che
ha sparato, capelli lunghi e ricci, barba incolta, occhiali da vista) e i due
feriti vengono soccorsi. Un auto della polizia entra nel parcheggio di un grande
centro commerciale, davanti a loro la Uno bianca dei banditi abbadonata, ancora
col motore caldo. La tensione si tocca con le mani, il centro commerciale viene
messo sotto assedio: i banditi potrebbero essere ancora lì, nascosti fra la
gente a fare acquisti, o nel parcheggio, per rubare un’altra auto. Invece, di
loro si perdono le tracce. Spariti. Forse lì avevano un’altra auto pulita con
cui scappare, o un complice li aspettava.
Indagini in tutta l’Umbria e anche fuori, elicotteri, posti di blocco, le
strade della regione sono passate a tappeto. Il capo della Polizia, Gianni De
Gennaro, è in continuo contatto telefonico col questore di Perugia, Vincenzo
Indolfi. E si fanno le prime ipotesi investigative. Al mattino, a Camucia, in
provincia di Arezzo, c’è stata una rapina in banca: due banditi armati di
cacciavite hanno rapinato il Monte dei Paschi di Siena. Bottino magro, 5 mila
euro. Troppo poco per uccidere due poliziotti? Ma chi erano i rapinatori?
Latitanti che, se arrestati, rischiavano trent’anni di carcere? E poi la pista
del terrorismo, che, ha detto il sottosegratario Antonio D’Alì, accorso sul
posto per verificare lo stato delle indagini e le condizioni dei feriti, «non
può essere esclusa». Ma anche la pista della malavita albanese, per il modus
operandi dei banditi, feroci e con totale spregio delle forze dell’ordine. E
quella della malavita romana. La chiave dell’indagine è in quel taxi, non
rubato, che aveva fatto strani giri. Ora il proprietario, un tassista di Roma,
è sotto torchio e l’auto viene passata al setaccio dalla Scientifica della
polizia. Intanto il magistrato che conduce le indagini, Daniele Paci, chiede
aiuto a potenziali testimoni. «Chi ha visto, parli. Anche piccoli elementi
potrebbero essere utili».