di MARIA LOMBARDI
Achille è morto a pochi metri dalla Marea station wagon che era un po’
tutta la sua vita. Ventitré anni di taxi e chissà quante volte se l’era
vista brutta, la notte che non finisce mai e non sai mai come va a finire. Ma
Achille tornava a casa col sorriso, mai una parola su quant’è rischioso
guidare un taxi, su quel cliente attaccabrighe o sulle minacce di quel tipo poco
di buono. Tornava a casa sorridente e così lo ricorda la figlia. «Era un uomo
solare, un amicone, entusiasta del suo lavoro», si commuove Raffaella, che ha
26 anni. «No, non si lamentava nemmeno dei soldi. Diceva che era bello il suo
lavoro perché stava sempre a contatto con la gente». Ma è andata com’è
andata, un cliente disonesto e il cuore l’hanno tradito. E adesso Raffaella
accusa: «Lo hanno ucciso, è stato un assassinio». E questo, in fondo, pensano
un po’ tutti i tassisti: è capitato a lui, poteva capitare a ciascuno di noi
di morire nella notte inseguendo pochi euro.
Nella casa di via Coriolano, all’Appio, c’è un viavai di colleghi. Salgono
su ad abbracciare le due figlie, Raffaella e Sabrina, di 29 anni, e la moglie
Rossella. Il papà non voleva che seguissero la sua strada. «Mi aveva detto: se
vuoi prendi la patente, ma non fare questo lavoro - continua Raffaella - E’ già
rischioso per un uomo, figuriamoci per una donna. Sapeva i rischi che correva,
anche se non ce ne parlava, e non si sentiva tutelato».
Achille, 57 anni, originario di Montefalco, in provincia di Perugia, lavorava
per la cooperativa 3570 dal 10 dicembre del 1979. «Era un mio stretto
collaboratore - ricorda il presidente Loreno Bittarelli - s’occupava tra
l’altro della promozione delle nostre attività nella zona dell’Appio
Tuscolano. Ci univa il lavoro e anche la stessa origine, era del mio paese».
Bittarelli non riesce a farsene una ragione. «Mi sembra strano: Achille era un
uomo tranquillo, non era un tipo da mettersi a correre dietro un cliente che non
paga». Ma questo è quel che raccontano i testimoni. «La verità è che il
nostro è un mestieraccio poco considerato: chi si lamenta perché la corsa è
troppo cara o perché c’è da pagare il supplemento notturno non considera che
noi, al volante, mettiamo a repentaglio la nostra esistenza. Non voglio dire che
siamo degli eroi della strada, ma perlomeno meritiamo rispetto».
Bittarelli calcola che durante ogni turno di notte di 7 giorni capitano in media
due, tre rogne: il cliente che non paga, e questo è niente, quello che sale con
l’intenzione di derubare il tassista, quello che minaccia con la pistola e si
porta via la macchina. «Episodi che non vengono quasi mai denunciati - aggiunge
il presidente del 3570 - non serve a niente ed è solo tempo che si perde.
Aggredirci è un gioco da ragazzi». E poi, per cosa? Centoventicinque,
centocinquanta euro, quando va bene.
Le aggressioni? «Sono ordinaria amministrazione - dice Davide Bologna della
cooperativa Pronto taxi 6645 - qualche settimana fa, un cliente mi ha puntato
una pistola: sono rimasto immobile e gli ho dato ragione, non ho avuto nemmeno
il coraggio di alzare gli occhi. Ma mica possiamo fare la lastra alle persone
che salgono, dobbiamo prendere tutti e che Dio ce la mandi buona».
Carlo Bologna, fratello di Davide e presidente dell'Ait, l'organizzazione
sindacale autonoma dei tassisti, dice che se Achille avesse raggiunto il
guadagno della giornata di certo non sarebbe corso dietro a un cliente per avere
5 o 10 euro. «Questa morte è la conseguenza di un lavoro usurante fatto in una
città caotica, senza alcuna certezrza».