di CLAUDIO BIANCIARDI
Il Provida è una macchina stupida, come tutte le apparecchiature a senso unico.
La telecamera che serve per rilevare la velocità delle auto fa solo questo,
riprende esclusivamente le vetture. Altrimenti la caccia agli uomini che hanno
ucciso a sangue freddo l’agente Luca Benincasa e ferito il suo collega
Lamberto Crescentini forse sarebbe già chiusa. Invece di quattro sagome scure,
ci sarebbero le loro foto. E invece di dover risolvere il giallo dei capelli
rasati ci sarebbe già un fuggitivo al sicuro. Eppure l’inchiesta coordinata
dal magistrato Gabriele Paci e dal capo della mobile perugina Piero Angeloni,
passi in avanti li ha fatti. Sopra i block-notes degli investigatori infatti ci
sono i nomi dei possibili killer del Taxi, i banditi che hanno scaricato tutta
la pistola (o le pistole) contro gli agenti.
E due di loro, il tassita e un suo conoscente stretto, sono già stati iscritti
nel registro degli indagati della Procura perugina. Ma non più come semplici
ricercati, bensì direttamente per l’omicidio volontario dell’agente della
Stradale, il giovane Luca, che lascia una moglie di ventotto anni e un figlio di
due e mezzo, oltre alla rabbia dei suoi colleghi. Mancherebbero quindi solo ore
per arrivare alla firma del loro mandato di cattura.
Appena individuato il nome del proprietario del tassì da cui sono partiti i
colpi mortali e che sarebbe servito (forse) per coprire la fuga dopo una rapina
messa a segno a Camucia, gli investigatori hanno sentito a lungo la moglie
dell’indagato. La donna ha spiegato più o meno questo alla polizia: «Ho
visto uscire presto mio marito, era quasi l’alba. Ma non sapevo dove fosse
diretto. Forse non era solo. Non so altro credetemi».
Quel "non era solo" ha portato gli uomini della Mobile verso un altro
traguardo. Verso le persone che sono vicine al tassista. Da qui l’iscrizione
di un secondo indagato e il giallo dei "capelli rasati". L’ultimo è
un particolare curioso. Le sagome riprese dal Provida, la telecamera piazzata
sulle auto civetta della Stradale che può riprendere le targhe, ma non le
persone per colpa della privacy (neanche, ironia della legge, se ti sparano),
mostrano una persona con i capelli lunghi tra i passeggeri del taxi. E tra i
parenti del tassista c’è proprio un giovane con i capelli lunghi. Non solo:
il giorno dopo i fattaccio, se li è tagliati a zero. Immediata l’ipotesi: se
l’è tagliati per non farsi riconoscere. Errore: pare che abbia un alibi di
ferro, un carabinieri l’avrebbe visto a Roma alle dieci del mattino proprio
nel momento in cui c’è stato l’inseguimento mortale.
Risolto questo giallo, ce ne sono tanti altri da dipanare. In testa quello
principale: dove sono finiti i killer? Chissà, però potrebbero non essere
organizzati per una lunga latitanza, generalmente sempre molto costosa. A meno
che tra i quattro non ci siano banditi che con la latitanza hanno grande
confidenza. Perché la teoria dell’esecuazione a freddo ha solo due possibilità.
Una, vuole i banditi carichi di cocaina dopo avere messo a segno una rapina (a
Camucia?) e quindi pronti a tutto per l’effetto della sostanza stupefacente (a
casa del tassista ne è stata trovata una bustina). Un’altra vuole a bordo del
taxi una persona che avrebbe rischiano meno carcere a sparare ai poliziotti che
a farsi prendere. Quindi una persona che ha già ucciso in precedenza, ossia un
superlatitante.