Domenica 23 Giugno 2002

L’illegalità
su due ruote
all’ombra
del Vesuvio:
i vigili implorano
pene più severe
«Il casco? Qui lo usano killer e rapinatori»
Nei quartieri più degradati di Napoli chi lo porta rischia il pestaggio «perché si nasconde il viso»

dal nostro inviato

MARIELLA REGOLI

NAPOLI - L’assessore alla Mobilità ha lanciato un appello disperato al Parlamento invocando pene più severe contro i "disertori del casco". Le centinaia di vigili che a drappelli presidiano centro storico e periferia stanno per alzare bandiera bianca e parlano di "situazione insostenibile". Mercoledì scorso, poche ore prima che Napoli si svuotasse per Italia-Corea, in via Partenope decine di minorenni - tutti in motorino e con i capelli al vento - si sono esibiti in un carosello di impennate, sgommate e qualche pernacchia, all’indirizzo dei vigili urbani. Il loro comandante, il colonnello Carlo Schettini, esasperato dall’inutilità delle 265.000 multe elevate in un anno dai suoi uomini, chiede deterrenti più efficaci:«Dal sequestro dei veicoli - elenca - ai punti di debito nei confronti degli studenti multati per l’assenza del casco, fino alla sospensione della patria potestà per i genitori che portano i bambini in moto senza protezione. Qui si incontrano ad ogni passo moto con sopra padre, madre, due bambini, gli zainetti della scuola, le borse della spesa e a volte pure il cane e tutti, ovviamente, a capo rigorosamente scoperto».
Negli ultimi tempi c’è stata una tiepida resa all’uso del casco. Molti lo portano infilato al braccio o al manubio, alcuni lo indossano, ma i più restano ancorati alla convinzione che a portarlo siano solo killer, rapinatori e strunz’. E forti di questa teoria, ci sono gli abitanti di un paio di quartieri che quelli con il casco li riempiono di botte.
Via Pietro Colletta e tutto il quartiere Vicaria sono i luoghi più temuti dai tassisti: «Sbucano dai vicoli, fanno i rodei. Tempo fa stavo facendo scendere una cliente.Uno mi ha buttato il motorino addosso al taxi, che era fermo, poi dopo avermi urlato che gliene avrei comprato uno nuovo è risalito in sella ed è sparito. Da non credere. Ho dovuto riscattare il sinistro perché quello aveva un compare, un "testimone". Ho dovuto pagare 500 mila lire e all’assicurazione mi hanno detto che dovevo ringraziare il cielo che "l’infortunato" non fosse andato al pronto soccorso a lamentare qualche mal di testa». Il tassista si inoltra nel quartiere Vicaria come un bue al macello. Un furgone della polizia stazione proprio a metà di via Colletta. Non c’è ombra di motorini. Un passaparola rapido e tutti a sfrecciare nell’altra metà della strada, tutti senza casco, gli scivoli per gli handicappati usati per passare sul marciapiede. Per andare dove? Sulla piazzetta al margine della strada, davanti alla chiesa. E’ vero che picchiate chi porta il casco? «E’ successo qualche volta- fa un ragazzino - Mo’ non ci sta più bisogno. Avete visto caschi?». Ma perché i pestaggi? «Perché se uno porta il casco è segno che è ’nu strunz». E chi non lo porta? Silenzio. Perchè non portate il casco? «Chi porta il casco rimane pelato». Eppoi il casco toglie visibilità, identità. Che senso ha fare lo struscio in motorino se nessuno sa che sopra il bolide scintillante, o dentro l’ultimo grido in fatto di scarpe e magliette ci sei proprio tu? Per non parlare degli sfottò degli amici. E i vostri genitori non dicono nulla? Risponde un coro di "seeeeeee!". All’altezza del cinema Iride dove danno il film lesbo-hard "Invisibilmente vostre", una signora robusta deborda dal sellino posteriore di un motorino alla cui guida c’è il pargolo che avrà sì e no dieci anni. Tutti e due senza casco. Il ragazzino sta prendendo lezioni di guida e sembra abbia imparato benissimo perché la mamma ride a crepapelle mentre imboccano, contromano, la corsia preferenziale dei bus.
«Anche al quartiere Sanità, quelli che portano il casco "sporco" vengono picchiati», spiegano in Questura. Il casco "pulito" è quello che lascia vedere il viso di chi lo indossa. Forti anche qui dell’altra teoria che vuole i killer in moto e rigorosamente protetti, per paura di incursioni dei componenti delle bande rivali, drappelli di camorristi vigilano che nessuno oltrepassi la zona a capo coperto. Per evitarlo vengono istituiti posti di blocco, inseguimenti e pestaggi dissuasivi.
L’illegalità a due ruote dilaga. A nulla valgono le statistiche che pongono il mancato utilizzo del casco al primo posto fra le cause di morte dei giovani fra i 14 e i 24 anni. All’ospedale Loreto Mare, il più vicino al centro della città, i dati dei primi sei mesi di quest’anno sono agghiaccianti: 135 traumatizzati cranici per mancato utilizzo del casco.
Si chiamava Valentino, aveva 16 anni ed è morto all’ospedale Cardarelli. E’ finito sotto il tir che stava cercando di sorpassare. Decine di ragazzini, i suoi amici, davanti alla camera dove Valentino è spirato dopo tre ore di agonia. «Perché lui che era il migliore di tutti?». «Perché uno deve morire a 16 anni?». Nessuno, però, che si chiedesse perché Valentino, come tutti loro, non avesse il casco.