di ALESSANDRO BARBANO
NEL giorno in cui Roma torna a inginocchiarsi ai macchinisti del metrò che lasciano a piedi 700 mila persone, scioperando per la quarta volta in due mesi, il sindaco rimpiazza il suo assessore al traffico. La contemporaneità dei due eventi è casuale e risponde ai tempi e alle opportunità della politica: il ricambio di Simone Gargano era da novembre nell’agenda di Veltroni, e un pizzico di tatticismo sembra farlo coincidere più con una nazionale stagione di rimpasti che con le emergenze della viabilità, che nella Capitale sono permanenti.
Quello dei trasporti è di gran lunga il più importante tra gli assessorati capitolini: per la rilevanza che la mobilità ha nella vita dei romani; per l’urgenza e il significato di grandi opere in programma in questa legislatura, come l’avvio delle due linee di metropolitana B1 e C; per il numero e l’eterogeneità dei soggetti pubblici e privati, dalle aziende municipalizzate fino ai tassisti e alle associazioni di quartiere, nei confronti dei quali l’assessore si trova spesso a svolgere il delicato ruolo di controparte.
L’esordio della nuova gestione è fortemente simbolico poiché offre al nuovo titolare di questo fondamentale dicastero municipale, Romolo Guasco, un’immagine reale della gravità dei problemi con i quali dovrà confrontarsi: in primo luogo il corporativismo strisciante di una certa cultura sindacale e l’abitudine ormai diffusa a considerare il carattere pubblico solo dei diritti e non anche dei doveri, su cui si fonda il servizio; in secondo luogo le crescenti aspettative dei cittadini, percepite collettivamente come un senso di risarcimento morale, che l’incancrenirsi dei problemi ha reso più acuto: una sorta di cambiale aperta col Palazzo, in ragione della quale ci
sentiamo contemporaneamente in diritto di protestare contro la lentezza degli autobus e dei taxi e di transitare o, peggio, di parcheggiare nelle corsie preferenziali a questi destinate.
L’assessore al traffico che Roma attende è, perciò, un politico in grado di aggregare competenze e fornire soluzioni strategiche, e non solo esperimenti estemporanei, all’ingorgo di tutti i giorni; è un manager abile nella gestione di un esercito di funzionari, impiegati, e addetti che a vario titolo dipendono da lui; ed è un grande comunicatore, in grado di coinvolgere i cittadini in una campagna di educazione civica, senza la quale non c’è metropolitana o tangenziale che valga.
Una sfida non facile, che opportunamente Veltroni ha ripreso in mano: il ricambio dell’assessore esprime, più che la sfiducia della delega, un’assunzione diretta di responsabilità in un settore chiave della politica capitolina.