Sabato 6 Ottobre 2001
IL CASO
La protesta? Non ha i numeri ma conta
Piccoli sindacati, pochi iscritti: ma riescono a bloccare la Capitale

di BEATRICE PICCHI e SALVATORE SPOTO

Piccoli, ma rumorosi. Sindacati autonomi che contano tre, quattrocento iscritti tra autisti, macchinisti, operai d’officina, ma che quando organizzano uno sciopero bloccano i trasporti pubblici e la città per quasi l’intera giornata. Sarà che parlano di stipendi da aumentare, di sicurezza sui posti di lavoro, di ambiente malsano e turni massacranti, mentre i confederali, proiettati ormai da tempo sul futuro, pensano alle aziende già in termini europei, alla fase del dopo-risanamento, «a come attrezzare le società di trasporto in vista del mercato internazionale e delle privatizzazioni». Anche se poi il segretario della Cgil, Stefano Bianchi, è il primo a riconoscere nell’alta adesione allo sciopero di quattro giorni fa, «un termometro del disagio di tutti i lavoratori».
Disagi che vogliono risposte. «I nostri contenuti valgono più dei numeri, delle percentuali», dice chiaro e tondo Vincenzo Loi, segretario regionale della Cnl. Che racconta di assemblee numerose, di rappresentanti sindacali che ascoltano gli operai, i macchinisti, anche gli amministrativi «in maniera tale che nessun lavoratore subisca le decisioni dall’alto» e che così facendo conquistano i dipendenti iscritti a Cgil, Cisl, Uil. Per esempio, una delle ultime battaglie della Cnl riguarda la difesa dell’indennità che un lavoratore ha ottenuto quando era stato dichiarato inidoneo (per malattia professionale). «Invece attualmente - spiega il segretario Loi - il dipendente se riconvocato su altre mansioni, perde il trattamento economico di cui aveva goduto fino ad allora». Una battaglia che per la Cgil non sta né in cielo, né in terra. «Non succede così per nessun’altra categoria - risponde il segretario Stefano Bianchi - le uniche difficoltà non possono essere legate solo e sempre a un problema di salario. Adesso è importante capire che da qui al 2003, anno in cui il trasporto pubblico sarà privatizzato, per difendere il posto di lavoro è necessario che l’azienda sia all’altezza delle richieste del mercato. Per esempio: alcune officine si trovano in uno stato comatoso. Servono investimenti, in maniera tale che alla prima gara internazionale la società che gestisce le metropolitane, tanto per fare un esempio, non venga esclusa».
Piccoli, minori, indipendenti, ma basta parlare di sicurezza, nuovi posteggi o migliori condizioni di lavoro per la strada, che riescono ad avere dalla loro parte anche tassisti e vigili urbani iscritti nelle liste dei sindacati confederali. Il rapporto dei tassisti con i sindacati è curioso: molti sono iscritti al sindacato, ma non se ne ricordano. Capita, anzi, che qualcuno non sappia di essere "sindacalizzato". Tutto questo perchè i conducenti di auto pubbliche possono vantare due anime: la prima è quella del lavoratore autonomo, titolare di licenza, l’altra è di affiliato ad una cooperativa dalla quale è, di fatto, dipendente. A questa paga una somma mensile ( circa 800 mila lire), ricevendone in cambio il vantaggio del numero telefonico della centrale, oltre all’assistenza e alla tutela. Una piccola parte di questa somma, molto spesso, rappresenta la quota di adesione al sindacato Cgil-Cisl-Uil, che assicura consulenza sindacale alla categoria. «Queste cooperative - spiega Antonio Di Tosto, responsabile nazionale della Confartigianato - fanno comparire il tassista come socio, e lui, in cambio, paga i contributi, compresa la quota per l’adesione al sindacato». E Carlo Bologna, animatore dell’Ait, sigla sindacale autonoma, tuona: «Anche io ho pagato con questo sistema l’iscrizione al sindacato. Ma è nostra la vera rappresentanza. I tassisti ci seguono in massa quando organizziamo manifestazioni o proclamiamo uno sciopero». Pietro Marinelli, della Ugl-Taxi, chiarisce: «L’adesione alle cooperative rende virtuale l’iscrizione al sindacato: capita spesso che alle nostre iniziative intervengano tassisti iscritti ad altre sigle sindacali».
Il rapporto di forza tra sigle sindacali è fluttuante anche per i vigili urbani. La Cisl è quella raccoglie il maggior numero di adesioni, circa 800, seguita dalla Cgil, altre 700. Poi le altre sigle, soprattutto quelle autonome, come Ospol, Snaopli, Cil e Sulpm. Ma che accade in caso di manifestazioni? I vigili romani corrono in massa a quelle indette dall’Arvu, che non è un sindacato ma un’associazione molto rappresentativa dei vigili, e a quelle dell’autonomo Ospol. «Quando abbiamo affrontato il problema della sicurezza allo stadio Olimpico, dove i nostri agenti vengono picchiati e finiscono all’ospedale - spiega Gabriele Di Bella, segretario romano dell’Ospol - i colleghi intervenuti alle assemblee settimanali sono stati molto più numerosi dei nostri cinquecento iscritti: sono arrivati più di duemila colleghi».