Durante il “superponte” trovare un’auto pubblica è stata un’impresa. Oggi riunione di maggioranza per cambiare prezzi e organizzazione Taxi più cari ma più frequenti. Con una doppia delibera, una sulla centrale unica di prenotazione e l’altra sull’aumento delle tariffe, da licenziare prima in Giunta e poi in Consiglio, il Campidoglio vuole chiudere così la partita intorno alle auto pubbliche della Capitale. E cercare da una parte di venire incontro ai tassisti, che aspettano da sei anni l’aumento delle tariffe, e dall’altra di accontentare l’utenza, spesso stressata da inutili ricerche. Il superponte festivo, che ha riversato a Roma migliaia di persone, è stata l’ultima cartina di tornasole: chiunque abbia cercato un taxi si è infatti sottoposto a un supplizio di Tantalo mentre gli
autisti hanno affrontato le fatiche di Ercole pur di trovare una strada meno intasata delle altre.
Nel 2001 in taxi con le nuove tariffe
Accordo sugli aumenti (più 200 lire a km), difficoltà per la centralina unica
Una situazione incacrenita, e politicamente delicata. Per questo se ne discute questa mattina in un vertice di maggioranza con i capigruppi, i presidenti della Commissione Trasporti e Bilancio, ovvero Mauro Calamante e Silvio Di Francia e Paolo Piva, manager bolognese, braccio destro dell’assessore Tocci sui taxi. Nessuna divisione, solo Verdi e Rifondazione comunista chiedono chiarimenti. Anche perché il calendario corre verso le elezioni e, visto i rallentamenti nell’aula Giulio Cesare (ancora non è stata approvata la delibera sull’elettrosmog e quella sulla riqualificazione delle periferie, e in coda ci sono addirittura Bilancio e Piano regolatore) la coalizione spinge
per fare in modo che le due delibere siano davvero votate ai primi di gennaio, prima della fine della consiliatura. Non solo: tutti ricordano quando alla vigilia delle Provinciali, due anni fa, esplose il caso taxi con le macchine a paralizzare piazza Venezia e la Roma-Fiumicino. Una protesta cavalcata dalla destra, che poi conquistò Palazzo Valentini.
«Ma ora la destra ci deve dire con chi sta se con gli utenti, i tassisti o i dirigenti delle centrali telefoniche - attacca Roberto Morassut, capogruppo dei Ds e coordinatore della maggioranza - Noi vogliamo portare a buon fine sia il numero unico di prenotazione telefonica, con più auto per gli utenti, sia gli aumenti delle tariffe». Due aspetti non così semplici. Nella commissione consultiva dei tassisti la centrale di prenotazione unica è stata approvata con 4 voti favorevoli (Unica, Cgil, Uti e Cna), 3 contrari (Cisl, Uil e Atacasa), 1 astenuto (Clai-Atpl) e 1 non votante (Ati) e permane la forte contrarietà dei responsabili dei radio-taxi. «E’ una visione miope -
continua Morassut - ci sarà più lavoro per tutti. Il finanziamento di 2 miliardi c’è, a gennaio faremo la gara».
Più vicino invece l’accordo sulle tariffe. La piattaforma sulla quale si discuterà oggi prevede un aumento del 10%, a compensazione del costo dei carburanti, con il passaggio da 1.300 a 1.500 lire a chilometro, mentre resta a 4.500 lire il primo scatto. E se i supplementi verranno assorbiti nel tassametro («per maggiore trasparenza»), la novità saranno i taxi collettivi con più persone a dividere le spese. «Ma noi abbiamo anche chiesto che fuori dal Gra raddoppi la cifra del tassametro e che l’affitto dell’auto sia di 40mila lire all’ora - chiarisce Carlo Bologna, esponente dell’Ait, il sindacato autonomo dei tassisti - mi pare che c’è convergenza anche su
questi punti. Anche perché gli aumenti ce li devono: a Torino e a Bologna le tariffe sono state ritoccate due volte, a Firenze e a Milano una. Però finchè non ci liberano le corsie preferenziali per viaggiare più spediti continueremo ad avere un danno sia noi che i clienti». «Ancorare l’aumento ai chilometri è giusto, più strada, più soldi - conclude Silvio Di Francia, presidente della commissione Bilancio - anche i tassisti però dovrebbero essere più partecipi. Ad esempio il Comune aveva stanziato fondi per la taxi card e per la card rosa per le donne che usufruiscono del servizio pubblico di notte, ma non se ne è fatto nulla».