MALCOLM McDowell in Arancia meccanica: «E’ buffo
come i colori del vero mondo divengano veramente veri soltanto quando uno li
vede sullo schermo». Il cinema, unico sapore della realtà. Ma ci spingiamo
oltre. Se un immaginario ladro di sogni ci privasse delle immagini, la parola
basterebbe, da sola, a rigenerare una pellicola. Un paradosso? Non si direbbe a
leggere le 548 pagine di Provaci ancora, Sam, il godibilissimo libro di
Roberto Casalini (per i Tascabili Bompiani, 16.900 lire), giornalista
appassionato della Settima Arte, che, quasi fosse una scommessa con se stesso,
ha raccolto 4.023 frasi tratte da ben 1.116 film di ogni tempo dando voce ad
oltre duemila attori e registi. Impresa titanica dalla quale è uscito vincitore
grazie anche, ed è lo stesso autore a confessarlo nella premessa, «agli amici
incuriositi e/o complici che si facevano vivi per suggerire: "Hai messo la
battuta di Paul Newman in Detective’s story?... Ma come, non recuperi niente
di Abatantuono quando faceva il terrunciello?..."».
Da A come Abitudine a V come Vizio, il frasario della vita di ogni giorno
diventa un interminabile piano sequenza che inquadra il cinema dalla testa ai
piedi, ne svela dettagli, ne scruta i primissimi piani. Vuoi fissarlo negli
occhi? Ad aiutarti ci pensano Yves Montand e Marilyn Monroe in Facciamo
l’amore: «In questa stagione il cielo, a Parigi, ha esattamente il colore
dei suoi occhi». Il romanticismo di addii-cult fissati in pellicola recupera le
parole, immancabili, di Humphrey Bogart e Ingrid Bergman in Casablanca:
«Addio Rick, che Dio t’assista»... «Su, su... buona fortuna bambina» e per
la serie "commiati" riassaporiamo la battuta tra Andie MacDowell e
Hugh Grant in Quattro matrimoni e un funerale: «Non è stato un piacere
non conoscerti».
Anche senza grande schermo, New York ti appare miracolosamente sulla pagina,
quando Marlon Brando e Jean Simmons sussurrano: «E’ l’alba, tra poco...».
«Perché la luce è strana e bianca?». «Perché qui siamo a Broadway, dove
l’alba l’accende un elettricista» (Bulli e Pupe). Un cinema senza
sonoro che restituisce voci: quella divertita e strapparisate del genio Totò («Un’educanda
che dice le parolacce è una maleducanda») o del burbero Groucho Marx («Emily,
non posso più nasconderlo: ti amo. E’ la solita vechia storia: un uomo e una
donna... Romeo e Giulietta ...Biancaneve e i sette nani...» (Un giorno alle
corse). E ancora, il tono minaccioso di Clint Eastwood in una sequenza con
Eli Wallach ne Il buono, il brutto, il cattivo: «Vedi, il mondo si
divide in due categorie: chi ha la pistola carica e chi scava. Tu scavi».
Nel lavoro certosino svolto da Roberto Casalini, il suo tributo al cinema di
parola diventa (senza volerlo?) un invito alla Settima Arte di questo scorcio di
fine secolo a tenere gli occhi e la mente bene aperti: ciò che diamo per
scontato può diventare ogni giorno una nuova "voce" nel vocabolario
del cinema. Basta aguzzare l’ingegno e dare retta al cuore. Per un momento si
torna al desiderio bambino, quando sfogliando il sussidiario cercavi
disperatamente le figure: ma in Provaci ancora, Sam anche al cinefilo più
accanito non sfuggirà il piacere di reimmaginare senza bisogno di vedere,
seguendo una sorta di gimkana tra centinaia di tematiche come il Destino e la
Tentazione, l’Inferno e l’Angelo, il Funerale e la Politica, il Sesso e la
Vacanza.
L’Italia delle piccole-grandi rivoluzioni, quella impegnata nel dibattito
politico, quella della commedia che graffia, l’Italia esistenzialista e lo
Strapaese delle risate crasse affida al cinema, alle parole del cinema, il suo
dizionario filosofico. Gli anni 70 della contestazione rivivono tra la fumosità
del presente e l’assillo del ricordo. Moretti e Scola, Ecce Bombo e C’eravamo
tanto amati. «Giro, vedo gente, mi muovo, faccio delle cose» si sente
rispondere Nanni da una compagna e Stefano Satta Flores sentenziava nel ’74:
«Credevamo di cambiare il mondo e invece il mondo ha cambiato noi». E se
Moretti furoreggia nelle citazioni di Casalini, fino al recente «D’Alema,
di’ qualcosa di sinistra!» gridato in Aprile, spunta, improvviso, il
Gassman de La Terrazza che chiede alla Sandrelli: «A che ora è la
rivoluzione? Come si deve venire, già mangiati?». Ci si inchina davanti al
maestro Antonioni: la struggente Jeanne Moreau in compagnia di Mastroianni ne La
Notte ha parole che sanno di poesia. Ricordate? «Se stasera ho voglia di
morire è perché non ti amo più. Sono disperata per questo. Vorrei essere già
vecchia per averti dedicato tutta la mia vita. Vorrei non esistere più perché
non posso più amarti». L’attualità, infine, con le voci della nuova
commedia toscana: il Pieraccioni («Sì, perché il ciclone quando arriva non è
che ti avverte: passa, piglia e porta») e il Ceccherini («L’amore è come la
luna, se non cresce, cala») dello stramiliardario Ciclone.
Vedi alla "voce" Cinema (alla fine del volume oltre centocinquanta
pagine offrono tutte le trame dei film citati nel libro) e non puoi non
desiderare di averlo scritto tu almeno uno dei pensieri stampati. Questo ad
esempio: «La fotografia è la verità e il cinema è la verità ventiquattro
volte al secondo» (Michel Subor in Le petit soldat) o ancora le celebri
parole pronunciate dalla diva Gloria Swanson nel Viale del tramonto: «Questa
è la mia vita e lo sarà per sempre. Non esiste altro: solo noi e la macchina e
nell’oscurità il pubblico che guarda in silenzio. Ecco, De Mille, sono pronta
per il mio primo piano». Infine chiudi il libro, scendi in strada, sei sul
marciapiede e ti viene in mente l’ennesima battuta: «Taxi! Portami via da
questo film!».