di MARIA LOMBARDI
Lei in abito color avorio con uno strascico di pizzo, lui in completo blu a
cinque bottoni e foulard dello stesso colore. Tra di loro, un mare di auto, un
ingorgo senza fine, una coda a perdita d’occhio che per poco non manda
all’aria le nozze. Fantasticando sul giorno del suo matrimonio, Rachele aveva
immaginato ogni possibile imprevisto: di inciampare nel lungo vestito andando
all’altare, di scoppiare a piangere rovinando il trucco, di rovesciarsi l’aperito
sul corpetto candido. Ma di arrivare in chiesa con tre ore di ritardo e per di
più cinquanta minuti prima dello sposo, questo Rachele non poteva immaginarlo.
E così la cerimonia che doveva celebrarsi giovedì all’imbrunire, si è
trasformata quasi in una messa di mezzanotte, con gli invitati che sbadigliavano
per il sonno e per la fame, i bambini che dormivano sulle panche, gli sposi
stremati, i parenti isterici, i camerieri esausti. Meno male che monsignor
Maurizio Piscella alla fine l’ha presa con ironia, riuscendo a strappare un
sorriso alla folla stordita dal caos del raccordo. «Sono comparsi davanti a me
alle 18,30», ha scherzato redigendo l’atto di matrimonio, mentre in realtà
erano le quasi le 23.
Il viaggio della sposa. Sono le 16,45: Rachele Carpenti, 31 anni,
parrucchiera, sale sulla Bmw 520 blu con i nastri bianchi. Sorride alla
telecamera di un cugino, i begli occhi castani brillano di commozione mentre si
accomoda accanto al padre e saluta dal finestrino. Il corteo parte da via Bronte,
alla Borghesiana, diretta al Castello della Spizzichina, sulla via Cassia,
all’altezza della Giustiniana. E’ lì che alle 18,30, (almeno così è
scritto sull’invito) si celebrerà la cerimonia e poi di seguito ci sarà il
banchetto. Tutto bene fino a Tor Bella Monaca, da lì l’autista imbocca il
raccordo e lo spettacolo che si presenta agli occhi della sposa per poco non la
fa urlare. Auto, auto e ancora auto, tutte in fila e disperatamente immobili.
C’è stato un incidente sul Gra, all’altezza di Castel Giubileo: la fila è
di 18 chilometri. Il conducente della Bmw ha un’idea: uscire a Fidene, e poi
da lì «Dio ce la mandi buona». Il corteo si perde, nessuno conosce quella
strada. Panico. Un fioraio gentile scorta la macchina della sposa fino a via
Salaria. Olimpica, uscita per la Cassia ed è di nuovo panico. La strada è
bloccata per via della manifestazione anti-nomadi, all’incrocio con la
Trionfale. Sfidando la sorte, la Bmw percorre la Cassia controsenso, con
l’aiuto di un motociclista che ferma le auto, per poco non si scontra con
un’ambulanza, ma si ferma di fronte al blocco della polizia per la
manifestazione. «Fateci passare, abbiamo un matrimonio». I cittadini che
protestano per strada si commuovono e fanno largo alla sposa. «Mi sembrava di
vivere in un film - racconta Rachele - con i manifestanti che applaudiva,
urlavano "viva la sposa" e bussavano al finestrino». Alle 21,30,
Rachele arriva al Castello. E lo sposo, dov’è?
Il viaggio dello sposo. Renato Ferretti, 35 anni, di Monteporzio,
dipendente della "Fiorucci", è da 4 ore prigioniero del raccordo.
Passeggia nel suo abito da cerimonia tra le macchine in fila. Chi gli fa gli
auguri, chi scherza: «Sei ancora in tempo per ripensarci», chi lo consola: «Speriamo
che ti vada meglio, dopo». Un prete scende dal taxi e propone: «Fai venire qui
la sposa che facciamo il matrimonio sul raccordo». Mille telefonate, al 113,
alla polizia stradale per chiedere una scorta, al monsignore implorandolo di
aspettare. «Mi sono rassegnato, che dovevo fare?». Quattro ore per percorrere
7 chilometri sul raccordo e poi il blocco sulla Cassia. Renato arriva in chiesa
che sono quasi le 22,30. Banchetto che manca poco alla mezzanotte, brindisi che
è già l’una. Non è finita. Quando alle 3 gli sposi arrivano all’albergo
in centro che hanno prenotato per la prima notte, trovano un’altra sorpresa:
spiacenti, è troppo tardi - dicono alla reception - la camera è stata già
occupata da altri ospiti. Quello tra Rachele e Renato deve essere proprio un
amore a prova di bomba, anzi di ingorgo.