di CARLO ROMANO
Per commercianti e artigiani romani il tempo non passa invano. E il decennio trascorso da quando la Giunta Carraro iniziò a tutelare il centro storico da auto e inquinamento hanno loro insegnato che le guerre a questi provvedimenti non portano da nessuna parte. Semmai alla riproposizione di vecchi pregiudizi per cui le “corporazioni” (negozianti, ristoratori, artigiani) antepongono cosiddetti “interessi di bottega” a cosiddetti “interessi generali“. Anche perciò davanti all’annunciata chiusura del centro storico per 24 ore su 24 alle auto non catalizzate, artigiani e negozianti non alzano barricate. Ma sfidano la Giunta e l’assessore Tocci sul terreno della
logica, del confronto, del dialogo su proposte alternative con cui «razionalizzare er migliorare - dice ad esempio Cesare Tirabasso, responsabile “Commercio fisso” della Confesercenti romana - un provvedimento con giusti obiettivi, ma metodi sbagliati e inaccettabili. Se applicati nei termini annunciati, causerebbero più problemi di quelli che forse risolverebbero».
Solo Roberto Carosi, a capo della Fipe-Confcommercio romana (pubblici esercizi), chiede «le dimissioni di Tocci» come «responsabile di una indifendibile politica per il traffico, che ora penalizza con restrizioni insensate gli esercenti di un ampio quadrante di città, reso irraggiungibile ai clienti. Dopo aver subito dal Comune l’obbligo d’aprire gratuitamente a tutti i gabinetti dei nostri locali - dice Carosi - la categoria è colpita da un’altra tegola. Evidentemente, Tocci vuol trasformare gli esercenti del centro storico in custodi cessi.. Non subiremo pure questo sopruso: risponderemo con azioni di tutela».
Le polemiche di Carosi non suscitano però il vasto e incondizionato consenso che avrebbero scatenato nelle categorie una decina d’anni fa. Capiamoci: sia il presidente della Confcommercio romana Francesco Fabbi che quello della Confesercenti, Antonio Nori, avversano la chiusura del centro a doppia mandata. In base però a valutazioni di ordine generale, a controproposte e a richieste di correttivi che - per moderazione e rispondenza al buon senso comune - paiono fatte apposta per riscuotere consensi da tutti i romani.
Per Fabbi, «a Roma non c’è stato alcun miglioramento dei trasporti pubblici, sempre meno efficienti e più lontani dal garantire la sostituzione dei mezzi privati. Come si fa a ignorare che il 60% dei romani viaggia in auto non catalizzate? La strategia di Tocci deriva più da principi che da studi razionali di fatti ed effetti».
Pure Nori contesta «l’impostazione ideologica di un provvedimento che non valuta la pericolosità del benzene emesso dalle marmitte catalitiche. E che colpisce categorie produttive con migliaia di dipendenti e gli stessi i consumatori».
Come controproposte, Nori e Fabbi hanno idee analoghe. Ssuggeriscono l’adozione - come nelle città europee - di «isole dove il traffico privato sia vietato, sostituito da bus-navette e deviato in strade vicine “a scorrimento veloce”, o in altre riservate alla sosta». E ambedue chiedono un potenziamento di metrò, tram e bus, in piena sintonia con i romani. La linea delle due associazioni somiglia a quella dagli artigiani della Cna, che il loro segretario riassume così.
«Se il Comune chiuderà il centro storico 24 ore su 24, con atteggiamenti ideologici, pregiudiziali e non aperti al confronto - dice Lorenzo Tagliavanti, dissimulando preoccupazione e allarme dietro un’olimpica serenità - negli artigiani susciterà dissensi non meno ideologici e non meno pregiudiziali. Se invece, come previsto, il giusto obiettivo di difendere il centro dall’inquinamento sarà perseguito insieme con le categorie produttive, sentendone i problemi, accogliendone le proposte, il Comune potrà contare sulla loro collaborazione. Ma il cliente di un tappezziere posto nella zona vietata come ritirerà una poltrona: in taxi? Un idraulico come arriverà nel centro
storico con la sua pesante borsa per sturare il gabinetto di un cliente, senza parcheggi? L’assessore Tocci convochi subito le parti a un tavolo di discussione che risolva questi problemi. Se sarà aperto al confronto, lo appoggeremo. Se no, saremo anche più duri di lui...».