di FABIO CAROSI
Ore 21,50 di lunedì 28 giugno 1999: la Capitale segna una tappa fondamentale
nella storia dell’Italia motorizzata. Dopo quanrant’anni di espansione delle
automobili, Roma per prima obbedisce alla direttiva della Comunità Europea
recepita dal decreto Ronchi e caccia le auto non catalitiche da una porzione
della città dove vivono e respirano più di seicentomila abitanti.
Dunque, le “pillole” anti benzene e anti inquinamento uscite dal laboratorio
chimico del vicesindaco Walter Tocci e controfirmate dalla maggioranza
capitolina del “primo Ulivo” diventano ricetta per i romani. Da ieri sera il
Piano generale del traffico urbano è legge della Capitale. Ma seppur stampato
da un personal computer su centinaia di pagine, non cambierà certo da oggi la
vita di automobilisti e pedoni. Il ”Piggittiu” è infatti un atto di
indirizzo politico che sostanzialmente dà mandato alla Giunta di decidere le
date entro le quali: aumentare l’orario in cui il centro storico è protetto,
creare le supercorsie preferenziali sullo stile di viale Libia per offrire
certezza e tempi del trasporto pubblico e dare garanzie di aria pulita laddove
le centraline di monitoraggio vanno in tilt; fermare persino i ciclomotori che
non rispondono alla recente normativa Euro 1 ai confini del centro. E poi di
studiare la formula magica per far sparire furgoni e camioncini che scaricano e
caricano nelle ore più impensate della giornata, rigorosamente in doppia fila,
e combattere l’invasione annunciata dei bus turistici che, grazie
all’emendamento di An non potranno più passare in via del Circo Massimo e in
via Petroselli.
Per ognuna delle voci che compongono il Piggittiu l’assessore alla Mobilità
avrà una scadenza entro la quale presentare un pianetto che vivrà di luce
riflessa. Si parla vagamente di settembre per il centro storico che invece
chiuderà quando si accenderanno i “varchi elettronici” mentre, anche se
nella delibera votata ieri non si legge, sarà il 25 luglio il giorno in cui
verrà ufficializzata la data entro la quale il milione di auto “non-cata”
che ancora girano in città dovranno spegnere il motore. Questo perché quel
giorno è fissato proprio dal decreto del ministro dell’Ambiente. Ma per non
far restare tanta gente a piedi e in nome di un’aria più pulita, dall’aula
Giulio Cesare è stato sancita anche la fine del monopolio dell’Atac. Visto
che l’azienda di via Volturno non ce la fa, quei bus in più che serviranno
verranno messi a gara tra i privati. Insomma un anticipo di ciò che accadrà
quando sarà a regime la legge nazionale sul riordino dei trasporti pubblici. E
poi anche tanti taxi: una “card rosa” per le
signore che tornano a casa dopo il tramonto e che così pagheranno un po’
meno; taxi collettivi e formule di auto in affitto (car sharing) e auto
collettive (car pooling).
Ancora scadenze: sempre il prossimo luglio, per decidere con quale gradualità
fermare i ”piccoli due-tempi” che, se da una parte spargono benzene, olio,
fumo e tutte le porcherie di una combustione irregolare, dall’altra aiutano
cinquecentomila persone ad arrivare al lavoro, a scuola e a fare lo shopping
senza pesare sul già congestionato trasporto pubblico. Su questo punto la
giunta Rutelli ha messo una sorta di cappello. La sintesi del subemendamento 46
sostitutivo dell’emendamento 46 è questa: «Un giorno, ma non si sa bene
quando e come, forse fermeremo anche i motorini. Nel frattempo aspettiamo che le
marmitte imparino a sputare meno veleni».
Nel librone c’è anche spazio per i recuperi in extremis. Avete presente
l’Air Terminal Ostienese costruito per i Mondiali del ’90? Dopo conferenze,
sala concerti, supermercati e ristoranti il consiglio comunale ha deciso che
dovrà tornare alle sue funzioni originali di scambio tra ferro e gomma. Infine,
uno sguardo alle categorie più deboli: i bambini con meno di dieci anni nel
Duemila forse non pagheranno più i mezzi pubblici, i disabili per merito della
consigliera Argentin avranno meno ostacoli sul strade e marciapiedi e grazie
alla battaglia del consigliere Calamante si potranno costruire finalmente le
strade nelle borgate dove le sanatorie hanno tenuto in piedi le case ma non
hanno mai pensato alle strade. L’unica condizione per costruirle è che
rispettino le regole della sicurezza.