dal nostro inviato
FABRIZIO RIZZI
CAMOGLI (Genova) - Dall’elicottero, hanno visto guizzare una sagoma di squalo
bianco. Dicono che fosse lungo non meno di 7 metri. E proprio tra quelle onde,
che sollevavano cavalloni spumeggianti, alti decine di metri, qualche ora prima,
erano morti, nella carlinga di un jet inabissatosi, tre persone, due piloti,
Michele Palma, 50 anni, e Vincenzo Cosmo, 36 anni, napoletani, e un industriale
delle bollicine, Giovanni Capua, 50 anni, di Marcianise, Caserta. Quest’ultimo
era atteso dai due figli, da qualche giorno a Genova in visita al salone della
nautica. Non c’è al momento alcuna relazione tra la tragedia e la presenza
dei pescecani, in un punto di mare, al largo di Punta Chiappa, tra Camogli e
Portofino, solitamente affollato di cetacei. Tuttavia malgrado le ricerche, dei
corpi nessuna traccia. E si dispera di poterli trovare, dal momento che finora
sono stati portati a galla solo brandelli di lamiere. Con i sommozzatori della
Capitanea di porto e della nave «Anteo», si è tuffato anche un campione di
immersione, Umberto Pellizzari, che proprio ieri mattina ha sfondato il muro dei
150 metri in apnea, assetto variabile.
Non si sa bene quale sia stata la causa, se dovuta al maltempo o a un guasto
tecnico. Tuttavia quando il «Learjet 35», partito da Capodichino alle 9,05 di
ieri, si è messo in contatto con la torre di controllo dell’aeroporto «Cristoforo
Colombo», le condizioni del tempo erano pessime. L’orizzonte del mare si
confondeva con quello del cielo, carico di nuvole, in un punto indefinibile di
grigio. La pioggia, che sta spazzando la costa da alcuni giorni, era ripresa a
cadere a scrosci. Il primo contatto tra il pilota dell’aero-taxi (noleggiato
sabato scorso) e la torre genovese è avvenuto alle 9,50. E’ stata attivata la
procedura per l’atterraggio. E fino a quel momento il volo era stato regolare.
Nell’operazione di atterraggio, però, è accaduto qualcosa, di cui non si
conoscono bene i particolari (forse un colpo di vento?). Il pilota dopo aver
azionato il carrello, quando ormai era prossimo alla pista, ha subito premuto
sulla cloche, alzando l’aereo, con uno strappo improvviso. Ed il velivolo ha
ricominciato l’operazione, rientrando nell’aerovia dell’atterraggio, a sud
di Camogli e Portofino.
Fino a quel momento non c’era allarme. Si pensava ad una manovra sbagliata.
Non risulta alla torre di controllo che il pilota abbia parlato di emergenza.
Quando il «Learjet», che cercava un nuovo atterraggio, è sparito dai monitor
del radar erano le 10,13. Si trovava a un’altezza di 6.500 piedi. Gli addetti
al controllo hanno seguito la tragedia in diretta. L’aereo è stato visto
impennarsi, poi è andato giù a piombo. L’impatto con la superficie del mare
è stato devastante. Come in un’esplosione, la fusoliera si è sbriciolata in
mille pezzi, il più grande dei quali, appena ripescato, misurava non più di 30
centimetri. I pezzi sono sparsi nei fondali. La carlinga è stata individuata a
580 metri, non lontano dal Cristo degli abissi.