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"APPUNTI DI UN VIAGGIO IN GIAPPONE" di Francesco Rocco e Luigi Scola
categoria: varie




INTRODUZIONE a cura di Carlo Sappino.

Più che un articolo, questo è un vero e proprio diario di viaggio, un puntuale resoconto, scritto in prima persona da Francesco, con l'aiuto di Luigi per la ricostruzione e la cronologia degli eventi, che se da un lato fornisce impliciti suggerimenti sulla logistica dei luoghi, dall'altro lascia trasparire tutta l'emozione del "viaggio".





APPUNTI DI UN VIAGGIO IN GIAPPONE






gli autori:
Francesco Rocco,
1o dan di kendo,
Luigi Scola,
3o dan di kendo



Giappone.

Questa nazione mi ha sempre affascinato e da sempre la volevo visitare, forse ancora di più da quando ho iniziato a praticare kendo. C'è voluto un po' ma nel 2017 ci sono finalmente riuscito!
Il progetto di andare nel paese del Sol Levante era nato già anni fa all'interno del nostro dojo, ma era naufragato più volte, vuoi per impegni vuoi per poca partecipazione della gente al momento decisivo della prenotazione. A ottobre dell'anno scorso decido di riproporlo a Luigi, estendendo l'invito ad amici kendoka e non. Se all'inizio in diversi si dicono interessati, man mano che le settimane passano la partecipazione cala, tanto che a dicembre restiamo solo in tre. Decisi comunque a partire, a fine mese prenotiamo i voli e a stretto giro gli hotel. Il nostro piano è di 11 giorni, due dei quali saranno assorbiti dal lunghissimo viaggio. Dei restanti la prima metà la passeremo a Tokyo mentre la seconda soggiorneremo a Nagoya, metropoli più a sud-ovest della capitale che fungerà da "base" per gite di un giorno in diverse altre località, tutte facilmente raggiungibili col treno. Il trasporto ferroviario in Giappone va per la maggiore: è affidabile, capillare e ottimamente gestito, tanto che molta gente lo preferisce all'aereo per gli spostamenti nazionali. Visto che ci muoveremo molto con i treni, prima di partire compriamo su internet i Japan Rail Pass: questi pass sono abbonamenti ferroviari dedicati ai visitatori residenti all'estero, acquistabili solo fuori dal Giappone e che hanno diverse estensioni in termini di giorni e copertura geografica. Scegliamo quello per le zone di base e della durata di 7 giorni, per coprire la seconda metà del viaggio, come da nostro programma. Dallo stesso sito compro anche un servizio di noleggio wifi portatile, molto comodo in quanto lo ritireremo all'arrivo e lo consegneremo indietro alla partenza direttamente in aeroporto.

Giorno 1

Il giorno della partenza ci mettiamo in strada verso metà mattina. Dopo aver raggiunto Malpensa con il dovuto anticipo, mangiamo una pizza e ci dirigiamo all'imbarco. Il viaggio va meglio del previsto: non ci sono turbolenze n&eacuto; altri problemi e riesco anche a dormire un paio d'ore. Al decollo quasi non me ne rendevo conto, ma man mano che ci avviciniamo inizio a realizzarlo: stiamo andando veramente in Giappone!
Non avendo mai trascorso più di tre ore su un aereo non sapevo come avrei retto le undici abbondanti che mi separavano dalla meta. Temevo che il brusco cambio di fuso orario mi avrebbe lasciato insonne ma ho reagito meglio del previsto e, tolta forse la prima sera, il resto è andato decisamente bene.
Una volta atterrati e recuperati i bagagli ci dirigiamo ai vari uffici per la trafila burocratica d'ingresso. Conclusa quella ci attendeva un'altra attesa, stavolta per acquistare il biglietto del Narita Express, treno dedicato per la tratta aeroporto-Tokyo, e per cambiare il buono del Japan Rail Pass col ticket effettivo. Un'ultima sosta al punto di ritiro dei wifi portatili e partiamo in direzione della capitale.
In 40 minuti arriviamo a destinazione. Scendiamo alla fermata della Tokyo station, collegata alla metro. Non si tratta della più trafficata della città, ma basta a darci un assaggio dell'enorme massa di persone che vive qui e utilizza i mezzi pubblici, spesso preferiti all'auto dai locali (molte persone non ne possiedono proprio una!). Sapendo che in questi giorni useremo molto la metro acquistiamo delle ricaricabili, le Suica card, le carichiamo con un po' di yen e dopo un paio di cambi usciamo a Chiyoda, la centralissima zona del complesso imperiale.
L'hotel non è distante dall'uscita più vicina, ma scopriamo "con gioia" che le 3 rampe di scale da fare per emergere all'aperto non hanno a lato alcun ascensore. Armati di pazienza zen ci inerpichiamo e, una volta fuori, raggiungiamo quella che sarà la nostra base per i prossimi 4 giorni. L'Apa Hotel Hanzomon Hirakawacho ha un'ottimo rapporto qualità/prezzo. La posizione centralissima è un altro dei suoi punti di forza.
Troviamo conferma delle recensioni positive che avevamo letto e le stanze si dimostrano anche più spaziose di quello che mi aspettavo, data la tipica essenzialità degli spazi negli hotel giapponesi. Uniche note di demerito sono la colazione, davvero scarna quella continentale, e il livello d'inglese della reception, ben sotto quanto immaginassi. Saliamo in camera, facciamo una meritata doccia e quindi usciamo per ributtarci in metro. Sono circa le 16 e il piano del primo giorno ci porta verso ovest, verso il santuario Meiji-Jingu col suo parco, Harajuku e Shinjuku.
Prendiamo la metro e scendiamo a Omotesando, un grande vialone dello shopping costellato sia di negozi dei brand del lusso occidentale sia da store con prodotti giapponesi decisamente più a buon mercato (l'ultimo giorno ci torneremo, visitando anche un negozio sullo stile di Tiger ma a tema gatti neri. Fantastico!).
Anche i ristoranti sono tantissimi qui: presto realizzeremo che ad ogni angolo della città si può trovare un posto per mangiare, a tutte le ore e per tutte le tasche.
Quasi senza svolte la via ci porta al Meiji-Jingu, importante santuario shintoista dedicato all'imperatore Meiji, immerso in un grande parco.
Ci inoltriamo nel verde del santuario e nel frattempo il sole tramonta: questo posto cos“ sembra anche più bello, illuminato dalle lanterne che costellano i sentieri ed edifici in stile tradizionale. Ci sembra tutto autentico ... invece risale agli anni '50!
Fra i diversi percorsi finiamo anche in mezzo a un set di riprese! Purtroppo non scopriamo di cosa si trattasse: veniamo gentilmente invitati ad allontanarci e usciamo dal parco poco prima che chiuda, con un inserviente al cancello che ci guarda severo mentre ci fa passare.
Fare un viaggio in Giappone non è roba di tutti i giorni, perch&eacuto; non farsi un tatuaggio il primo pomeriggio che sei l“? Questo è quello che ha pensato una dei miei due compagni di viaggio nel momento in cui ha scritto al Tokyo Three Tides, studio di tatuatori di Harajuku, prenotando la settimana prima proprio per quel giorno.
Usciamo dal parco e notiamo che l'ora d'accompagnarla era quasi arrivata, perciò ci addentriamo nel lato nord di Omotesando, dove si snodano le piccole vie di Harajuku. Questa zona è un dedalo di bassi edifici dove regna un vero caos architettonico: negozietti più o meno in stile indiano, gallerie d'arte, capsule hotel, dentisti (?!), piccoli uffici, abitazioni É tutti vicini, spesso adiacenti l'uno all'altro senza una logica che li separi. Immancabili poi sono anche le izakaya (pub che servono pasti di cucina tipica) e ristoranti.
Lasciamo la nostra amica dal tatuatore per il tempo necessario e nel frattempo facciamo diversi giri nella zona, alla ricerca di un posto per cenare. Alla fine ne troviamo uno che ci ispira, specializzato nel ramen. Finito il tatuaggio, ci dirigiamo tutti e tre lì e rimaniamo contentissimi della scelta, tanto che l'ultimo giorno ci saremmo tornati.
Finita la cena completiamo la serata con una passeggiata a Shinjuku.
Di sera questa zona è uno spettacolo di luci e neon, locali, hotel e ristoranti, tutti dentro grandi edifici. Qui vicino c'è il Golden Gai, un quartiere nel quartiere molto particolare, decisamente diverso dalle strade principali di Shinjuku. Questa zona è fatta di vie strette e bassi edifici dentro i quali si trovano pub minuscoli, con pochissimi posti a sedere e che spesso non accettano turisti, perch&eacuto; hanno i loro clienti fissi. L'atmosfera qui è decisamente più tranquilla, complice il fatto che siamo a inizio settimana. Non entriamo a bere, limitandoci ad una passeggiata e scattando un po' di foto.
Finito il giro torniamo in metro all'hotel per la notte.

Giorno 2

Il piano di viaggio durante la permanenza a Tokyo prevedeva una gita alle pendici del monte Fuji. Viste le buone previsioni meteo decidiamo di andarci oggi e ci dirigiamo verso la stazione dove prendere l'autobus navetta, direzione Kawaguchiko.
Kawaguchiko è una cittadina sul lago a nord est del monte, dista circa un'ora e mezza da Tokyo e sulla carta dovrebbe essere molto caratteristica. Le nostre aspettative vengono presto disattese. Arrivati, scopriamo che la zona è in realtà abbastanza spoglia: edilizia selvaggia, prefabbricati a scatoletta (ok siamo in Giappone, ma tutto ha un limite!) e area intorno al lago davvero poco valorizzata. Non troviamo i pubblicizzati percorsi in mezzo alla natura, ci saranno ma non in quest'area...Le aree verdi non sono nemmeno così tante! Il lago poi è di per sè brutto perch&eacuto; attraversato più volte da ponti anni '90 che definire un pugno nell'occhio è poco. Il panorama non viene nemmeno salvato dai ciliegi in fiore, assenti perch&eacuto;, come ci viene detto, qui arrivano leggermente dopo che nella capitale. La vista del Fuji, solo a tratti coperto dalle tipiche nuvole, non basta a salvare la giornata e, dopo parecchi km, torniamo al punto di partenza delusi, prendiamo il bus e poco dopo le 18 siamo nuovamente a Tokyo.
Approfittiamo dell'arrivo in zona ovest per visitare Shibuya, uno dei punti più famosi e trafficati della città (e del mondo!). Ci spostiamo in metro e la raggiungiamo. Scendendo dai livelli superiori della megastazione, fra scale e passerelle mobili, alla fine il corridoio si apre su una delle uscite principali. Durante la discesa, attraverso un'enorme parete di vetro, vediamo finalmente l'incrocio e la vicina piazza in notturna, illuminate da decine di insegne al neon. Pubblicità di ogni tipo si alternano ad immagini di anime su schermi giganti e musica j-pop a tutto volume viene sparata da vari altoparlanti. Usciamo dalla stazione e giriamo per la zona immersi nel fiume di gente, facciamo parecchie foto, ma desistiamo dal raggiungere la statua di Hachiko, letteralmente sommersa da un'orda di turisti.
Vaghiamo nei dintorni per un po', quindi riprendiamo la metro per raggiungere Akihabara, un quartiere nella parte nord-est della città famoso per la concentrazione di negozi di tecnologia e di qualsiasi prodotto collegato ad anime e manga.
Raggiungiamo con la metro questa zona ma purtroppo troviamo la maggior parte dei negozi in chiusura. Si avvicina l'ora di cena, dunque ci mettiamo in coda in una specie di galleria piena di take-away scegliendo dei fantastici takoyaki, uno degli street food più popolari qui, fra l'altro molto economici. I takoyaki sono polpette fritte ripiene di polpo ricoperte a piacere da tantissimi tipi di condimenti diversi e servite roventi. Ci spostiamo poco distanti dalla galleria e ci riposiamo su una panchina mentre aspettiamo che la temperatura dello street food scenda a livelli commestibili.
Finito il bivacco abbiamo ancora spazio per qualcosa da mangiare. Riprendiamo la passeggiata e dopo un'ora ci fermiamo in un locale per completare la cena. Nulla di memorabile stavolta però, a differenza della sera precedente. Decidiamo di concludere la serata con un giro a Shinjuku, quindi torniamo in hotel.

Giorno 3

Seguendo il piano che ci eravamo prefissati prima di partire, il terzo giorno visitiamo il complesso imperiale e i suoi giardini, il quartiere di Roppongi, la Tokyo Tower e ritentiamo ad Akihabara.
Dall'hotel siamo molto vicini al palazzo imperiale quindi non dobbiamo usare mezzi per raggiungerlo. Il complesso è separato dal resto della città da un fiume che lo circonda, dunque per arrivare al ponte del più vicino portale d'accesso costeggiamo il lato esterno.
Durante la scelta del periodo per questo viaggio una delle speranze era di intercettare la famosa fioritura dei ciliegi, un evento cardine per i giapponesi, che dura veramente poco e può cadere dalla seconda metà di marzo alla prima metà di aprile inclusa. Oltre ogni migliore pronostico, quest'anno la fioritura a Tokyo è cominciata giusto un paio di giorni prima del nostro arrivo e così, mentre passeggiamo, siamo circondati da alberi pieni di fiori bianchi É veramente uno spettacolo!
Durante il resto del nostro viaggio i ciliegi in fiore saranno una costante quasi onnipresente del panorama, sia in città che fuori. Tokyo stessa è una metropoli piena di parchi, viali alberati e fiori. Camminando notiamo che vicino ai ciliegi sono predisposti molti teli blu per terra. à metà mattina, e gruppi di persone sedute stanno ultimando i preparativi per andarsene con zaini e borse: hanno passato lì la notte, ammirando i ciliegi, cenando e riposandosi sotto le loro fronde. Questa pratica si chiama Hanami ed à una tradizione nazionale molto amata.
Ci inoltriamo nel complesso imperiale, esplorando solo la metà a nord, aperta a tutti, visto che quella sud può essere visitata solo con prenotazione in largo anticipo (si parla di mesi prima) e in gruppi guidati. Il complesso è bello, ma mi lascia meno di quanto mi aspettassi: fra spazi molto ampi si trovano diverse strutture, tenute benissimo ma quasi tutte non autentiche.
Ricostruire gli edifici, anche quelli d'interesse storico, è cosa comune in Giappone dato che l'edilizia del paese si è basata per secoli sul legno e sulla deperibilità delle costruzioni. Le uniche porzioni autentiche qui sono alcuni terrapieni e poco altro. Aggirandoci vicino al confine fra la zona aperta e quella chiusa, a sud-ovest, sentiamo provenire dei tonfi e grida attutite poco distanti da noi. Luigi mi dice di ascoltare e mi indica un grosso edificio non molto distante, oltre la siepe divisoria e con dei finestroni aperti sulla sommità. In un attimo realizzo: quello è di sicuro un dojo e dentro dei kendoka si stanno allenando. Una situazione del genere, in quel posto, può voler dire solo una cosa: il corpo speciale della Guardia Imperiale, composto da militari dediti alla protezione della famiglia dell'imperatore, si sta allenando, peccato non poterli vedere! Stiamo un secondo ad ascoltare i potenti kihai e i colpi di shinai, sorridendo degli sguardi perplessi di tutti gli altri turisti, quindi ci allontaniamo, esplorando il resto del parco fra cascatelle e laghetti.
Finita la visita, ci dirigiamo con la metro a Roppongi, quartiere verso sud-ovest famoso per essere un mix riuscito di grattacieli pieni di locali, grandi aziende e ambasciate, ma anche con strutture più a misura di persona: scuole per i più piccoli, negozietti e aree residenziali. Gli autori di tanti manga hanno usato queste zone come scenari per le loro opere e, passeggiando, molti scorci ce li ricordano. Prendiamo qualcosa da mangiare in giro in un konbini (minimarket fornitissimi di ogni genere di prodotto, diffusi capillarmente in tutte le città giapponesi) e procediamo esplorando il quartiere fino alla Tokyo Tower.
La Tokyo Tower è una delle strutture simbolo della città, un punto di osservazione privilegiato sul panorama urbano meta di tanto turismo interno oltre che straniero. Alla base, tanto per cambiare, troviamo quattro piani di negozi e ristoranti. Tre cose mi stupiscono di più.
Prima di tutto la presenza di personale nei due ascensori che portano su e giù i turisti. La Tokyo Tower, alta 333 m, è colorata di arancione per aumentarne la visibilità ai velivoli.
Il panorama, dal piano accessibile più alto, copre tutta la città. Guardando alla nostra destra vediamo il mare, mentre al centro e a sinistra la metropoli si snoda a perdita d'occhio. Pensandoci, col senno di poi avrei scelto di andarci verso il tramonto o poco dopo, quando sicuramente le luci della capitale in notturna avrebbero reso tutto davvero suggestivo. Nonostante ciò comunque penso che la Tower valga una visita.
Al primo piano, a 150 m d'altezza. Le ragazze ripetono a memoria ogni volta una presentazione della struttura, prima in giapponese, poi in inglese. Mi sarei aspettato al massimo un video-messaggio in loop su qualche schermo.
La seconda cosa che mi stupisce è il fatto che la torre stessa sia anche un santuario shintoista dedicato alla dea del sole. Arrivati al secondo piano della zona d'osservazione scopriamo infatti che c'è addirittura un piccolo altare, dove troviamo un paio di persone raccolte in preghiera.
Ultimo elemento sorprendente, ma non per importanza: alla base della torre ci sono uno store e un museo entrambi dedicati a One Piece, manga che ha avuto e continua ad ottenere un successo enorme sia in Giappone che nel resto del mondo.
Dev'esserci una collaborazione, temporanea o fissa, fra la gestione dell'edificio e gli editori del manga perch&eacuto; troviamo diversi giochi, peluches e figurine con riferimenti alla Tower.
Usciti dalla torre ci dirigiamo con i mezzi pubblici ad Akihabara. Ci arriviamo dopo metà pomeriggio e troviamo finalmente tutto aperto. L'atmosfera della sera prima è solo un ricordo: emergiamo dalla metro e veniamo investiti da musica j-pop, sparata dagli altoparlanti sia di piccoli negozi che di enormi megastore da 10 piani.
Seguendo la massa di otaku locali e di turisti, ci infiliamo in uno a caso fra i grandi palazzi che formano il quartiere. Una volta dentro scopriamo un dedalo di corridoi strettissimi, stipati di ogni genere di prodotto collegato a questo mondo, per tutte le tasche e di ogni dimensione.
Esploriamo la zona per due ore buone. La stanchezza dei chilometri fatti in giornata, unita alla fame, si fa sentire, soprattutto facendo tutti quei piani su e giù. I miei compagni di viaggio continuerebbero ancora un po', ma mi salvano dal collasso accettando la mia proposta di cenare. La maggior parte dei locali nelle vicinanze però o sono chioschi take-away o sono pieni. Scendiamo alla fine in un ristorante al piano interrato di un grattacielo, che sembra avere abbastanza posto ma appare come la classica trappola per turisti. Come ci aspettavamo si rivela un fiasco dal punto di vista della qualità, ma almeno ne esco sfamato e parzialmente ripreso. Facciamo un'ultima breve passeggiata nei dintorni e ripieghiamo verso l'hotel.

Giorno 4

Ultimo giorno completo a Tokyo ed anche oggi macineremo chilometri. Stavolta ci concentriamo sulla parte est della metropoli: Yanaka, Ueno, Ginza e Asakusa.
Raggiungiamo in mattinata per prima Yanaka, uno dei pochi quartieri di Tokyo dove si respira un'atmosfera più tradizionale. Qui troviamo vie strette, casette curate ed edifici bassi pieni di negozietti che vendono alimentari, arte, oggetti religiosi e souvenir. Tutto qui è sormontato da una fitta teleferica di fili elettrici.
Ci aggiriamo nelle stradine e vediamo i diversi posti aprire, con gente in gran parte adulta o anziana che va a comprare verdure e altri cibi. Non è ancora pieno di turisti (probabilmente arriveranno più tardi) dunque ne approfittiamo per assaporare l'atmosfera rilassata del quartiere. Passiamo un buon quarto d'ora in un fantastico negozio specializzato nel the pieno di tazze, ceramiche e buste sottovuoto di svariate qualità della bevanda. Come in quasi ogni altro punto vendita nipponico la gentilezza e solarità dei venditori è spiazzante, ti viene quasi voglia di comprargli tutto da quanto sei trattato bene!
Usciti proseguiamo il nostro giro. Passeggiando fra piccole case e numerosi templi troviamo il microscopico atelier di una calligrafa e pittrice. Entriamo a curiosare, cogliendo l'occasione anche per ripararci dalla leggera pioggia che stava iniziando a cadere.
Ci allontaniamo poco dopo dirigendoci verso l'adiacente Ueno.
Il quartiere di Ueno è dominato dall'omonimo parco e dal complesso del Museo Nazionale. Raggiungiamo l'area costeggiando vie più moderne rispetto a quanto visto prima, fra i numerosi edifici universitari ed uffici.
Arriviamo al complesso dei musei, immerso in una piacevole area verde, e iniziamo la visita che ci impiegherà per oltre due ore. Facciamo rapidamente il biglietto ed entriamo nel primo dei padiglioni, ne visitiamo quindi altri due e poi mangiamo un boccone ad un chiosco nelle vicinanze, completando successivamente la visita.
Fra le tante stanze, la direzione del museo ha scelto di allestire lungo tutte le parti del complesso determinati punti in cui vengono esposti i cosiddetti "tesori nazionali", opere di particolare interesse e importanza per il Giappone. Il numero di questi tesori è elevato quindi vengono presentati a rotazione lungo i diversi mesi e anni, una scelta interessante perch&eacuto; può invogliare chi c'è già stato a visitare di nuovo il museo. In generale il Museo Nazionale mi è piaciuto, anche se meno di quanto credevo. L'esposizione è vasta: volendo si potrebbe stare per giorni ad ammirare tutto e leggere le descrizioni. La carrellata che viene fatta sulla storia del Giappone ed il resto delle nazioni asiatiche è inoltre molto ampia. Le mie aspettative però erano molto alte, quindi ci sta la parziale delusione, specie quando scopri che un museo importante come questo dedica solo una stanza - neanche troppo grande e fornita - alle armature da samurai!
Usciti ci dirigiamo alla metro e, lungo la strada, percorriamo un tratto del parco di Ueno. L'atmosfera è molto piacevole, anche se il parco è abbastanza affollato sia da famiglie sia da turisti. Vorremmo passare per un tratto dove due lunghissime file di ciliegi quasi arrivano a congiungere i loro rami, creando un tetto di fiori bianchi, ma è talmente pieno di gente in quel punto che non riusciamo ad avvicinarci e, nostro malgrado, facciamo un'altra strada.
Oltrepassato il parco prendiamo la metro e andiamo a visitare Ginza, il primo quartiere della città che storicamente si occidentalizzò, sia nello stile architettonico che nei modi e costumi dei suoi abitanti.
Emersi dalla metro ci troviamo in mezzo a grattacieli ed enormi vie a reticolo. Department store, monomarca di lusso e gli onnipresenti ristoranti sono ovunque qui, ma vediamo anche diversi negozi di anime, manga e videogiochi di ogni tipo, simili a quelli di Akihabara.
Il tutto ricorda molto le vedute di New York e forse è proprio da quella metropoli che gli architetti presero ispirazione durante la costruzione del nuovo volto del quartiere alla fine dell'800. Facciamo una passeggiata e visitiamo alcuni di questi megastore, mischiati al gran numero di turisti. Il tempo di qualche foto e facciamo dietro front, percorrendo una strada parallela strapiena di locali e altri negozi.
Torniamo alla fine in metro e in poco tempo raggiungiamo Asakusa, il quartiere più a nord di Ginza dove si trova il Senso-ji, tempio buddista più antico della città.
La zona di Asakusa mi è piaciuta molto: simile a Yanaka per certi versi, ma meno residenziale. Ci muoviamo fra vari negozietti, raggiungendo l'area del tempio in mezzo ad una marea di turisti. Il complesso, fatto di edifici rossi con dettagli dorati e cortili, è dominato da un imponente portale a pagoda che all'interno ospita un'enorme lanterna bianca e rossa. Da questo punto fino al tempio principale c'è una lunga via zeppa di bancarelle: i giapponesi non si fanno problemi a mischiare sacro e profano! Qui per altro domina lo street food: gli odori di noodles, takoyaki e dolciumi vari si mischiano e come nel resto della città i consumatori non smettono mai di arrivare e mangiare. Anche le bancarelle di souvenir sono ovunque e variano su tutto lo spettro di qualità e prezzi (come al solito i nostri propositi di fare pochi e ragionati acquisti vanno a farsi benedire).
Nel mare di gente vediamo diverse persone vestite in abito tradizionale e, anche se molti di loro sono chiaramente turisti che hanno affittato i vestiti per qualche ora, il tutto contribuisce alla festosa atmosfera della zona.
Finita la visita torniamo in hotel per una doccia. La fame si fa sentire e, come ultima sera a Tokyo, decidiamo di andare a colpo sicuro: raggiungiamo Harajuku ed entriamo nel nostro ramen restaurant di fiducia, proviamo altri piatti e rimaniamo di nuovo molto soddisfatti. Stanchi per l'ennesimo tour de force torniamo in hotel e prima di dormire pianifichiamo le mosse per i giorni successivi.

Giorno 5

Oggi è il giorno del trasferimento a Nagoya, la città che sarà la nostra base per la seconda parte del viaggio. Il trasferimento durerà meno di tre ore grazie all'efficienza dello shinkansen sui cui viaggeremo. Pur essendo veloce, questo treno rapido non è da confondere col più famoso superveloce. Il Rail Pass infatti ci garantisce l'accesso al massimo all'equivalente nipponico del nostro Freccia Bianca.
Finora siamo stati fortunati con il meteo ma le previsioni dicono che nel pomeriggio sia a Tokyo che ancora di più verso sud-ovest, direzione Nagoya, sono previsti temporali. Decidiamo quindi di restare nella capitale fin dopo pranzo, approfittando del tempo che regge per un ultimo giro ad Akihabara e poi Harajuku. Esploriamo altre vie e negozi in entrambe le zone, tutti e tre a caccia degli ultimi affari. Concludiamo arrivando nei pressi dello studio di tatuatori del primo giorno. Nel dedalo di piccole vie troviamo un chiosco che fra le tante pietanze serve delle polpette spettacolari, che mangiamo di gusto bivaccando in una piccola panchina adiacente all'edificio.
A pasto finito torniamo in hotel, facciamo le valigie e quindi partiamo alla volta della stazione dove prenderemo il nostro shinkansen. La tratta Tokyo-Nagoya è una delle più trafficate del paese, dunque la frequenza di treni è molto elevata. Prenotiamo sul momento i posti a sedere, come ci consigliano i gentilissimi addetti della Japan Rail. I treni infatti sono suddivisi fra posti a sedere prenotati e posti liberi in parti diseguali, con circa 3/4 dei vagoni per le prenotazioni, e il Rail Pass ci garantisce questa comodità senza costi aggiuntivi. Guai poi se dovessimo sederci nelle carrozze a prenotazione senza avere il ticket corretto, anche fossero semi-vuote. Un gentile controllore, scusandosi infinite volte ma in modo inflessibile, ci farebbe alzare e andare in quelle libere É provare per credere!
Fare paragoni con le ferrovie italiane toccando con mano la situazione in Giappone lascia davvero lsconfortati. Come per la metro, arriviamo alla banchina protetta da una barriera che solo in determinati punti si aprirà a scorrimento. Il treno si fermerà esattamente in corrispondenza di questi passaggi, non un cm in più o in meno. Ad ognuna delle aperture c'è una segnaletica a terra per fare la fila, che i giapponesi rispettano scrupolosamente. Ci mettiamo in coda e aspettiamo l'arrivo dello shinkansen, notando come al solito che, mentre parliamo, siamo i più rumorosi in mezzo ai presenti decisamente pacati.
Il treno arriva ovviamente puntuale, tanto che i tabelloni elettronici segnalano in tempo reale anche i secondi che mancano all'arrivo. Appena si aprono le porte aspettiamo che l'efficiente personale pulisca il treno da cima a fondo, quindi entriamo e lasciamo i bagagli all'inizio del vagone, dove si trovano dei vani dedicati, andando successivamente a sederci.
Viaggiamo molto bene, ma vedendo il paesaggio fuori ci rendiamo conto che le previsioni erano addirittura ottimistiche: man mano che il treno si allontana da Tokyo il cielo diventa sempre più cupo e presto inizia a piovere. A metà viaggio la pioggia si intensifica e quando arriviamo a destinazione il temporale è fortissimo.
Scendiamo dal treno e guardiamo su internet il percorso migliore per raggiungere l'hotel, scelto apposta nei pressi della stazione. Il percorso appare breve, le mani sono due e i bagagli più di uno. Le dimensioni dell'enorme snodo ferroviario non contribuiscono al nostro orientamento, quindi impieghiamo un attimo per individuare l'uscita giusta. Raggiunta l'exit Taiko Dori Side, ci buttiamo a passo spedito sotto l'acquazzone con i cappucci tirati ben su, ma i semafori non sono dalla nostra: dopo meno di 10 minuti arriviamo nella hall del Daiwa Roynet Nagoya Hotel ma siamo praticamente fradici! Il tempo di fare il check-in e saliamo nelle camere, ci sistemiamo e facciamo una meritata doccia.
Il temporale nel frattempo perde un po' di forza. Essendo quasi sera decidiamo di uscire e cenare in una delle decine di ristoranti all'interno della stazione o nei dintorni.
Quella che in Italia e altre nazioni sarebbe una tipica zona di degrado, specie di sera, qui è invece un'area piena di negozi, hotel e locali. La stazione è un mega complesso fatto di binari su più livelli, piani interrati e tre grattacieli, tutto inondato di luci e con un alto grado di pulizia. Non ci sono nè ambulanti nè ubriachi in quest'area.
Per mangiare c'è solo l'imbarazzo della scelta! Ci inoltriamo per prima cosa in un corridoio seminterrato, che costeggia sul lato destro una fila di ristoranti suddivisi per tipologia: un paio specializzati nel sushi, altri che servono pollo fritto e altri ancora con menù a base di anguilla, una specialità a Nagoya. Vogliamo farci un'idea di tutti i locali che ci sono nella stazione prima di scegliere, quindi emergiamo dal corridoio e andiamo agli ascensori. Lì scopriamo che al pubblico sono accessibili sono l'11mo e il 12mo piano dei grattacieli, ma sono entrambi pieni di ristoranti. L'ascensore è velocissimo e in un attimo siamo su. Mentre scrutiamo i menu della marea di locali (per fortuna la maggior parte con immagini dei piatti!) ci affacciamo a qualche vetrata godendo del panorama di Nagoya illuminata di notte.
Realizzando di non aver ancora mangiato un vero sushi da quando siamo in Giappone, scegliamo di cenare in un posto che lo serve.
Un'ora dopo usciamo decisamente soddisfatti, non tanto per la qualità in sè - buona ma si può fare di meglio dato dove siamo - quanto per il fantastico rapporto qualità/ prezzo.
Stanchi per la giornata torniamo in hotel e prima di andare a dormire pianifichiamo le prossime giornate, scrivendoci una scaletta di destinazioni intercambiabile, quindi andiamo a dormire.

Giorno 6

Oggi il nostro piano prevede di visitare Takayama, un paesino tradizionale nella prefettura di Gifu, due ore e mezza di treno a nord di Nagoya. Vista la distanza lo shinkansen migliore per raggiungerla comodamente è di mattino presto. Ci alziamo e ci prepariamo in fretta. Arrivati in stazione ci accorgiamo che i tempi sono tirati e saliamo di corsa al binario con 2 minuti di ritardo...purtroppo tanto basta per farci perdere il treno!
Guardiamo a questo punto gli orari dei viaggi successivi ma sono troppo tardi per consentirci di raggiungere Takayama e visitarla in tempo. Decidiamo quindi di invertire i programmi e andare ad Inuyama, una cittadina non molto distante da Nagoya famosa per ospitare uno dei pochi castelli in Giappone rimasti originali e intatti fino ad oggi. Se la visita ci lascerà un buon margine di tempo faremo anche un giro a Nagoya una volta tornati.
Andiamo in stazione e prendiamo il treno per Inuyama, che raggiungiamo in circa 40 minuti. La cittadina è piccola e senza difficoltà raggiungiamo la collina dove si trova il complesso fortificato. Mentre ci incamminiamo vediamo alla base e lungo la salita alcuni templi e strutture votive, il tutto molto curato. Arriviamo alla sommità e paghiamo il biglietto al cancello principale, che si apre sul cortile interno del forte. Attraversando l'area rimaniamo colpiti dalla bellezza del castello, incorniciato perfettamente da diversi ciliegi in fiore. Per entrare bisogna fare una fila scrupolosa (strano!) e arrivati all'ingresso togliersi le scarpe, lasciandole in appositi armadietti.
Saliamo insieme agli altri turisti, quasi tutti giapponesi, e visitiamo anche il balcone del piano più alto. Il panorama non è dei migliori perch&eacuto; il resto di Inuyama, a differenza di questa zona, risulta abbastanza spoglio e poco interessante. Conclusa la visita del castello ci allontaniamo e facciamo un giro della cittadina. Visitiamo un'altra zona, anche questa in collina e che ospita un grosso tempio buddhista che si snoda con diversi edifici fra spiazzi di ghiaia e bosco.
Finita l'esplorazione, torniamo alla stazione. Prima della partenza facciamo però una sosta al Family Mart dentro l'edificio, prendendo dal banco del cibo pronto, fra le altre cose, dei buonissimi nikuman: impasti di farina tondeggianti, caldi e morbidi, ripieni di carne di maiale. Dopo averne mangiato uno mi piacciono così tanto che torno indietro e ne prendo un'altro!
Arrivati a Nagoya decidiamo di fare una passeggiata di esplorazione nel centro della città. Passiamo le ore successive nelle vie principali, larghe, dritte e piene di grattacieli e palazzi moderni. La sensazione che abbiamo è di un posto abbastanza impersonale. Ad un certo punto raggiungiamo una grande piazza. Da un lato vediamo una specie di copia della Tokyo Tower, intorno altissimi edifici con pareti a specchio. Al centro la piazza si apre come un'arena e delle scale e ascensori conducono ai piani inferiori. Una struttura futuristica parte dal piano di sotto e sale poi ben oltre il livello del terreno. Sulla sommità ha anche un punto rialzato e guardando in su vediamo che al piano più alto c'è una piscina bassa dal pavimento trasparente. Scendiamo al piano di sotto ed esploriamo la zona. Qui troviamo principalmente ristoranti e negozi, finendo però in mezzo ad alcuni padiglioni con prodotti di cibo regionale. Assaggiamo qualche campione omaggio e poi ripartiamo. Macinando altri km, arriviamo infine al castello di Nagoya. La zona del forte, fra viali e parchetti, non è male di per sè, ma visto che il castello stesso non è autentico e data anche la stanchezza, decidiamo di non visitarlo e ritornare in hotel.
Durante il tragitto, rigorosamente a piedi anche stavolta, percorriamo altri stradoni, pressochè dritti e costeggiati da palazzi molto alti con i soliti negozi e ristoranti e sale giochi, fra cui domina il pachinko. Oltre ad alcuni musei che però non visitiamo, sembra proprio che la città non abbia granchè da offrire del Giappone tradizionale, ma ce lo aspettavamo dopo tutto.
Per cena decidiamo di andare in un altro ristorante ai piani alti della stazione, sempre specializzato in pesce e sushi. Il conto è un po' più alto stavolta ma la qualità non si alza allo stesso modo, perciò a fine serata rimaniamo un po' delusi.
Torniamo in hotel e pianifichiamo di alzarci prima l'indomani: stavolta dovremo farcela per Takayama!

Giorno 7

Le sveglie suonano prima e stavolta ci facciamo trovare pronti: dopo una rapida colazione, ci prepariamo ed usciamo, arrivando in stazione in tempo. Prendiamo lo shinkansen per Takayama e in 2 ore e mezza, attraversando un territorio in gran parte collinare, raggiungiamo la nostra meta.
Scesi alla stazione, molto vicina al centro storico, ci accorgiamo subito del cambio di clima, più freddo ma meno di quanto diceva il meteo. Il tempo non è dei migliori ma supereremo la giornata senza niente più che qualche goccia di pioggia.
Takayama ha delle vie storiche che sembrano uscite da un film: edifici bassi, tutti in gran parte di legno e con la tipica struttura delle abitazioni dell'antico Giappone. Respirando finalmente autenticità percorriamo per prima cosa il mercato, che costeggia il piccolo fiume adiacente al paese. Fra le bancarelle troviamo molti prodotti tipici della zona, sia culinari che dell'artigianato locale, ma diverse vendono anche giochi e souvenir per tutte le tasche. In uno dei primi banchi troviamo un vecchietto, gentilissimo e decisamente suonato, che appena ci vede tira fuori un foglio con scritto "Where are you from?", e alla nostra risposta sorride contentissimo (di sicuro la reazione standard che ha per tutti). L'anziano vende prodotti di legno che variano dal grosso soprammobile a forma di monaco al cucchiaino in legno laccato rosso: sembra tutto di ottima qualità! Compriamo immancabilmente qualcosa, quindi proseguiamo il nostro giro.
Ci inoltriamo nel centro storico e tra le case notiamo diversi negozi e laboratori di artigiani: qui i prezzi lievitano ma sono giustificati dalla grande qualità dei prodotti, questo paese ha un'ottima reputazione per la lavorazione del legno e mi sembra decisamente meritata.
Proseguendo troviamo un chiosco dove servono spiedini di carne. Il cervo è un'altra delle cose per cui questa zona è famosa: ci sembra doveroso "sacrificarci" assaggiandolo. Prendo un paio di porzioni e sono veramente fantastiche, tanto che col senno di poi non mi sarebbe dispiaciuto mangiare qualche spiedino in più!
Finito lo spuntino continuiamo l'esplorazione di Takayama. Raggiungiamo un complesso di templi immerso nel verde e facciamo anche parecchi scalini per raggiungere un piccolo altare, posto direttamente dentro il bosco della collina retrostante. Una volta scesi controlliamo gli orari dei treni per tornare a Nagoya e decidiamo di prendere il prossimo. È primo pomeriggio e ormai abbiamo quasi concluso la nostra visita. Raggiungiamo la stazione e saliamo quindi sullo shinkansen, che senza un minuto di ritardo ci porta a destinazione.
Dopo esserci lavati decidiamo di mangiare in un locale molto semplice dove servivano anche il curry, che i miei due compagni di viaggio volevano assaggiare. Il posto è piccolo e frequentato soprattutto da lavoratori che probabilmente stanno cenando direttamente qui, prima di tornare a casa. Il servizio è efficiente e il rapporto qualità/prezzo interessante, quindi ci alziamo abbastanza soddisfatti, ripiegando verso l'hotel.
Una volta in camera facciamo un punto della situazione per i successivi due giorni. Ci restano da visitare Kyoto e Nara. Visto che il meteo, purtroppo, non da buone notizie per l'indomani e per entrambe le mete, decidiamo di tenere Nara per ultima: lì infatti la maggior parte delle cose che visiteremo sarà all'aperto a differenza di Kyoto.

Giorno 8

Stamattina guardando dalle finestre vediamo che anche a Nagoya sta piovendo. Prendiamo uno dei tanti shinkansen per Kyoto e in poco più di mezzora arriviamo nell'antica capitale.
Anche qui il temporale sta proseguendo senza sosta. Rassegnati ad una giornata di giri sotto la pioggia ci incamminiamo fuori dall'enorme stazione. Essendo una città fra le più visitate del Giappone, vediamo una marea di turisti occidentali a differenza di quanto ci eravamo abituati nei giorni scorsi.
Una cosa che ci accorgiamo essere decisamente poco pratica è la metro: pochissime linee che percorrono la città formando una grande croce centrale. La carenza di copertura per molte zone verrebbe compensata da numerosi autobus, ma il percorso che scegliamo costeggia solo in parte le fermate della metro e vediamo che i bus di linea ci mettono molto a raggiungere i vari punti d interesse. Decidiamo quindi di andare a piedi: il poco tempo a disposizione e il gran numero di posti da visitare ci fa preferire una camminata, in questo modo potremo farci un'idea generale della città.
In poco tempo raggiungiamo il perimetro del castello Nijo. Costeggiamo il suo fossato ed entriamo nella parte interna. I portali sono impressionanti e lo stesso vale per gli edifici principali. Proseguiamo verso nord e attraversiamo templi dalla struttura simile senza fermarci troppo in ognuno.
Continuiamo il cammino lungo una delle arterie principali della città e raggiungiamo il Palazzo Imperiale. Il palazzo è un complesso fortificato di edifici immerso in un grande parco. Il mix di alberi curatissimi, aiuole, laghetti e viali di ghiaia è molto bello e la pioggia in questo caso contribuisce, creando un'atmosfera suggestiva. Ci mettiamo in coda per la visita del palazzo interno e poco dopo entriamo.
Passando di sala in sala e tra un edificio e l'altro risulta evidente la differenza con le residenze e palazzi di sovrani occidentali del passato: dove da noi ci sarebbero stati sfarzi di vario tipo qui c'è invece una solennità sobria, dove spazi pieni e vuoti mettono in evidenza poche ma grandiose decorazioni.
Usciti completiamo il giro del palazzo visitandone i giardini. Attraversando un vialone interno la pioggia sembra intensificarsi. Decidiamo quindi di fermarci in un bar-ristorante al centro dell'area, per pranzare e avere un po' di tregua dal temporale.
Passiamo un'ora abbondante a riprenderci e controlliamo le previsioni per le prossime ore: il meteo non è dalla nostra e sembra proprio che continuerà a far brutto per gran parte del pomeriggio. Scegliamo dunque il piano B: dirigerci al negozio di kendo di Tozando, una delle aziende più importanti per le arti marziali. L'idea è di passare un po' di tempo lì, fare qualche acquisto e nel frattempo aspettare che il tempo migliori, in vista di un giro finale a uno dei punti d'interesse della città.
Usciti dal ristorante raggiungiamo in poco tempo il punto vendita. Da una multinazionale come questa ci aspettavamo un megastore con ogni tipo di prodotto e invece davanti a noi c'è un edificio di due piani abbastanza modesto. Nonostante ciò, una volta entrati iniziamo a curiosare e continuiamo a farlo per circa un'ora e mezza. Usciamo con qualche acquisto e scopriamo che ormai non piove quasi più.
Decidiamo di raggiungere il Kinkaku-ji, Tempio d'oro, che è una delle attrazioni principali della città. Da quello che leggiamo i tempi sono stretti ormai per trovarlo aperto ma dovremmo farcela per gli ultimi ingressi possibili. A nulla vale il nostro passo veloce: raggiungiamo il complesso del tempio e una guardia ci dice che avevano chiuso mezzora prima che arrivassimo. La giornata è definitivamente compromessa, siamo abbastanza stanchi e decidiamo di ripiegare a Nagoya.
Rientrati alla nostra "base", la poca voglia di camminare ulteriormente ha la meglio e scendiamo a cenare direttamente nel ristorante dell'hotel. Il pasto non si rivela nulla di eccezionale, anzi è caro rispetto alla qualità dei piatti proposti. Parlando del piano d'azione, decidiamo che l'indomani al ritorno da Nara cercheremo di trovarci un paio d'ore per un ultimo giro a Kyoto, in modo da vedere qualcosa in più delle molte perse oggi.

Giorno 9

Oggi è l'ultimo giorno completo di visite. Ci alziamo di buon'ora e fortunatamente si annuncia una bella giornata di sole. Prendiamo lo stesso shinkansen di ieri per Kyoto e, una volta arrivati, cambiamo salendo su un treno che somiglia più a una metro di superficie, in direzione Nara.
Nara ospita un importante tempio buddhista e numerosi santuari più piccoli, la maggior parte immersi nella natura. La città è però famosa più di tutto per i tantissimi cervi che la popolano: fin dalla sua fondazione questi animali sono stati considerati sacri e trattati con grande riguardo dalla popolazione. I cervi, che si trovano per la maggior parte nell'enorme parco di Nara, non hanno paura dell'uomo: girano liberi in mezzo alle persone e si fanno coccolare e nutrire con dei particolari biscotti che molti chioschetti e negozi vendono nei dintorni. Solo i più piccoli non hanno ancora imparato l'equazione "umano uguale cibo e carezze" quindi sono abbastanza paurosi. Come si può facilmente immaginare, questo posto è preso d'assalto da famiglie con bambini e infatti questo è forse il giorno in cui vediamo più turisti.
Arrivati in stazione, ci in camminiamo verso la zona verde, dove si trovano anche i templi più importanti. Lungo il tragitto incrociamo immancabilmente diversi negozi interessanti e facciamo l'ennesimo carico di souvenir.
Una volta raggiunta l'area del parco iniziamo a incontrare i cervi, prima pochi, poi inoltrandosi sempre di più. Girano pigramente nel verde, si fanno grattare e nutrire, a volte seguendo con insistenza qualche turista proprio cercando i famosi biscotti, di cui evidentemente vanno matti.
Dopo decine di foto ci incamminiamo verso il Todai-ji, tempio principale che ospita una statua di Buddha alta 15 metri. Per entrare nel tempio si attraversa prima di tutto un grande portale che al suo interno ha due imponenti statue di spiriti-guerrieri, tradizionalmente posti a protezione dell'area. Oltre il percorso conduce ad un piazzale con in fondo la struttura principale, che si staglia rialzata rispetto alla zona circostante. Appena riusciamo ad entrare vediamo la grande statua di bronzo al centro del tempio, capace di creare secondo me un'atmosfera solenne nonostante la marea di turisti e un negozio (!?) dentro l'edificio: davvero impressionante! Altri due enormi spiriti-guerrieri proteggono il Buddha all'interno del tempio, in posizione decentrata rispetto alla statua di bronzo.
Usciti, completiamo il giro visitando altre parti del complesso e poi del parco. Ci spostiamo quindi in un'altra zona e pranziamo in uno dei diversi locali che si trovano lungo la strada e nei pressi dei templi. Visitiamo poi il Kasuga-taisha, santuario shintoista nel mezzo del parco. Il santuario si compone di diversi edifici, cortili curatissimi e percorsi in mezzo al verde. Spiccano sull'ambiente circostante le sue pareti rosse e bianche, creando un'atmosfera suggestiva e di pace.
La nostra camminata continua. Abbiamo visto molto di Nara e decidiamo verso metà pomeriggio di ripiegare verso la stazione: dato che siamo di strada scegliamo di fare quella sosta a Kyoto programmata ieri sera, con l'obiettivo di recuperare qualcosa sulla piovosa giornata precedente.
Arriviamo in prossimità della città quando sta tramontando il sole. Decidiamo di scendere ad una stazione intermedia per poter raggiungere più comodamente il Kiyomizu-dera, tempio buddhista a sud-est del centro e dove nei suoi pressi si trovano vie di edifici storici. Siamo quasi certi di trovare il tempio ormai chiuso ma l'idea è di fare un giro per la strada principale, che dovrebbe essere molto bella con le luci serali. Facciamo una breve sosta ad un chiosco di takoyaki lungo la strada e camminiamo con un buon passo verso la nostra meta. I nostri sforzi non vengono però ripagati: arriviamo nei pressi del tempio e troviamo quasi tutto chiuso e al buio! Non ce lo aspettavamo perch&eacuto; in nessuna guida avevamo letto che verso le sei e mezza non ci sarebbe stato più nulla di aperto, Kyoto non ci ha portato per niente fortuna in questo viaggio!
Decidiamo almeno di cenare qui e cerchiamo su internet un posto valido. Troviamo un locale interessante specializzato in okonomiyaki, impasto di farina, uova, carne e decine di altri ingredienti secondo la variante del momento, il tutto cotto alla piastra. Il ristorante si trova nella stazione, quindi ci risulta anche molto comodo per il ritorno.
Il piano interrato della stazione di Kyoto, dedicato a ristoranti e negozi, è curato come un centro commerciale di lusso. Raggiungiamo il ristorante aiutati da alcune persone del posto, visto che le indicazioni sia su internet che sui cartelli dentro la stazione non sono chiarissimi, fra l'altro in gran parte in giapponese. Ci mettiamo quindi in una coda ordinata, che scorre abbastanza velocemente, e finalmente ci sediamo. La cena si rivela forse la migliore di tutte quelle fatte in questo viaggio. Al centro del tavolo c'è una piastra rovente e il cibo ci viene servito direttamente lì. Rigirandolo con una spatola apposta lo cuociamo noi a piacere per poi spostare man mano tutto nei piattini veri e propri. Il conto è decisamente più economico di quanto mi aspettassi e le quantità erano giuste, quindi non ho trovato davvero alcun difetto in questo locale!
Ci alziamo soddisfatti, raggiungiamo la zona dei treni e torniamo a Nagoya per l'ultima notte in Giappone.

Giorno 10

L'ultima giornata, oggi ci aspetta il viaggio di ritorno all'aeroporto Narita di Tokyo. Ci alziamo presto questa mattina, concludiamo la preparazione dei bagagli e dopo il rapido check-out ci dirigiamo in stazione. Arriviamo però al binario del nostro treno un attimo in anticipo e la tensione ci gioca un brutto scherzo: sbagliamo shinkansen e prendiamo quello che troviamo già pronto, mentre in realtà avremmo dovuto aspettare meno di 5 minuti perch&eacuto; questo partisse e arrivasse quello giusto. Tolto il ritardo per Takayama non abbiamo mai fatto errori coi treni durante questo viaggio, ma ovviamente ci tocca proprio oggi, che abbiamo il volo di rientro! Lo sbaglio ci costa un'ora di ritardo e così ci tocca fare tutto di corsa: arrivati alla capitale raggiungiamo più velocemente possibile la Tokyo station e quindi il binario del Narita express. Fortunatamente lo prendiamo in tempo e a questo punto possiamo quasi tirare un sospiro di sollievo.
Arriviamo in aeroporto e con un'altra bella dose di ansia aspettiamo in fila per lasciare i bagagli, il grosso è fatto ormai e riusciamo a imbarcarci senza intoppi.
Il volo di ritorno è quasi meglio dell'andata, complice il fuso orario a favore e due pasti che stavolta sono accettabili. I venti a favore ci fanno addirittura arrivare in largo anticipo e, una volta atterrati a Malpensa, recuperiamo bagagli e macchina, ci mettiamo in autostrada e arriviamo in serata a casa, completando la nostra avventura.
Finisco di scrivere questo resoconto in estate, mesi dopo il mio ritorno. I ricordi e le emozioni provate in Giappone, però, sono ben fisse nella mia memoria e probabilmente ci resteranno per molti anni. Nel paese del Sol Levante ho trovato una società che, pur con le sue ombre e scheletri nell'armadio, considero ammirevole e dalla quale l'Italia e l'Occidente in generale dovrebbero solo che imparare. Ho visitato posti, ho incrociato volti, mangiato e respirato in un posto che sognavo da anni di vedere in prima persona. Dieci giorni scarsi non bastano certo a farti conoscere davvero una nazione, ma se hai già dentro di te una parte della sua essenza, prima ancora di visitarla, allora sei sulla buona strada. Una strada che un giorno voglio tornare a percorrere.



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