LA FESTA DELLE FESTE
Con il cuore pieno di gioia ed emozioni, sempre uguali ma sempre nuove, gli ortonesi anche quest’anno, hanno rinnovato la tradizione delle feste patronali. La festa del sei, sette e otto settembre è l’evento principe della vita ortonese, l’occasione che riunisce tutti, il momento che ci stringe nella devozione dei Santi protettori ed al paese stesso. Le piccole campane della chiesa che sorgeva dove oggi sono i giardinetti e che ospitava Sant’Antonio, San Rocco e la Madonna delle Grazie, avevano un suono argentino, limpido e penetrante. Nell’annunciare l’inizio della novena, venivano suonate con un ritmo veloce ed il loro suono che si spandeva nell’aria, portava nelle note allegre, l’inizio della festa. E così le campane "a ficura a ficura" erano il primo segnale dell’arrivo della festa ed insieme ad esse arrivavano i fruttivendoli dalla "vallata" (Sulmona, Vittorito) con le merci e soprattutto i fichi. I tre giorni di festa mettevano Ortona al centro della vita della valle, ed anche i pescinesi venivano alla festa delle " sette madonne", definizione che nasce dal fatto che fino all'anno 1915 si portavano tutti i santi in processione.
La mattina dell’otto gli ortonesi venivano svegliati dal concertino di "Ciacciavitt" che con tamburo e piffero, percorreva le ruve di Ortona, portando il buongiorno. Nei giorni precedenti la festa i forni funzionavano a pieno ritmo sfornando ciambelletti e amaretti, i polli più grassi finivano in pentola e lasagne e sagnette sottolineavano la festa anche a tavola.
I colpi scuri di mattina presto, davano l’inizio alla giornata e l’arrivo della banda faceva affacciare tutti alla finestra. L’attesa della Messa portava tutti nella piazza che era avvolta dalla musica delle campane a distesa. Durante la Messa cominciava l’incanto del Santo: l’asta è una prerogativa di Ortona, il Santo viene portato da chi offre di più. Il battitore di quest’asta è stato per lunghissimo tempo Tranquillo Pecce: una vera e propria istituzione dell’otto settembre. E poi c’erano le bancarelle, le giostre, per quelli della nostra generazione l’autoscontro…
La processione imponente sfilava per le vie di Ortona intrecciata da canti e preghiere.
Tre giorni vissuti con passione, con fede profonda, con attaccamento alla tradizione e alla storia.
La tradizione bandistica delle feste di settembre ha portato ad Ortona bande di grosso calibro e la piazza si riempiva di gente che si portava la sedia per ascoltare i pezzi d’opera. Gli ortonesi americani contribuivano con moneta sonante alla realizzazione dello ’sparo’ che doveva essere forte, lungo, cadenzato nel ritmo. La "mammoccia" la sera dell’otto chiudeva la festa, dopo il ballo veniva bruciata e nelle scintille del fuoco c’erano i buoni auspici per il futuro. E sì… proprio così perché l’otto settembre per gli ortonesi è come capodanno, il giro di boa che riportava gli uomini a Frascati, i bambini a scuola, le donne a sistemare i raccolti estivi.
Oggi non è cambiato quasi nulla: lo spirito dell’otto settembre è sempre vivo, l’attesa della festa è sempre eccitante, gli ortonesi sono tutti puntuali all’appuntamento, le campane a "ficura a ficura" suonano oggi come suonava ieri e siamo sicuri che suoneranno per sempre. Le feste dell’otto settembre sono l’anima di Ortona, l’aspetto più nobile di noi ortonesi che ci stringiamo gli uni agli altri nell’amore per il nostro paese.
L’otto settembre è il grande abbraccio nel quale Ortona e gli ortonesi si ritrovano, si riconciliano , si amano, si aiutano. L’otto settembre è anche il ricordo di chi non c’è più, dei caduti delle due guerre, è anche il riferimento del tempo che passa, è il ritornare con la memoria all’infanzia quando l’anima bambina era tutt’uno con la festa. L’otto settembre è l’incantesimo di Ortona: la grande magia della tradizione, delle radici e della consuetudine.
Poi, però, c’è anche il nove di settembre ed il nove è tutta un’altra storia e ve la racconta Ernesto.
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M. Eramo |