Le band

Salerno, Parco del Mercatello

27 luglio 2003

 

parte 1 - Ondina Santos

parte 2 - Mariana De Moraes
parte 3 - Lenine
 
parte 4 - Teresa De Sio
 

Teresa de Sio

di Federico Fiume

Un palco guarnito di vele e reti, come un’imbarcazione pronta a salpare sulle rotte dell’immaginario, ha accolto a Salerno la “special edition” di “Da Napoli a Bahia”, lo spettacolo scritto da Teresa con Giovanni Soldini per viaggiare lungo le rotte dei velieri e incontrare i luoghi, le persone, le culture, attraverso la musica che ne rappresenta l’anima più profonda. Saranno le canzoni a soffiare il vento stasera, spingendo musicisti e pubblico verso nuove derive emozionali. Ma non c’è solo la musica: le parole di Massimo Cotto, presentatore/narratore di questa immaginaria traversata oceanica, legano l’una all’altra, le tappe del viaggio e i concerti dei vari artisti. La prima sosta è su quel pugno di isole oceaniche aspre e lontane chiamate Capoverde Si presentano con la voce cristallina di Ondina Santos, forse la più accreditata “erede” di Cesaria Evora. Quattro canzoni, per lei ed il suo gruppo, fra cui l’inevitabile “Sodade”, che Ondina interpreta in una versione lenta e sospesa, più dolce di quella della Evora. Il bello delle rotte dell’immaginario è che in un attimo ti portano ovunque tu voglia e con Mariana De Moraes siamo già in Brasile, quello umido e caldo che sente su di sè il respiro dell’Amazzonia. Quel Brasile di cui Vinicius De Moraes, nonno di Mariana, è stato uno dei più sensibili interpreti. Straordinario poeta ma anche autore, con alcuni dei migliori musicisti carioca, di tante splendide e indimenticate canzoni che Mariana ospita nel suo repertorio accanto a quelle dei migliori compositori di samba e bossa. La voce morbida, carezzevole ma intensa, dalle tonalità jazzate, si muove elegantemente fra le attente partiture del gruppo che la accompagna, composto da musicisti di grande sensibilità e bravura. Quando un altro frammento di racconto si sparge nell’aria per voce di Massimo Cotto, sta per salire Lenine con la sua band. Capello lungo, jeans e maglietta, ha un piglio da rocker e gli ampi, veloci passi con cui attraversa il palco, sono decisi, sicuri. Lenine il palco se lo prende, lo occupa fisicamente e poi lo tiene benissimo, con le sue chitarre elettriche dalle forme particolari, la sua voce e la sua musica. Lui e la band riescono ad esprimere il massimo d’intensità ed energia senza mai andare sopra le righe. Un rock di sostanza, compatto, personalissimo e vitalmente brasiliano, in cui non c’è una sola nota che sappia di scontato, di retorica musicale. Alla fine conquisterà un pubblico inizialmente un po’ spiazzato dall’impatto elettrico e forte della sua musica, ricevendone lunghi e sentiti applausi, che merita davvero tutti. Teresa nel backstage è un po’ nervosa: “Vorrei non essere l’ultima a salire…” confessa, ma l’ampio spazio che sta di fronte al palco è gremito di gente che è qui soprattutto per lei e lo prova l’applauso con cui viene accolta insieme alla band. Si parte subito col vento in poppa con “Salta salta”, poi “Ridere”, quindi la bellissima versione di “Terra” di Caetano Veloso, che Teresa ha tradotto in italiano. Ad affiancare la sua voce c’è quella di Mariana De Moraes, e insieme le due artiste danno vita ad un’emozione intensa e vibrante. “Mariana ed io - dice Teresa - abbiamo due voci diverse ma complementari, che si trovano benissimo insieme”. Nessun dubbio che abbia ragione. A seguire ecco “Il silenzio delle stelle” una canzone di Lenine che la sensibilità di Teresa ha virato splendidamente al napoletano (Lenine ascoltandola dirà che “sembra sia nata così”). La voce trasporta in alto mare, sotto quel firmamento che solo là si rivela in tutta la sua bellezza. Subito dopo esplode il ritmo battente di “Quando turnammo a nascere” e Lenine torna sul palco per quella che si rivelerà una trascinante improvvisazione. Lui e Teresa si divertono, si alternano alla voce, poi cantano insieme, ballano e ridono. Lui si muove di continuo, salta da una parte all’altra, mostra felice il suo coinvolgimento ed il piacere di essere lì in quel momento. Non c’era stato tempo per provare e il duetto è davvero improvvisato, ma funziona benissimo e strappa entusiastici applausi dalla platea che balla con loro. “Caffè nel campo” è come sempre una sferzata di energia, in cui l’affiatatissima band dà il meglio di sé. Poi scende il ritmo e torna l’atmosfera con “Pianoforte e voce”, leggera e dolce come la brezza che gonfia delicatamente le vele del palco. Ma i viaggi, veri o immaginari che siano, hanno sempre bisogno di un posto che ci aspetta. Così ecco “Voglia ‘e turnà”, accolta da un vero boato di applausi. “Rodianella” è l’occasione per invitare la gente a ballare “perché questa è musica popolare, e bisogna lasciarsi andare…”; ma sarà sul bis di “Aumm aumm” che anche gli ultimi irriducibili della seduta si alzeranno per lasciarsi coinvolgere in una spontanea danza generale. Gli ultimi applausi sono una standing ovation che accompagna i passi di Teresa verso i camerini e il suo sorriso finalmente disteso e felice. Nessuna bonaccia stasera, ma un vento di note che ci ha fatto viaggiare lontano. Il mare è lì, a pochi passi, con i suoi orizzonti nascosti che chiamano e invitano le prue ad altre avventure. E’ bello sapere che è sempre lì che ci aspetta.