nato a Cutrofiano il 12/10/1953.

ha allestito mostre personali e collettive,

Le sue opere sono presenti in collezioni private in Italia e all’estero.

E' presente sul catalogo ufficiale dell'arte contemporanea  italiana "TOP ARTS"1992/94

Percorsi d'Arte 1993

Agenda artistica EUROPEA 1994

Guida artistica "ARTE NOVA"1996

La pittura, la scultura e la grafica in Italia.1998/99

ARTECULTURA 1999

that's Art 1999

Arte Italiana dal novecento ad oggi   2000

Dizionario Enciclopedico Internazionale D'Arte Moderna e Contemporanea 2000/2001

Artisti contemporanei  :profili & quotazioni  2001

"Senza Titolo "  periodico di informazione d'arte e cultura 2001

"L'Elite" selezione arte italiana 2004

"Boè"  Periodico bimestrale di informazione artistica e culturale  2004

e su altri giornali e riviste d'arte.

 

Giudizi Critici

prof. Donno Dario

 

 

Il pittore Enrico Santoro,nei suoi paesaggi solari, caldi che ci ricordano le calde estati meridionali vuole farci scoprire le luci e i colori della terra salentina con l’immediatezza e la semplicità di un artista che come autodidatta,legge e reinterpreta attraverso i ricordi la sua terra. Una terra calda come si è detto, asciutta,arida , dura i cui frutti non possono essere che piante forti,resistenti e spinose come il fico d’india il cui frutto è però rosso e dolce, proprio come la pittura di Enrico Santoro anch’essa spontanea e semplice,dura e dolce allo stesso tempo.

 

 

prof. Giuseppe Tommasi

Enrico Santoro, autodidatta, rappresenta il Salento con ciò e per ciò che riguarda una pittura senza compromessi e senza metafore, poiché lui capta la natura sulla più cruda realtà. Il paesaggio è il suo tema preferito, oltre a composizioni varie, ma è con il suo paesaggio che incontra il gusto del pubblico sia come fatto ispirativi dei soggetti sia per la tecnica pittorica eseguita dall’artista, che, pur senza disdegnare le opere tradizionali, imprime alle sue tele uno stile personale con moderne tecniche e con nuove espressioni del colore che lui da solo e con caparbietà prova e riprova con i pennelli in mano. Il segreto del colore quindi, misto alla semplicità delle linee e alla delicata quanto armoniosa espressione formano di Enrico Santoro uno dei cantori della terra salentina, perché le sue tele emanano quel calore proprio del Sud, quell’espressione vivificatrice che sa avvicinarsi alla natura in ciò che essa ha di piu’ bello, in quei momenti magici che una volta assaporati rimangono a lungo nell’animo di ciascuno, purtroppo non è da tutti l’espressione di queste sensazioni, ecco perché nell’inconscio dei nostri pensieri forse invidiamo un poco l’artista che ci rende coscienti dei ripensamenti che ognuno fa come osservatore, perché l’interessante sta proprio qui, che pare quasi che Santoro abbia voluto ritrarre in ogni sua tela qualcosa che il visitatore ha già vissuto e di cui serba il caro ricordo.

 

 

Il Salento di Santoro : oscillazione tra inconscio e realtà.

 

dott.  Giovanni Leuzzi

 

 

 

La prima impressione che ricavo dall’esame dell’opera pittorica di Enrico Santoro è che al centro del  suo immaginario artistico ci sia il Salento, che, come altri hanno scritto, è il Salento della luce , dei colori, del vento, del mare, ma che ad un esame approfondito è soprattutto un Salento arcano, misterioso, originario, vergine della presenza umana, intatto in ogni suo elemento, sempre in bilico tra il reale e il simbolico.

Predominano, infatti, i paesaggi naturali fatti di cieli tersi tra l’azzurro e il bianco, popolati da tronchi millenari di ulivi e pini marittimi, da agavi e fichi d’India, da scogli emergenti da stretti bracci di mare:elementi immobili, fissi, quasi fossilizzati, avvertiti come presenze eterne, primigenie, tra i quali gli stessi manufatti dell’uomo, le torri costiere, i muretti a secco, i “furnieddi” e le “paiare” appaiono ad essi elementi coerenti e partecipi di una comune genesi pre-umana, in un contesto di magici rimandi simbolici ed oscure, ma connaturate corrispondenze: il tutto, elementi fissi, immobili ed immutabili, emblema di eternità e di memoria filtrata da influssi onirici ed inconsci, messo in contrasto, ma anche in osmosi, con il movimento del vento, che perennemente battendo da sinistra a destra le campiture pittoriche, attraversa i tenui fili delle alte erbe, anima i lenti papaveri, fa ondeggiare i flessibili arbusti sempre presenti nei primi piani delle raffigurazioni: anche qui a parte la ricorrente simbologia ,il vento è avvertito come presenza costante ,immutabile,elemento di vita ,l’unico elemento di vita ,ma fossile esso pure nella visione di un Salento chiuso, inquadrato nella cornice di una memoria-filtro, riportato ad esistenza pre-antropica ed anzi anti-antropica e colto in chiave vagamente surrealistica. E’ questo, almeno così a me pare, il Salento non facile, non oleografico, non di maniera di Enrico Santoro.

Le linee e le cromie rafforzano ed arricchiscono questi elementi di riflessione: ai colori caldi dei primi piani si susseguono i grigi-blu delle agavi, i grigi striati dei pilastri vegetali rappresentati dagli ulivi, tutti contorsioni e chiaroscuri e avvitamento verso chiome grigio-verdi che si stagliano sui freddi sfondi bianco-celesti del cielo.

Vedo luce viva, riflessi luminosi, ma non solarità; nella sostanziale prevalenza dei colori freddi (impressionante ed ossessiva, fortemente simbolica, la freddezza, la fissità, la non-vita delle agavi di primo piano in “agavi al sole” o in “tra le pietre” o in “omaggio al Salento”; e non a caso proprio l’agave, pianta “aliena” rispetto la Salento, può essere considerata al centro della costellazione simbolica presente nelle opere) colgo il significato- forse recondito ed inconscio- di una terra fissata inesorabilmente in una visione oscillante tra vita sensoriale e libera immaginazione: la ricerca, attraverso i paesaggi, i colori, le atmosfere del Salento di un mondo impossibile e fantastico: insomma nell’opera del nostro pittore si può cogliere un Salento a-storico, fatto di atmosfere stranianti e a tratti metafisiche, un Salento che sicuramente non è il Salento di oggi, ma che forse…non c’è mai stato se non nel crogiolo fantastico e re interpretativo di Enrico Santoro

 Maurizio Cioli

 

La pittura di Santoro unisce la felice immediatezza del ragazzo che proietta attraverso il colore la gioia di ritrarre le cose e l’esperienza dell’adulto che sa quelle  cose passate per sempre ed irripetibili .Da questo deriva l’atmosfera di sogno e di nostalgia che pervade la sua opera.

 

 

prof. Nicola Cesari

 

 

Enrico Santoro,produce una pittura che nasce direttamente da esperienze del vissuto,del quale da’ uno spaccato reale, liricamente interpretato. Interpretazione che tiene sempre conto di una realtà soggettivamente scrutata non soggetta a manipolazioni intellettualistiche, sorretta,alla base da una cromia semplice ,introduttiva,spesso minuziosa e puntuale negli accostamenti del colore. Quest’ultimo,mai staccato da un contesto compositivo, e in effetti il sostegno di tutta la sua opera,che , tuttavia , non bandisce dall’impianto compositivo  il segno al quale affida un ruolo descrittivo. Santoro è per certi versi un paesaggista,dato, che molta sua produzione predilige il paesaggio, anche se lo stesso, spesso, serve solo a giustificare incursioni in aspetti della natura  colti e analizzati in introspezione. E’ una chiave di lettura ,questa,che si evidenzia ed emerge dal modo in qui egli percepisce sensazioni cromatiche proprie della materia “naturale” che rivisita e acutamente indaga.

L’artista,in tal senso,si sofferma piacevolmente su immagini di un paesaggio, a metà fra reale e immaginario,reale,nella sua fisicità, immaginario nel colore sempre denso,vivo e pregnante di umori propri dell’autore. Colore nel quale vanno ricercati i motivi espressivi dell’artista,sempre attento e vigile nell’uso dei toni e degli accostamenti,arditi,ma mai dissonanti .

Si evidenzia nel fare pittorico di Santoro,una forte componente gestuale,che affonda le radici nell’esigenza di estrapolare dal gesto tutta la carica creativa. Quanto sin qui detto non deve far pensare al paesaggio di Santoro lontano dal nostro contesto territoriale,al contrario, siamo di fronte ad una interpretazione viva e palpitante del paesaggio salentino. Ne è prova la scelta di campo che egli opera nella selezione delle immagini tutte appartenenti al nostro territorio, nelle quali è fin troppo facile identificarsi.

Identificazione,che,coglie riproponendocela nella sua essenza,attraverso segni chiari e lineari nella sintassi compositiva.

Segni, a sostegno di un discorso pittorico tendente a illustrare la natura attraverso le metamorfosi del suo divenire.

Per quanto detto, non è azzardato affermare,che,in Santoro scopriamo un pittore di autentico valore,cantore  di umili presenze, che sa domandarsi e agire sul perché delle cose e dei fatti con disinvolta coscienza critica.

Egli, coglie, sempre con armonia l’immagine al momento centrale e prendere forma attraverso campiture di colore e definizioni segni che la connotano con estrema sensibilità. Per questo, le sue emozioni visive, diventano le nostre, grazie, all’uso di un colore di risentita poetica capace di comunicare l’emozione del profondo umano,permanentemente convalidata in sintonia col gesto.

 

L'Impressionismo    di Enrico Santoro

Dot . Salvatore Armando Santoro  

L'erba della campagna Salentina, mossa dallo scirocco primaverile, sembra materializzarsi nei dipinti di Santoro Enrico che, straordinariamente, rievocano le potenzialità cromatiche e luminose della pittura all'aperto espressa dai pittori dell'impressionismo rinascimentale. osservando le vecchie masserie abbandonate, gli ulivi verdeggianti e i prati coperti d'erbe e fiori si ha quasi la sensazione di essere parte viva del paesaggio al  punto da avvertire quasi la dolce brezza del vento che scivola sull' erba ed accarezza le tempie umide di sudore .

L'ambiente,quindi,come soggetto di espressione che si traduce in rappresentazioni spaziali per descrivere la natura ed evidenziarne i mutamenti temporali fissando sulla tela i colori e le armonie del paesaggio che si rinnova con il cambio  delle stagioni.

Coloro che per la prima volta si trovano davanti alle sue tele si sentono trascinati   in una dimensione quasi irreale ed improvvisamente recuperano la loro storia personale, ritrovano ricordi e sensazioni dimenticati, affetti , colori,emozioni e spaccati di vita vissuta che ritornano dirompenti a colorire l'animo con le dolci visioni che la campagna Salentina regalava a quanti, nelle giornate primaverili o festive, si recavano nelle loro proprietà per lavorare la terra o trascorrere in tranquillità una giornata serena oppure a far visita a i propri cari .

La solarità della campagna Salentina, le vecchie case abbandonate, gli ulivi, che si aggrappano con forza al terreno,e che sembra vogliano confondersi con il cielo,vivacizzano il paesaggio e lo materializzano al punto da assorbire le persone, che ammirano le opere di Enrico , che vengono trasformate prepotentemente in attori in una scenografia colorata che molti avevano scordato e che, grazie a questo artista, riscoprano ritornando per un momento ad essere parte viva ed integrante di una natura armoniosa resa ancor più reale dai colori impiegati per elaborare le proprie tele che sottendono una visione idealistica della natura di Enrico Santoro.

E sembra vedere assopiti, all'ombra dei tronchi contorti degli ulivi, così poeticamente e realisticamente modellati dai pennelli di Enrico, i vecchi esuli japigi che , deposte le armi, anno ricostruito la loro patria in questa terra che regala ancor oggi emozioni e rimpianti a coloro che ne sono lontani .

      

Anonimo

Opera nell’ambito del figurativo. Nei suoi dipinti riprende scorci naturalistici e paesaggistici di rara bellezza, che divengono ideali motivi di riferimento per i valori che intende comunicare attraverso la narrazione pittorica. Dotato di un acuto spirito di osservazione, si esprime con linguaggio limpido,armonico coloristicamente vivace, con accostamenti che danno risalto anche ai particolari e alle atmosfere,rendendo estremamente vitale il ritmo espressivo.

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