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Su I valori francescani conoscenza di se e degli altri Rapporto con Dio Scelta

 

I temi di questa seconda tappa riguardano la conoscenza di sé ed il rapporto con gli altri.

Dopo l'incontro avvenuto con Francesco inizia il cammino di crescita umana e cristiana verso un rapporto più intimo con il Signore e con la fraternità stessa.

Dedicare un anno a riflettere su sé stessi significa cominciare a conoscersi, a scoprire le proprie qualità e ad accettare i limiti personali per diventare progressivamente sempre più liberi e capaci di fare spazio al Signore e di accogliere i fratelli che incontriamo nella nostra vita quotidiana, sia che facciano parte del nostro ambiente sia che siano più lontani da noi come i poveri, i sofferenti  e gli ultimi.   

 

1.                 La conoscenza di sé

L'esame personale rappresenta una tappa fondamentale per vivere pienamente la nostra crescita interiore. Questo itinerario è composto da alcune tappe che possono essere così sintetizzate: conoscersi; accettarsi; saper migliorare i nostri limiti; saper orientare le nostre qualità; sviluppare le nostre potenzialità.

 

2.                 L’insicurezza

Quando usciamo dalla dimensione di riflessione personale e ci troviamo ad interagire con gli altri, spesso la paura di non essere accettati provoca una situazione di insicurezza. Quando proviamo questa situazione di insicurezza inneschiamo dei meccanismi di difesa, come per esempio: il mettersi da parte e il non pronunciarsi (il nascondersi) e l'adattarsi passivamente alle aspettative degli altri (l'apparire).

 

3.                 Aprirsi all’Altro

Le scelte che facciamo quotidianamente ci portano a contatto con gli altri. Per stabilire relazioni profonde con le persone è però non essere troppo “pieni di sé”. In altre parole, è importante “ridimensionare” se stessi, il che non vuol dire dimenticare la propria storia o mettere da parte i propri desideri, ma piuttosto fare spazio dentro di se per riscoprire la propria identità più profonda e vera, e lasciando così anche lo spazio nella nostra vita a Dio e per mezzo di Lui, all’altro.

La scoperta della propria identità passa attraverso la relazione con gli altri, in primo luogo con l’Altro che è il Signore della nostra vita, che ci ha creato unici e irripetibili. Per stabilire una relazione profonda con Lui, occorre in certi momenti lasciare da parte quelli che sono i nostri programmi, i nostri egoismi, le nostre paure e lasciare spazio a Dio che entra nella nostra vita, sana le nostre ferite, viene incontro ai nostri desideri. Aprirsi all’Altro significa anche aprirsi agli altri.

 

4.                 La fedeltà nelle scelte

Nel vivere le nostre scelte, piccole e grandi, incontriamo spesso delle difficoltà di molti tipi: è il momento della prova e della conferma degli impegni presi con noi stessi, con le nostre scelte di vita, con i progetti di Dio. Spesso il difficile non è soltanto prendere delle decisioni, ma rimanere coerenti ad esse, anche nei diversi ambienti in cui siamo chiamati a vivere

 

5.                 Noi e il nostro ambiente:

               gli amici, la famiglia, la scuola, il lavoro.

Dopo aver riflettuto su noi stessi, ci apriamo al mondo delle relazioni con l’esterno. Le relazioni più frequenti e più intense siamo chiamati a viverle quotidianamente e riguardano diverse dimensioni sociali (amicizia, famiglia, scuola, lavoro). Questi ambiti sono sia fonte di gioia e di maturazione che fonte di condizionamenti perché troppo protettivi o inospitali, assillanti o esigenti. Le situazioni felici e tristi e i rapporti che viviamo sono proprio le occasioni per verificare le nostre forze e riflettere sullo stato del nostro cammino spirituale.

 

6.                 Noi e gli ultimi

Dagli ambiti che ci risultano più familiari e talvolta meno complicati, passiamo a verificarci su come viviamo il rapporto con le persone che spesso sono lontane da noi, cioè gli ultimi, i poveri, i sofferenti. Siamo infatti circondati da povertà e miserie: quelle più eclatanti ed evidenti e quelle altrettanto gravi e numerose che però i nostri occhi spesso non vedono, malgrado la vicinanza fisica. In entrambi i casi, il mistero della sofferenza ci chiama non alla pietà, ma alla “compassione”, all’empatia e alla condivisione concreta.

 

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