Sereno tramonto
Se i miracoli sopra ricordati non fossero sufficienti a dimostrare la
santità del nostro Santo, basteà ora considerarne la morte
per avere una prova di più di quelle eccelse virtù che
resero bella la sua anima: la sua fu proprio la morte preziosa dei santi:
Pretiosa in conspectu Domini mors sanctorume eius.
E se la morte, come dice S. Gregorio, è l’eco della vita,
e non può morir da malvagio chi visse sempre santamente, il nostro
caro santo morì come visse; cioè la sua fu una morte preziosa
e santa perché la sua lunga vita era stata preziosa di virtù
e piena di opere sante.
Ad una grave forma di sciatica che lo tormentava giorno e notte e che
gli impediva anche di reggersi in piedi, si aggiunse la sofferenza di
un’asma soffocante che lo prostrò ancora di più
fisicamente, tanto che i Frati ebbero l’impressione di perderlo
da un momento all’altro.
Ma il Frate li rassicurò dicendo che non sarebbe morto per allora
né di quella infermità, perché la Madonna gliel’aveva
rivelato; e difatti si riebbe e poté durarla per un altro anno,
nonostante gli acciacchi, la debolezza e l’età, nulla tralasciò
delle pratiche della Regola professata. Ma ormai il corpo era troppo
minato e più non resse alla generosità del suo spirito
quando ai precedenti mali si aggiunse una forte idropsia di petto che
lo costrinse a letto.
È questa l’infermità che porterà il suo corpo
alla tomba, e la sua anima bella a godere delle gioie del cielo. Avvertiti
i confratelli del giorno e dell’ora precisa della sua morte, li
pregò d’iniziare una novena alla Madonna, perché
terminata questa, egli – come disse a Fra Bartolomeo che l’assisteva
– sarebbe partito per la casa sua”.
Aggravatosi il male, dalla sua celletta venne trasferito a braccia in
un camerone del piano superiore, e uscendo dalla celletta, baciandone
le mura, come per licenziarsi da essa: “Camerella mia –
esclamò – non entrerò mai più in questa camerella
mia”.
Così tranquillo, sereno con Gesù Crocifisso fra le braccia,
l’immagine della Madonna sul petto, senza dare il minimo segno
di fastidio e di lamento, sopportò con inalterabile pazienza
le atroci sofferenze e dalle sue labbra non uscì che questa sola
dolce invocazione: “Gesù Cristo mio, Madonna mia, S. Giuseppe
mio portatemi in Paradiso!” tanto intenso era divenuto in lui
il desiderio dell’eterno riposo.
Chiese
il Viatico
Quando Gesù Sacramentato fu alla sua presenza, egli stava per
inginocchiarsi, ma il Superiore glielo proibì e chiesto perdono
a tutti i Confratelli di qualunque dispiacere o cattivo esempio che
avesse loro potuto dare, proprio lui, Fra Egidio, che era stato un Religioso
modello, un Angelo in carne, ricevette l’ultima Comunione e l’Olio
Santo, poi dopo aver pregato il Superiore di usargli la carità
di vestirlo dell’abito più logoro e rattoppato, si raccolse
in profondo silenzio nella meditazione delle cose celesti, mormorando
la giaculatoria: “Gesù, Maria, Giuseppe, portatemi con
Voi in Paradiso”.
Siamo al 7 febbraio 1812. Verso mezzogiorno il venerato infermo chiese
che ora fosse, e conosciutola chinò varie volte il capo quasi
a far capire ai presenti che la sua ora era ormai imminente. Poi di
nuovo chiese l’ora. Gli si rispose che mancava appena un quarto
a mezzogiorno ed Egli domandò se fossero stati a mensa; alla
risposta negativa soggiunse: “Andate pure a pranzo, vi è
ancora mezz’ora per la mia morte”. Ma i Frati che erano
desiderosi di assistere alla morte di un Santo di Dio, non seppero né
vollero staccarsi dal suo letto. Poco dopo il Santo Religioso entrava
in agonia non prima di aver detto al Superiore: “Padre Guardiano,
dite le Litanie perché me ne devo partire subito”.
Appena terminata la recita delle preghiere per i moribondi, il Santo
chiude gli occhi e china lentamente la testa nel sonno dei giusti.
Era il 7 febbraio 1812, di venerdì. Le campane di Napoli suonavano
il mezzogiorno; e Fra Egidio, l’umile fraticello della bontà,
della semplicità e dell’amore era volta al cielo nello
sfolgorio del primo meriggio. Contava 83 anni.
Beatificazione
I pianti dell’intera città furono, insieme ai prodigi avvenuti
attorno alla sua bara, la voce del popolo che si univa alla voce di
Dio per proclamarlo Santo. Iniziato il Processo dalle competenti autorità
della Chiesa, Sua Santità Pio IX, il 24 febbraio 1868, ne definì
l’eroicità delle virtù. Mentre Papa Leone XIII,
il 21 novembre 1886, completato il Processo sulla vita, le virtù
e sui miracoli dell’umile Fraticello di S. Francesco, ne decretava
gli onori degli altari conferendogli il titolo di Beato e ne celebrava
la solenne Beatificazione il 5 febbraio 1888. Da oltre un secolo la
Chiesa e la Famiglia Francescana, insieme alla numerosa e devota schiera
dei suoi ammiratori, attendevano la tappa conclusiva della glorificazione
ecclesiale del Beato tarantino: la canonizzazione, cioè l’iscrizione
del nome dell’umile seguace di S. Francesco d’Assisi, nell’albo
(o canone) della santità universale. Il 4 maggio 1952, accogliendo
le istanze pervenutegli da parte dell’Ordine dei Frati Minori,
delle Arcidiocesi di Taranto e di Napoli e di molte Autorità,
il Papa Pio XII aveva firmato il Decreto di “riassunzione”
della Causa. Si attendeva che il Signore stesso fosse intervenuto, accordandoci,
per intercessione del caro Fra Egidio, “un segno” della
sua infinita misericordia, o miracolo, richiesto dalle leggi canoniche
per poter procedere alla tanto attesa canonizzazione.
Il 19 aprile 1993 la Vice-Postulazione francescana di Lecce presentò
all’esame della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta
guarigione miracoloso della Signora Angela Mignogna che, nel 1937, era
stata prodigiosamente guarita, per intercessione del nostro Taumaturgo,
da un “coriopitelioma” all’utero, e che vive ancora
felicemente.
Il 27 gennaio 1994 la Consulta Medica della stessa Congregazione dichiarava,
con il voto unanime dei suoi illustri componenti, che la guarigione
della Signora Mignogna era clinicamente inspiegabile. Anche i Consultori
Teologi e, successivamente i Padri Cardinali e Vescovi, nella rispettiva
sessione del 13 maggio 1994 e del 18 ottobre 1994, espressero il loro
unanime voto a favore della prodigiosa guarigione. E finalmente il 15
dicembre 1994 il Santo Padre Giovanni Paolo II dichiarava solennemente
che la guarigione “istantanea, perfetta e duratura” della
Signora Mignogna poteva considerarsi un vero miracolo operato da Dio
per intercessione di Fra Egidio Maria di S. Giuseppe.
Celebrato poi il solenne Concistoro Pubblico il 10 aprile 1995, durante
il quale tutti i Cardinali e Vescovi presenti si espressero a favore
della canonizzazione di Egidio Maria di S. Giuseppe, il Papa stabiliva
di voler procedere alla attesa canonizzazione del nostro caro Santo
la domenica 2 giugno 1996, festa della SS. Trinità, in piazza
S. Pietro a Roma.
Il cammino verso la santità che Egidio Maria aveva intrapreso
nel giorno del suo Battesimo, si conclude così nel nome della
Trinità beata, allorché il Signore della gloria si rivela
nell’umile esistenza del figlio del funaio di Taranto, acclamato
da tutta la Chiesa come autentico testimone dell’amore!
Conclusione
Non saprei chiudere queste brevi note sulla vita del Santo francescano,
Egidio Maria di S. Giuseppe, senza una conclusione pratica ed un insegnamento
che ci viene da un ultimo episodio della sua vita. Il Santo è
ammalato ed è agli ultimi giorni della sua vita affettuosamente
assistito dai Confratelli. Fra questi vi è un certo Fra Antonio
della Consolazione, che pieno di stima e venerazione per il santo infermo,
un giorno gli chiede un ricordino; Fra Egidio gli risponde: “Osserva
la regola esattamente e non aver paura di niente”.
Devoto lettore, vuoi avere sempre il cielo propizio? Vuoi tu non temere
la terra né l’inferno? Vuoi tu dormire sonni tranquilli?
Vuoi arrivare alla virtù, alla perfezione ed alla santità?
E forse fare miracoli?
Ebbene traduci nella vita di ogni giorno l’ammaestramento del
caro Sant’Egidio; Osserva esattamente i tuoi doveri, i Comandamenti
di Dio ed i Precetti della Chiesa; ti assicurerai un’esistenza
serena, felice e santa.