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Cenni storici

 

Ricostruire gli avvenimenti e le vicende storiche della chiesa di S.Maria a Piazza è particolarmente complesso. Questo sia per scarsità di fonti, sia per l' ambiguità delle stesse che ha dato origine a tutta una serie di interpretazioni degli storici, sia infine, ma non ultimo per importanza, per l' alone di mistero di un tempio che ha il suo fascino nel non somigliare a nessun'altra delle analoghe costruzioni sacre campane. Osservandola dall'esterno in particolar modo si rimane sconcertati dalla naturale asimmetria delle forme, dei volumi, degli stili (tav.1). Tutto sembra apparentemente confermare, per poi subito dopo contraddire le convinzioni che man mano lo studioso va costruendo nel bisogno di incasellare un manufatto artistico in un'epoca, in uno stile ben preciso.

Forse una chiave di lettura può essere rintracciata nelle nebulose origini della città.

Quando il duca di Napoli Sergio IV donò nel 1030 al normanno Rainulfo Drengot il territorio aversano per i suoi servigi nella lotta contro il principato di Capua, non gli diede una zona priva di abitazioni e di abitanti, abbandonata alle paludi, ma una fertile terra curata da laboriosi agricoltori e anche ben guarnita e già fortificata con un castello. C'erano poi tutta una serie di ville e casali sparsi abitati da una popolazione eterogenea. Oltre al nucleo originario del villaggio di "S.Paolo at Averze", a nord est in un entroterra ben protetto e territorialmente strategico c'erano alcune comunità di diversa origine e razza. C'erano bizantini e greci provenienti dalle terre sottoposte all'Impero romano d'Oriente, gruppi consistenti di ebrei che daranno origine anche in parecchie città del Sud alle cosiddette Giudecche, veri e propri punti di riferimento non solo religioso, ma anche mercantile della diaspora ebraica. Accanto ad essi, fuoriusciti saraceni, arabi provenienti dalla Sicilia dominata dai musulmani. Accorsero poi in quest' area, quasi ad un tranquillo rifugio, gli abitanti superstiti dell' osca Atella incendiata nel X secolo e portatori dell ' eredità di una cultura originale come quella delle "fabulae atellane". Questo miscuglio di razze e culture miracolosa- mente non suscitava quei conflitti a cui noi oggi siamo abituati, ma una fusione intelligente e civile di idee e interessi, prevalentemente mercantili, che si rafforzeranno quando, rimasto vedovo Rainulfo Drengot, si risposò con la figlia del duca di Amalfi, intensificando in tal modo i rapporti economico-commerciali con la repubblica marinara. Una colonia, 'infatti, di amalfitani si trasferì stabilmente ad Aversa, nei pressi della porta di S.Maria a Piazza, là dove già da tempo si svolgeva il Mercato pubblico alI 'ingrosso. La via detta della Scalella ancora oggi ricorda nel nome la provenienza dei suoi abitanti dalla città di Scala sulla costiera amalfitana. Un quartiere quindi quello di S.Maria a Piazza a prevalente vocazione commerciale. Non a caso lo sviluppo urbano di tutta l'area circo- stante mantiene l' impronta dei percorsi frastagliati e irregolari dei centri mercantili medioevali. Rimane ancora oggi in qualche caso ad esempio la soluzione delle scale esterne per l' accesso in casa, tipica dei fondachi e delle abitazioni

con finalità commerciali diffuse a Napoli e ad Amalfi presso la zona dei porti. Ed è in quest'ambiente cosmopolita, per opera quasi sicuramente della comunità greco-bizantina, che sorse, prima dell'arrivo dei normanni, nel X-XI secolo la chiesa di S.Maria a Piazza. Essi erano gli eredi di quei bizantiniche avevano lottato contro il patriarca Nestorio e avevano con il concilio di Efeso d~l 431 definito il dogma di Maria Madre di Dio e del Cristo.

Già da queste considerazioni si evince che la chiesa che stiamo descrivendo è certamente la più antica di Aversa. .

La chiesa originaria in stile romanico era ad unica navata, ma doveva essere per dimensioni e per prestigio ritenuta più importante dell ' originario santuario dedicato a S.Paolo. Infatti, prima che i normanni decidessero di sostituire quel piccolo santuario con una vera e propria cattedrale e prima che i lavori di que- st'ultima fossero compJetati, le funzioni episcopali erano svolte nella parrocchia di S.Maria a Piazza, che, come documenta una pergamena de11155, risulta essere la più antica parrocchia di Aversa (privilegio che ancora oggi nelle processioni religiose mantiene sfilando per ultima). Questa parrocchia era così importante da impegnare più sacerdoti (detti porzionari) nella sua amministra- zione, I suoi confini arrivavano fino al casale di Carinaro dal lato Nord. e fino alla zona dell ' attuale Piazza Mercato dal lato Sud.

E veniamo ai normanni a cui nell 'XI secolo si deve l' operazione di abbellimento e di ingrandimento del tempio. Passò da una a tre navate, improntate allo stile gotico, ma fondendo elementi della cultura araba delle maestranze locali, che ben si colgono dall'andamento delle linee e dei volumi specie in alcuni scorci esterni.

Con gli angioini la chiesa conobbe il suo massimo splendore arricchendosi di affreschi recentemente recuperati, alcuni di scuola giottesca. Nel 1349 a seguito dei danni di un grave terremoto il tempio fu completamente ristrutturato, non perdendo mai la caratteristica di fondo del suo stile gotico. Nel XV e nel XVI secolo altri affreschi abbelliranno l'interno. Nel seicento ci fu un vero e pro- prio stravolgimento quel suo stile con la sostituzionè del soffitto a capriate con un cassettonato ( eliminato negli ultimi restauri) e con l' erezione di nuovi altari barocchi, finanziati da donazioni delle famiglie nobiliari aversane. N el 1602 nella visita pastorale di monsignor Bernardino Mòrra se ne contavano ben 16. Nel '700 però i fasti della chiesa cominciano a ridimensionarsi. Nel 1715 il car- dinale Innico Caracciolo, vescovo di Aversa, incorporò i beni della parrocchia al Seminario. In tal modo S.Maria a Piazza perdeva la sua autonomia, che riacquisterà solo nel 1934.

E' però anche del settecento l'iniziativa di Carlo III di Borbone di valorizzare la' zona di S.Maria a Piazza, restaurando e ampliando il castello alle sue spalle, fatto costruite da Alfonso I d' Aragona nel' 400 nel corso delle lotte accanite con gli angioini per il possesso del regno di Napoli.

L 'incarico del restauro borbonico fu affidato a Luigi Vanvitelli e, anche se mancano documenti che comprovino la diretta partecipazionedell'autorè della reggia di Caserta, vanvitelliana è certamente la matrice e l'ispirazione dell'edificio.

Il vecchio castello aragonese fu trasformato in stazione di cavalleria nell'ambito di un disegno più ambizioso di un collegamento diretto tra Napoli e Caserta. Venne costruito anche un vialone, delimitato da due file di platani ( da cui via Platani, ora S. di Giacomo), dando indirettamente anche alla chiesa di S.Maria a Piazza e all'intero centro storico normanno una via d'accesso più consona se non trionfale da Nord.

Nel 1807 dopo le leggi soppressive francesi, il tempio fu trasformato in depo- sito di paglia della vicina caserma militare.

Dopo la parentesi francese la chiesa rimase nella sua veste baroccheggiante, che aveva ricoperto e quasi nascosto sotto stucchi e intonaci quasi tutti gli affreschi, fino alla seconda guerra mondiale, che la ferì profondamente. Dopo la guerra molto lentamente è cominciata la fase di restauro che si è protratta per un ventennio fino alla riapertura del 1966 in una veste che ha ripreso almeno in parte I' aspetto della chiesa trecentesca.

Un 'ultima annotazione va fatta sulla denominazione della chiesa, che fin dalle origini fu quella di "S.Maria de platea". Diverse sono le ipotesi degli studiosi sul significato del termine platea. Non ci soffermeremo molto su questa diatriba, se non per chiarire almeno le due posizioni principali. La prima, che interpreta la parola latina platea nel significato che il termine assunse nel basso medioevo di rocca fortificata o castello, e che da questa etimologia deduce che I' appellativo è da riferirsi a un vicino castello. La seconda ipotesi, che interpreta il termine platea come pubblica piazza al centro della quale c' era secondo un documento del 1168 un pubblico pozzo. Abbiamo confrontato queste due ipotesi con una realtà a noi culturalmente vicina, quella napoletana della coeva chiesa di S.Maria a Piazza a Forcella. Le fonti storiche fanno riferimento in questo caso non ad un castello ma aÌla platea furcillense, uno slargo (piazza?) posto nei pressi del Seggio di Forcella.