Questo manoscritto fu redatto pochi giorni dopo l'eccidio di venti innocenti ad opera delle SS tedesche, dall'allora parroco di San Quirico, Don Vincenzo Del Chiaro, a testimonianza di questi tristi giorni nella storia del nostro Paese. Delle copie cartacee ne sono rimaste pochissime cosicchè, insieme a Don Carlo Celli, abbiamo pensato di renderlo visibile a tutti e soprattutto di non perderne il suo contenuto, copiandolo fedelmente qui di seguito. |
LE TRAGICHE GIORNATE DEL 17-19 AGOSTO 1944 IN SAN QUIRICO VALLERIANA
La sera del 17 Agosto 1944, in casa degli eredi di Quilici Eufisio di Pariana, posta in S.Quirico al n°40, l.d. "la Piana", abitata dalla famiglia di uno sfollato di Livorno, certo Salvatore Altiero, si teneva, fra i dirigenti locali della TODT, ordinata da un certo Martin, una cena, alla quale prendevano parte anche tre ufficiali tedeschi: Flozet Ioacchin, Fopp Fleinz e Cimbert Wichert, i primi due dei quali uccisi nelle circostanze di cui in appresso.
Nel frattempo persone dal fare sospetto si aggiravano nei pressi della casa di Consani Edoardo, presso la quale sfollato da Pescia abitava Nello Scoti, repubblicano inviso ai Partigiani per la sua condotta politica, e sospetto di tenere una radio trasmittente al servizio dei tedeschi, e della quale i Partigiani volevano impossessarsi. Lo Scoti, temendo qualche agguato, prima di rientrare a casa, chiese protezione ai tedeschi, che ancora sedevano a mensa.
Due ufficiali si dissero pronti ad accompagnarlo. Usciti di casa presa la strada che conduce ad Aramo, svoltarono nel viottolo di Fontana, e si diressero verso la casa dei Consani; giunti nei pressi di questa, si incontrarono infatti con sei tedeschi, che, pure vestendo tuttora la divisa militare della loro Nazione, avevano disertato le file e si erano riuniti coi Partigiani che stavano a Medicina.
Essi erano accompagnati dal Darini Roberto, e da un francese venuto con lui da Genova, il gruppo era capitanato dal ben noto Franz. Gli ufficiali tedeschi intimarono loro l'alt, ed avvicinatisi al Franz dissero: Voi essere Partigiani - No, rispose il Franz, essere camerati. Alla richiesta dei documenti, il Franz, estratta dalla tasca una rivoltella, mentre teneva quella d'ordinanza nella fodera, fece fuoco contro i due ufficiali, che non fecero in tempo ad accorgersi del fulmineo gesto.
Erano circa le ventitré, quando si udirono i colpi di arma da fuoco, un fuggifuggi e lamenti in richiesta di soccorso. Giunte persone sul luogo con il terzo ufficiale tedesco, trovarono un ufficiale tedesco gravemente ferito, e dopo più lunghe ricerche, l'altro ufficiale morto. Adagiato il ferito sulla lettiga della Misericordia, adattata alla meglio sull'auto dell'ufficiale stesso, fu portato alla volta dell'ospedale di Pescia dove purtroppo giunse cadavere, mentre il cadavere dell'altro ufficiale tedesco fu portato nel locale della Misericordia di S. Quirico in attesa di disposizioni.
Facilmente si può immaginare il panico e la costernazione dell'innocente popolo di S. Quirico, che usci dalle case e si sparse per la campagna. Questo stato di trepidazione durò tutto il giorno fino a circa le nove del giorno diciannove, ora in cui giunsero due Ufficiali Superiori tedeschi, che chiesero di vedere il cadavere del tedesco ucciso. Il Pievano, presa la chiave dei locali della Misericordia, li aprì e introdusse i due Ufficiali alla presenza della salma. Essi con il loro seguito, salutato il cadavere, dopo un minuto di raccoglimento, uscirono dal locale e dettero ordine di distruggere il paese, incendiandolo.
Fecero subito circondare il paese perché nessuno uomo ne uscisse, intimando al Pievano di avvertire la popolazione dell'ordine dato, di riunire in chiesa gli ammalati ed i vecchi che non potevano uscire; e far si che le donne ed i bambini abbandonassero il paese entro due ore. Le donne, preso dalle loro case quanto potevano, fuggirono spaventate verso gli altri paesi e la campagna.
Sono di poco suonate le undici, che i soldati tedeschi si danno al saccheggio, asportando il bestiame, mobilio migliore, biancheria e viveri, mentre dall'alto della Rocca e da Pierone, cominciarono a sprigionarsi dense colonne di fumo che si allargarono rapidamente verso la piazza e scesero verso la chiesa, la quale, grazie a Dio ed agli ordini impartiti, insieme con gli oratori e le case annesse, restarono incolumi, il rimanente del paese divenne ben presto un enorme braciere, e poi un cumulo di rovine.
Di 119 numeri civici di case che sono nel Castello, cinquanta vennero completamente distrutte, diciannove parzialmente incendiate e altre eccettuate pochissime, fra le quali la Canonica e la Misericordia, furono tutte più o meno danneggiate. Sono completamente distrutte le case portanti i numeri civici seguenti: 9) Proprietario Lucchesi Rinaldo fu Amedeo; 28) Angeli Benedetto fu Sante; 29) Lucchesi Cesare di Ignoti; 30) Benigni Sante fu Quirico; 38) Angeli Giuseppina fu Gabriello; 40) Eredi di Quilici Eufisio; 42) Benigni Luigi ed Amedeo fu Francesco; 43) Benigni Sante fu Quirico; 44) Eredi di Benigni Attilio fu Benigno; 45) Benigni Raffaello fu Quirico; 50) Carli Giulio fu Giuseppe; 51) Fontana Ferdinando; 56) Pierini Emilio; 58) Eredi di Benigni Pellegrino; 60) Lucchesi Cesare di Ignoti; 66) Mazzei Domenico fu Pasquale; 67) Fasi Daniele fu Quirico; 75) Benigni Gino fu Iacopo; 77) Barbieri Maria ed Osvaldo; 78) Eredi di Angeli Adelaide; 79) Carli Giulio fu Giuseppe; 83) Angeli Francesco fu Domenico: 90) Angeli Riccardo fu Giulio; 91) Iacopini Albina; 92) Michelotti Massimo fu Ranieri; 93) Fasi Daniele fu Quirico; 96) Eredi di Biagi Michele; 98-99) Benigni Tommaso fu Niccolao; 100) Eredi di Ugo Nerici; 101) Barbieri Maria Ved. Mazzei; 102) Benigni Sante di Modesto; 105) Carli Giovanni di Quirico; 107) Mazzei Rinaldo fu Biagio; 108-109) Mazzei Giovan Battista fu Luigi; 110) Cipriani Tommaso fu Giuseppe; 111) Benigni Luigi fu Guglielmo; 112) Fontana Giovanni fu Girolamo; 116) Cipriani Quirico fu Luigi; 119) Eredi di Petretti Rosa fu Luigi; 120) Benigni Guido fu Giuseppe; 122) Fratelli Carli fu Luigi; 123) Eredi di Squilloni Pietro; 125) Magni Narciso fu Salvatore; 126) Magni Elisco Oliva e Raffaello; 133) Angeli Marianna negli Agostini; 137) Marchini Arturo fu Giuseppe; 140) Pacini Agostino e Fratelli fu Giuseppe; 141 Eredi di Carli Francesco; 144) Angeli Giuseppina fu Gabriello.
Le case parzialmente distrutte portano i numeri: 10) Proprietario, Fontana Teresa fu Giuseppe; 33) Consani Domenico fu Domenico; 39) Michelotti Romualdo fu Ranieri; 55) Benigni Sante fu Quirico; 57) Benigni Quirico di Modesto; 59) Magni Luigi fu Raffaello; 62) Fasi Giuseppe fu Quirico; 63) Giancoli Michele fu Pietro; 70) Eredi di Veraci Antonio fu Quirico; 74) Eredi Fasi Oreste fu Luigi; 80) Benigni Bernardo fu Nicolao; 86) Unti Aurora; 87) Darini Celeste fu Giovan Battista; 94) Eredi di Benigni Luigi; 97) Eredi di Angeli Giovanni; 100) Nardini Carlotta nei Petretti; 113) Fontana Tommaso fu Sebastiano; 121) Unti Edoardo fu Luigi; 132 Eredi di Allegrini Giusto. Inoltre furono distrutte numero quindici fra metati e capanne, appartenenti rispettivamente ai seguenti proprietari: Fontana Teresa fu Giuseppe a Castrognano; Fontana Quirico fu Niccolao a Castrognano; Fontana Angelo fu Cipriano a Castrognano; Benigni Sante fu Domenico alle Capanne; Benigni Raffaello fu Quirico alle Capanne; Barbieri Maria e Osvaldo alla Piana; Mazzei Domenico fu Pasquale alla Piana; Fasi Daniele fu Quirico sotto la Porta; Benigni Arnolfo fu Guglielmo all'Orticino; Fontana Giovanni fu Girolamo, Rocca; Mazzei Quirico di Rinaldo, Fonti; Capanna della Pievania, Fonti; Eredi di Pacini Giuseppe, Fonti; Magni Germano fu Pasquale, Fonti; Eredi Pacini e Allegrini Corrado, Rocca.
Il Pievano che alla richiesta fattagli dall'Ufficiale tedesco, se volesse lasciare il paese, aveva risposto negativamente, assiste esterrefatto a questa neroniana distruzione, e facendo la spola fra gli incendi e la Chiesa, conforta gli infelici che in essa si trovano, e li invita alla preghiera e ad offrire a Dio le loro infermità e dolori, perché abbia misericordia di tutti.
Il Ducceschi Primo che soffre travagli epilettici, fu assalito da questi per ben cinque volte nella mattinata, avendo quasi continuo bisogno di soccorso e non avendo nessuno dei familiari in Chiesa. L'altro ammalato di cuore Magni Germano ebbe gli attacchi così forti, che più volte sembrò esser morto e gli fu persino somministrato l'Olio Santo, mentre bisognava andare al giaciglio di Benigni Teresa moglie di Darini Everaldo, che da due giorni aveva dato alla luce un bambino e nasconderle la truce realtà.
In questo spazio di tempo, fatta d'urgenza da un soldato tedesco una cassa, vi viene deposta la salma dell'ufficiale tedesco ucciso, che di trovava nel locale della Misericordia, e con automezzo viene inviata alla volta di Pescia.
Ed il calice amaro non era ancora trangugiato, anzi si converte in fiele e mirra. Circa le ore undici viene l'interprete in Chiesa, e chiamato il Pievano, gli comunica che per ordine superiore, faccia approntare entro due ore una fossa nel Cimitero, capace di contenere venti cadaveri.
Come fare? Uomini abili non ve ne erano, zappe e vanghe neppure, preso il coraggio a due mani, il Pievano si rivolge a quei poveri uomini che erano in Chiesa, supplicandoli di fare tutto il possibile perché anche quest'ordine fosse eseguito. In principio sono negativi, non volendosi scavare la fossa da loro stessi, poi titubanti, e finalmente rassegnati, racimolando non so come tre zappe e delle vanghe, si avviano al Cimitero un po' rinfrancati, avendo saputo dal soldato di scorta, che la fossa non veniva fatta per loro, essendo troppo vecchi. La fossa fu fatta nel fondo del quadro, a sinistra della Cappella.
Sono le ore sedici. Viene un altro soldato tedesco dicendo al Pievano che il Comandante gli vuole parlare, e lo invita a seguirlo, prendendo la via che conduce al Cimitero. Giunto nei pressi del Cimitero stesso, il Comandante per mezzo dell'interprete dice al Pievano: "Sapete che in questo paese sono stati uccisi due ufficiali tedeschi e secondo gli ordini di Kesserling, per ogni tedesco ucciso devono essere fucilati dieci uomini. Sono dispiacente di comunicarvi quest'ordine, ma gli ordini devono essere eseguiti. Vi prego di partecipare tutto a coloro che devono essere fucilati". Ottenuta risposta affermativa, il Comandante si allontana, ed il Pievano va a trovare i Paesani che scavavano la fossa nel Camposanto, incerto e trepidante per loro per la comune sorte.
Sono le diciassette; si sente il motore dell'automezzo col quale giungono coloro che devono essere fucilati. Viene ordinato di sospendere di scavare la fossa, e di ritirarsi in disparte. Il Pievano va incontro agli innocenti da sacrificarsi, i quali appena lo vedono, intuiscono la loro tragica sorte, già da essi sospettata appena furono rastrellati nella strada di Pietrabuona, come si può conoscere dai biglietti scritti che furono consegnati al Pievano stesso; per esempio Pescaglini Osvaldo scrive: "Cara Gina, mamma, bimbi miei, suocero, tutti; questo forse è l'ultimo mio scritto, pensate che vi ho sempre amati tutti. Tu Gina specialmente ricordati di me e ricordami ai bambini cui avevo donato tutta la mia vita e il mio affetto. Pregate per me ed io veglierò dal Cielo su di voi, proteggendovi nella vita. Perdonami, tutti i torti che involontariamente ti ho fatto, ma ricordati che ti ho amato tanto, come mai uomo ha amato. Fino all'ultimo momento i vostri nomi sono sulle mie labbra con quelli di Gesù e di Maria Santissima da cui invoco misericordia e perdono. Baci a tutti, tanti tanti tanti baci. F.to Osvaldo".
Papini Ugo scrive: "Partivo per venire a casa. Sono forte, soffro tanto, sono innocente. Sono circa le diciotto. Muoio a S. Quirico".
Tofanelli Ettore scrive: "S. Quirico, 19-8-1944. Non piangete, ma pregate, affronto la morte pensando alla Madonna. Dilva ti sposerò in eterno in Paradiso. Tuo Ettore". E così tanti altri.
Fin dalla mattina a Pietrabuona era stata bloccata la strada da soldati tedeschi, e tutti gli uomini, che andavano e venivano da Pescia venivano presi e messi nel locale scolastico in Pietrabuona a disposizione dell'autorità. Mi riferiscono che ne furono rastrellati 43 e 4 nelle vicinanze di S. Quirico; di questi ne furono presi 20 per la fucilazione, che furono portati a S. Quirico, poi in tre volte con un camion furono portati nel piano del Camposanto per l'esecuzione. Appena scendono dal camion si stringono intorno al Pievano e veduto il picchetto armato tedesco schierato davanti al Camposanto, Padre, Padre dicono, ci fucilano? Siamo innocenti. Non è possibile nascondere la tragica realtà e cioè la loro sentenza di morte; uno domanda se vi è un Ufficiale al quale poter far nota la loro innocenza, ma gli risponde che non vi è niente da fare, perchè la sentenza deve essere eseguita immediatamente.
Perduta ogni speranza di liberazione, si stringono sempre più intorno al Sacerdote, l'abbracciano, lo baciano dicendo: questo per la mia bambina, per la mia mamma, per la mia sposa e consegnando a lui i portafogli con i documenti personali, anelli, denaro e tutto quanto avevano; angosciati lo pregano di farli recapitare alle loro rispettive famiglie, come ultimo pensiero e ricordo.
Compiuta quest'opera pietosa il Sacerdote di Cristo li esorta alla rassegnazione, al pentimento, di aver fiducia in Dio e domanda loro se si vogliono confessare e ricevere la Santa Assoluzione.
Tutti, cioè diciotto rispondono affermativamente uno eccettuato che ricusa la assoluzione: un altro dei venti, mentre veniva portato sul luogo dell'esecuzione, fuggì dal camion, mentre passava di Sottocastello, ma venne inseguito e ucciso. Dopo aver ripetute, alcuni in ginocchio, le parole suggerite dal Sacerdote: "Gesù mio Misericordia, domando perdono dei miei peccati" con gli occhi rivolti al Cielo, mentre il Sacerdote impartisce loro la Santa Assoluzione Sacramentale, si fanno il segno della Croce. Edificante il contegno di Pezzini Enzo ex Seminarista, dei Tofanelli e di un altro che non ricordo il nome, forse il Pescaglini Osvaldo.
Tutta questa tragica e commovente scena si svolse in dieci quindici minuti, e poi accompagnati dal Sacerdote e scortati dai soldati tedeschi vengono condotti sul luogo dell'esecuzione a destra della spianata del Camposanto. Messi in linea si avanza il picchetto di esecuzione, che ricevuto l'ordine secco del Comandante, fa fuoco.
Il sinistro eco della scarica ancora si ripercuote nella valle, ma i disgraziati piegati su stessi, giacciono già inerti a terra.
Il sottufficiale, esamina i corpi dei fucilati, e se qualcuno non è ancora esanime, viene finito con un colpo di moschetto da un soldato o con la rivoltella del sottufficiale. Per la verità pochi colpi vennero sparati, solo uno emise un lamento assai prolungato.
Appena finita l'esecuzione il picchetto dei soldati si ritira e viene dato l'ordine agli uomini di S. Quirico, che durante l'esecuzione erano stati trattenuti nel Camposanto, di trasportare le salme dei disgraziati nella fossa preparata.
Questa straziante scena si ripete per ben 3 volte fra le 17.30 e le 19, poiché come si è detto, la fucilazione fu fatta in 3 volte; 4 la prima, 8 la seconda e 7 la terza, il ventesimo condannato era stato ucciso mentre fuggiva dal camion.
Durante la seconda esecuzione, mentre gli otto uomini erano allineati, uno gridò: "Viva l'Italia, Viva la Germania, Viva Hitler!" ma la raffica delle pallottole gli tolse la parola. La prima e la seconda esecuzione fu ordinata dal Comandante, che poi sale in macchina e si allontana.
Coincidenza impressionante. Nelle prime due esecuzioni furono fucilati 12 uomini. Ne mancano 8. Ci contiamo noi di S. Quirico. Nel Camposanto ne risultano 8 compreso il Pievano, Sac. Vincenzo Del Chiaro, 2. Dinelli Giuseppe fu Luigi; 3. Marchini Arturo fu Giuseppe; 4. Marchini Saul fu Giuseppe; 5. Mazzei Rinaldo fu Biagio; 6. Biagi Adolfo fu Michele; 7. Giancoli Michele fu Pietro; 8. Cipriani Tommaso fu Giuseppe. L'Angeli Aurelio fu Bernardo era fuggito durante il lavoro di scavamento della fossa, ma nel nostro era sostituito dal Pievano. Si attendeva il nostro ultimo momento raccomandando la nostra anima a dio.
L'incubo penoso si toglie, poiché giunge il camion, portando gli ultimi, condannati, per la terza e finalmente ultima esecuzione, che viene ordinata dal sottufficiale, il quale poi si avvicina al Pievano e per mezzo dell'interprete gli comunica che l'esecuzione era stata eseguita. Diciannove, dice, sono stati fucilati nel piano a destra poco avanti nel Camposanto, il ventesimo è stato ucciso mentre fuggiva ed ordina di andarlo a prendere per deporlo nella fossa comune e di ricoprirli con un lenzuolo prima di gettarvi sopra la terra.
Il Pievano corre in Canonica; attraversa la Chiesa assicurando quelli che vi erano ed i familiari, che già stavano in apprensione per la sorte degli assenti, che tutto era terminato, e presi due lenzuoli della Misericordia, li porta al Camposanto e li fa stendere sopra le salme. Il Pievano chiede al sottufficiale i nomi dei fucilati, questi aderisce alla richiesta, anzi lo prega di comunicarli quanto prima possibile alle famiglie. I nomi gli vengono dettati dall'interprete, non potendogli consegnare la lista, poiché conteneva anche i nomi degli altri rastrellati a Pietrabuona.
Completato l'elenco dei nomi, che per fortuna non ne conteneva alcuno di S. Quirico, essendo tutti gli uomini giovani fuggiti alla campagna, dal giorno diciassette, dice al Pievano che la rappresaglia era terminata. Il sottufficiale sale in moto, ed insieme al picchetto esecutore, che nel frattempo era salito sul camion, si allontana prendendo la via di Pescia.
Il Pievano corre nel Camposanto per avvisare i paesani, che ancora lavorano nella pietosa opera di seppellimento, che tutto era finito, e che i tedeschi erano partiti alla volta di Pescia. Un respiro di liberazione esce dal loro petto ed affranti dalle impressioni subito ritornano alle loro case: Non avendo avuta la forza di andare a prendere l'altro morto la sera stessa, vi andarono la mattina seguente e portatolo nella fossa comune, completarono la loro opera di seppellimento degli innocenti fucilati, dei quali do le generalità, come le ho potute rilevare dai loro documenti personali:
IL PIEVANO
F.° SAC. VINCENZO DEL CHIARO
CRONACA DELLO SVOLGIMENTO DELLA GUERRA IN S. QUIRICO DALL'8 SETTEMBRE AL 28 SETTEMBRE 1944
L'8 Settembre verso le 14, arrivo dei primi proiettili dei cannoni americani.
Il 9 Settembre, provenienti da Aramo, passano, la mattina prestissimo, soldati tedeschi, in ritirata verso nord.
10 Settembre, arrivo di una pattuglia di esplorazione, composta di tre soldati americani, che pernottano in casa al N. 127.
11 Settembre, arrivo di una ventina di soldati americani, che proseguono fino al braccio di Castelvecchio, dove avviene un piccolo scontro con colpi di mitragliatrice tra gli stessi ed i soldati tedeschi. Gli americani retrocedono fino a Pietrabuona, lasciando sul terreno un loro sergente ucciso, e due tedeschi uccisi.
12 Settembre, comincia il cannoneggiamento tedesco, colpita la Compagnia di S. Sebastiano.
13 Settembre, ritorno di una piccola pattuglia esploratrice di soldati tedeschi, che cercano di sapere chi ha accompagnato gli americani.
14 Settembre, continua il cannoneggiamento americano. Ore sette. Colpita la Chiesa, la Canonica e la Misericordia. Il Pievano e suo nepote Giulio salvi per vero miracolo.
15 Settembre, colpita la scala esterna del campanile da un proiettile da 145 mm. e ferito al Moggio Carli Vinicio di Giulio.
16 Settembre, colpita la casa di Benigni Giuseppe, e molti colpi di cannone giungono nelle vicinanze del paese.
17 Settembre, giornata di continuo cannoneggiamento. Ore tredici ingresso dalla parte della Chiesa della Madonna del Soccorso dei soldati americani, che prendono possesso del paese. Viene impiantata dal Comando nell'orto della Canonica la radio trasmittente e ricevente, per regolare il tiro dei cannoni postati a Pescia.
18 e 19 Settembre, cannoneggiamento da ambo le parti e attività di pattuglie in ricognizione.
20 Settembre, cannoneggiamento ma più debole da parte tedesca, e arrivo della prima tank per riparare la strada e della prima camionetta in Piazza di S. Quirico.
21, 22 e 23 Settembre, continua il cannoneggiamento; sono colpite diverse case; il 23 arrivo di altre automobili alla porta di Canonica; partenza del Comando e arrivo di rinforzi.
24 Settembre, giornata infernale di cannoneggiamento tedesco. Colpita di nuovo la Chiesa e sfondata la volta, il muro dell'orto, la Misericordia per la seconda volta e molte altre case.
25 Settembre, cannoneggiamento. Pochi colpi da parte tedesca. Arrivo di soldati americani dalla parte di Sorana.
26 Settembre, lieve cannoneggiamento. Nessuno arrivo di colpi tedeschi; è ferito da una mina un soldato americano. Arrivo di molti soldati americani.
27 Settembre, arrivo di moltissimi automezzi, che ripartono il 28 Settembre. Così cessa ogni attività bellica in paese.
Durante le suddette tragiche giornate, il Pievano, non ha mai abbandonato la sua Chiesa; solo trentasei ore dopo questi storici fatti, si recò a piedi a Lucca per portare all'Arcivescovo la presente relazione.
IL PIEVANO
F.° SAC. VINCENZO DEL CHIARO
S. Quirico di Valleriana ha onorato le venti innocenti vittime della ferocia nazista, fucilate, esattamente, un anno prima. E per ricordare il loro sacrificio, che suona esecrazione e condanna per i nefasti esecutori, è stato scoperto, nel luogo stesso ove caddero - vicino al Cimitero - un Cippo di pietra serena, sormontata da una colonna troncata a metà. Sulla base è scolpita la Croce di Cristo. Un Comitato ha curato, con la erezione del ricordo, l'organizzazione delle manifestazioni, che hanno fatto affluire a S. Quirico una folla notevole, giunta anche dalle altre zone della Valleriana. Le famiglie delle povere vittime giunsero in paese sabato sera, proveniendo da Torre del Lago, da Pisa e da Livorno ed i paesani furon prodighi di affettuose premure e cordiale ospitalità. Domenica mattina, tutti si riunivano in Chiesa, la quale, subito, apparve gremitissima. Al posto d'onore le famiglie dei Caduti. Ed a questa folla devota e compatta parlò, con cuore di padre e di amico, il Pievano Del Chiaro. L'anno decorso - disse - in quest'ora eravamo in Chiesa pochi vecchi, un bimbo di due giorni e gli ammalati. Il paese era in rovina. Oggi vedo la Chiesa rigurgitante di popolo. Allora il terrore e la barbarie ci aveva dispersi: oggi l'amore e la pietà ci raduna dinanzi a quest'altare per ringraziare Iddio dello scampato pericolo e suffragare le anime degli innocenti fucilati.
Dopo la messa del giorno, cantata dal coro paesano, venne impartita la assoluzione al tumulo che, imponente, si ergeva al centro della Chiesa, fra la intensa commozione di tutti.
Ancora una maggiore folla nel pomeriggio. Cantato il Vespro, si mosse dalla Chiesa il lunghissimo corteo, al quale presero parte non solo tutti i paesani di S. Quirico, ma ancora quelli della vallata. Il corteo era aperto dalla Banda di Vellano. Dopo le autorità vi era la Banda di Sorana e chiudeva l'altra di Castelvecchio e S. Quirico. Il corteo si ammassò al monumento che venne scoperto fra la riverenza di tutti. Il Pievano lo benedisse e quindi egli, che fu la sola persona che assistette alla tragica esecuzione, così, con semplici e commoventi espressioni, rievocò quell'indimenticabile momento:
Fratelli,
è la seconda volta che la mia mano sacerdotale si innalza per benedire in questo luogo e in questo giorno ed a quest'ora. L'anno scorso per benedire ed assolvere quelli che dovevano esser fucilati; oggi per benedire il monumento che ricorderà ai posteri il tragico fatto. Io rivedo da una parte quelle povere facce emaciate dall'angoscia terribile e dall'altra uomini, assetati di sangue e di morte, che ricordano le bolge infernali; mentre oggi vedo al primo posto quelle lacrimanti dei desolati congiunti delle vittime ed accanto le vostre meste e pietose. Allora era odio e vendetta che seminavano sangue e morte, oggi è la pietà cristiana che implora da Dio la pace per i caduti e per il mondo. Poiché è l'amore che genera la vita; è l'odio che la uccide. E' la carità che riedifica ed è la vendetta che distrugge. A voi, famiglie dei morti, ripeto le ultime parole dei vostri cari: vi ridò il bacio loro che essi impressero sulla mia fronte: questo per la mia mamma, questo per la mia bambina, questo per la mia sposa - dissero. A voi tutti, qui presenti, porto il monito dei caduti. Cessi l'odio nel mondo, rifioriscano l'unione e l'amore; spariscano le vendette se non vogliamo che la terra di questa bella ed amata Italia non si infittisca di monumenti che ricordino distruzione e morte.
Parlavano, poi, il rappresentante del C. L. N. di Pescia, l'Assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Pescia, in rappresentanza del Sindaco e del Partito Socialista, il rappresentante della Democrazia Cristiana e del Partito Comunista di Pistoia. Quest'ultimo con espressioni fuor di luogo, incitanti all'odio di classe ecc. e non certo condivise dai presenti. L'inno al Piave chiuse la cerimonia. Poi tutti si recarono nel vicino Cimitero a pregare sulle tombe delle povere vittime.